Libro 2: 07) Corso infernale

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Dopo tanto tempo passato a cazzeggiare, era finalmente giunto l'ora di tornare in aula. Tutti dicevano che liceo ed università erano due identità completamente diverse tra di loro. Non è propriamente vero. Il senso d'impotenza che ti avvolge non appena metti piede in una classe, con un centinaio di persone che non conosci, è lo stesso di quello che provi quando entri per la prima volta nella tua nuova classe del liceo. Un senso d'impotenza che ti dice:

« Non sei nessuno e dovrai cavartela da solo per poter emergere. »

Forse è una frase un po' troppo individualista da dire o pensare, ma è la verità. Un fuorisede, come me, era come un estraneo in un mondo a lui sconosciuto e partiva completamente da zero. Niente amici che venivano dalla tua stessa città, niente professori che conoscono i tuoi parenti, niente famiglia che ti sostiene durante tutto il periodo universitario. Purtroppo non era per niente facile essere uno studente pugliese a Roma.

« Benvenuti a quello che sarà il vostro corso di laurea per i prossimi tre o più anni, sempre se non ci abbandonate prima. »

Ci sedemmo e rimanemmo in silenzio per poter ascoltare il direttore del nostro corso di laurea. Era un uomo abbastanza avanti con l'età, calvo e con degli occhiali troppo spessi per essere veri. Portava un vestito elegante e, per la prima volta, vidi la differenza che c'era tra il mondo liceale e quello universitario: l'eleganza e la professionalità. I professori, all'università, ci tengono a sembrava sempre superiori agli altri e, quindi, devono distinguersi mettendosi in un piano completamente più alto rispetto agli altri. È una cosa buffa, ma ci tenevano troppo alla loro immagine.

« Vi avverto fin da subito che non ci sarà molto da divertirsi tra queste mura. Sputerete sangue, sudore ed anima ogni giorno e vi dovrete guadagnare ogni voto ed ora di tirocinio. Voi non avete iniziato un corso di laurea, avete iniziato a lavorare per poter ottenere un pezzo di carta che, in futuro, potrebbe anche farvi guadagnare. »

Diciamo che, come prima presentazione, non era proprio il massimo. Non avevo ancora capito se puntava a demoralizzare gli studenti o se lo facesse per spronarci e per renderci più consapevoli di ciò che ci attende.

« Ogni anno.. Perdiamo circa un terzo degli studenti, perché questi si rendono conto, ad un certo punto dell'anno, che non fa per loro il lavoro da infermiere. Di solito accade dopo la prima sessione d'esame.. Di solito appena inizia il tirocinio.. Questo non possiamo definirlo. Ma una cosa è certa.. Oggi siete novanta, l'anno prossimo sarete in settanta. Al terzo anno diventerete cinquanta e, alla fine, solo trenta di voi riusciranno a laurearsi in tempo. La restante parte riuscirà a prendere la pergamena con qualche anno fuoricorso. Sono anni che si ripete questo "fenomeno" e ci sembra più corretto avvertirvi ora che avete iniziato il corso. Così, chi non è convinto di rimanere, può sempre ritirarsi ora. »

Ora l'avevo capito. Stava cercando di spaventarci e di far sembrare quel corso di laurea più duro e più spietato di quanto non apparisse. Affermare che solo un terzo della classe può laurearsi in tempo, faceva accapponare la pelle. Manco uccidessero gli studenti in questo corso.

« Non li uccidono.. Li bocciano agli esami, che forse è peggio. »

Anche gli altri studenti avevano il mio stesso pensiero e sentivano divertiti ciò che il direttore diceva. Oltre altri frasi di "incoraggiamento" come:

« Questo corso è un'ammazza coppie. Di solito chi è fidanzato si lascia in pochi mesi e finisce il percorso con una laurea, ma single. »

« Questo meglio ometterlo ad Andrea.. »

Disse il piccolo Wolf spaventato da quello che poteva succedere a causa del corso di infermieristica. Ma, tralasciando i traumi ricevuti durante il discorso, il direttore ci informò anche che lui era uno dei professori principali delle materie di infermieristica. Quindi l'avremmo dovuto vedere in continuazione e l'avremmo dovuto affrontare anche un paio di esami con lui.

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