Libro 1: 06) Disinibizione anatomica

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Mi risvegliai alle venti di sera, con una strana coperta marrone addosso. Qualcuno me l'aveva messa per non farmi prendere freddo e, in più, aveva lasciato un foglio sul grande tavolo dalla tovaglia verde.

"Questi sono i turni per le pulizie. Rispettali e non distruggere casa. Ps. La prossima volta che voglio giocare nel salotto e ti becco a dormire sul divano, ti salto addosso senza alcun preavviso e giochi con me. Andrea."

Lessi ad alta voce levandomi un pizzico di saliva dalla bocca, purtroppo quando dormo succede che sbavo un po'. Sul foglio erano allegati i turni da rispettare per le pulizie e il disegno di un omino che fa la linguaccia.

«Molto spiritoso...»

In realtà avevo sperato che quel gesto l'avesse fatto una delle due ragazze della casa. Sarebbe stato carino e, forse, sarebbe potuto sfociare in qualcosa di più. Una chiacchierata, una passeggiata, una bevuta, un ballo, un gioco di ruolo... E non parlo in senso videoludico. Anche a quell'ora, la casa era in un silenzio tombale. Tutte le camere erano chiuse, eccezion fatta per quella di Linda. Mary non era tornata dai suoi impegni universitari, mentre Andrea era ancora rinchiuso dentro la sua stanza a giocare. L'avevo notato perché si intravedevano delle luci a intermittenza da sotto la porta. Forse era da uno sparatutto.

La mia unica intenzione, in quel momento, era buttarmi sul letto e vedermi qualche video su YouTube. Seguo parecchi youtubers, se devo esser sincero. E spendo parecchio tempo dietro i loro video. Li trovo sempre più interessanti dell'80% dei programmi che trasmettono sulle reti nazionali. Ma, prima di poter arrivare in camera, vidi qualcosa che mi lasciò senza fiato.

«Ciao Leo! Passato una bella giornata?»

Linda era distesa sul suo letto a leggere una rivista, con addosso solo il reggiseno, il pantalone del pigiama e le cuffie del suo IPhone alle orecchie. Stavo soffocando per quella visione angelica e non riuscivo a spiccicare una parola.

«Stai bene?», mi chiese quando notò che non riuscivo a riportare la mandibola dal pavimento al viso. Non era la prima volta che vedevo una ragazza mezza nuda dal vivo. Anni di mare, di piscina e di internet avevano tolto ogni dubbio su cosa le ragazze nascondessero sotto i loro vestiti. Poi al liceo superai un altro traguardo perdendo la mia verginità. Ma, vedere la mia nuova coinquilina in intimo e senza provare alcuna vergogna nel mostrare il proprio corpo, aveva fatto scaturire in me un imbarazzo quasi letale.

«Tutto bene...», furono le uniche due parole che riuscii a dire. Lei, d'altro canto, mi ignorò dopo qualche secondo, tornando a leggere la sua rivista di gossip e ad ascoltare la musica con le cuffie.

«Ma... Non ti dà fastidio?», domandai, senza avere la forza di alzare il mento e di spostare lo sguardo verso un'altra parte anatomica di Linda.

«Di cosa?», rispose lei con un grande sorriso, ma non capendo ciò che creava il reale imbarazzo in me.

"Non dirglielo! Sennò col cavolo che le rivedi le gemelle!", mi suggerì il piccolo Wolf. Ma, anche a costo di dover rovinare le future "visioni" angeliche, dovevo essere sincero. Non ero un tipo a cui piaceva raccontare balle.

«Non ti crea alcun disturbo che io possa vederti in intimo?»

A quella frase Linda trattenne una risata e posò la rivista sul letto, alzandosi e avvicinandosi a me. Il movimento ipnotico dei suoi "polmoni" non mi permetteva di guardarla direttamente negli occhi. Però lei sembrava più divertita che altro. Non provava per nulla imbarazzo o timidezza, cosa che, invece, lei faceva provare a me.

«Sto spesso così. A te dà fastidio?»

"A me no!", urlò il piccolo Wolf. Cercai di soffocare i pensieri maligni che si annidavano nel cervello e di mettere insieme una frase di senso compiuto.

«Direi di no...»

Lo so... Potevo formulare qualcosa di meglio. Cercavo a malapena di trattenere la bestia nell'attaccare un agnello indifeso e di mantenere una certa serietà.

«Pensavo che potesse dare fastidio che estranei come me possano vederti così conciata...»

Con tutta la forza che avevo in corpo, alzai lo sguardo verso il suo viso. Ciò mi fece sudare e temevo che mi sarei rotto il collo per la "forza di gravità" che portava la mia testa verso il basso.

«Tu non sei un estraneo oramai. Sei il mio nuovo coinquilino. E non ti preoccupare per gli altri... Non sai quanti estranei mi guardano così ogni giorno.»

Quell'ultima frase mi illuminò. Fu come se una lampadina si fosse accesa all'improvviso nella mia mente. Ma, allo stesso tempo, fu una frase pesantissima. Come un macigno caduto sulla mia testa e che mi lasciò inerme sul pavimento.

«Ok. Se non ti crea problemi... A dopo...», dissi evitando ogni altro genere di contatto visivo con Linda e mi rintanai nella mia stanza, strisciando per terra a causa della "botta" ricevuta. Gettai il mio volto sul cuscino per la disperazione e cominciai a piangere lacrime amare. Linda non lavorava solo in una discoteca. O meglio... Non lavorava per una discoteca. Lei guadagnava grazie a essa, ma nel modo peggiore che si potesse mai pensare. E quei ragazzi che portava a casa, i "fantasmi", non erano conquiste fatte la sera prima durante la serata in discoteca. Erano clienti.

«Perfetto... La mia nuova coinquilina è una squillo.»

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