Libro 3: 26) Tocco materno

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«Sei nervoso?»

Mi chiese Mary legandomi una sottospecie di cappio al collo. Aveva impiegato quasi mezz'ora a convincermi a mettermi quella imbarazzante cravatta dal color rosso sangue. Purtroppo per me, in vista del concerto, l'organista ci aveva obbligato a vestirci con una camicia nera ed una cravatta dai colori accesi. Tra i maschi, il sondaggio dei colori era stato vinto dal colore rosso, mentre le donne, le più fortunate, se l'erano cavata con un foulard blu ed una camicia bianca. Mi trovavo tremendamente scomodo con quelle vesti e non vedevo l'ora di tornare all'interno del mio caldo ed accogliente pigiama.

«Da cosa lo noti? Dalle ascelle pezzate o dal mio tentativo di fuga?»

Ecco... In un momento di panico, durante le prove pre-concerto, me ne ero uscito con la frase tipica dei padri di famiglia sciagurati. Una mossa collaudata da generazioni e generazioni di genitori ignobili che avevano alcuna intenzione di passare la loro vita insieme alla famiglia. Tra questi, ci piace ricordare il padre di Nelson dei Simpson...

«Vado a comprare le sigarette...»

Fui fermato due secondi dopo dalla bella Mary... A quanto pare il fatto di non essere un fumatore mi aveva rovinato il piano di fuga perfetto. Dannati dettagli...

«Tu ora ti metti qui, insieme a noi e canti felice e sorridente.»

Mi disse prendendomi per l'orecchio. Ero abbastanza agitato per dovermi esibire di fronte a della gente, sebbene fossero solo dei canti corali. Quindi la mia voce avrebbe avuto l'occasione di confondersi con le altre più potenti, così da nascondere le mie stonature. Altrimenti, se non riuscivo ad azzeccare nemmeno una nota a causa dell'ansia, avrei potuto usare il metodo dei cantanti delle boyband o di alcuni rapper famosi più per i tatuaggi e per le pubblicità commerciali che per la loro voce: il playback. Se il panico avesse iniziato ad attanagliarmi la gola, avrei iniziato a muovere la bocca senza produrre alcun suono, così da evitare di produrre rumori molesti. Nessuno l'avrebbe notato, tranne mia madre che sarebbe stata seduta all'interno del pubblico. In prima fila tra l'altro... Con il suo udito ad ultrasuoni, faceva concorrenza ai pipistrelli. Chissà come mai riusciva sempre a sentire litigare me e mio fratello da quartieri di distanza. Forse, dopo il parto, le madri ottengono questo upgrade naturalmente. O forse la mia ha sviluppato dei poteri da mutante di X-men dopo nove mesi di gravidanza in cui le ho causato una trombosi che l'ha costrinse a rimanere immobile a letto per due mesi... Diciamo che la mia famiglia non vedeva l'ora che io nascessi. Non tanto per far alleviare i dolori che causavo a mia madre, ma perché, in quel periodo, Satana era intrattabile e tutti dovevano essere al suo comando. Lei, infatti, viveva dai miei nonni in quel periodo dopo il matrimonio, dato che mio padre era in missione per conto della marina a Messina, e si presero cura di lei durante la maggior parte dl tempo durante la gravidanza, che già se la sono dovuti accollare per i primi 22 anni della sua vita. Oltre ai miei nonni c'erano anche: mio zio, che al primo segno di crisi si è arruolato anche lui in marina per fuggire dall'inferno sceso in terra; e le mie due zie, una che usava mille scuse per uscire di casa con il suo ragazzo e l'altra a cui ho causato la bocciatura al liceo. Stando a badare a mia madre in quei due mesi di trombosi, non aveva molte occasioni per studiare. Cavolo... Quanti casini ho causato senza manco esser nato?

«Leo, ascoltami!»

Mi urlò all'orecchio Mary per farmi risvegliare dal trip di pensieri che avevo nel cervello. Non solo ero un po' agitato, ma non riuscivo nemmeno a prestare la giusta attenzione all'evento. Mary aveva appena finito di farmi il nodo alla cravatta e mancavano pochi minuti prima della presentazione al pubblico della chiesa. Nonostante fosse un semplice concerto corale, erano venute un sacco di persone a vederci. La maggior parte della gente erano conoscenti ed amici dei coristi, ma era piacevole vedere schiere di ultra ottantenni che attendevano i nostri canti. Mi faceva un po' ribrezzo il pensiero di avere delle groupie del genere, ma era pur sempre una tipologia di pubblico che apprezzava quello che facevamo e non bisognava denigrarlo.

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