10 | Tu morirai

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CAPITOLO 10
Tu morirai

Rimango a fissarlo per buoni lunghi istanti, lui fa lo stesso completamente contrario ad andarsene a fanculo dove adesso vorrei tanto, quindi alla fine trattenendo il mio istinto omicida, mi avvicino e apro la porta.

«Che vuoi?» gli chiedo.

Nicholas tira un profondo respiro e fa per avvicinarsi e io indietreggio come di conseguenza.
«Ti ho fatto una domanda, per cui rispondi e poi prendi il tuo culo da futuro soldato in Iraq e vola via da qua» dico senza battere ciglio col nervosismo a fior di pelle. «Oppure continua la tua maratona di jogging così magari ti viene in arresto cardiaco e crepi. Uh? Almeno muori a qualche chilometro di distanza e non dall'altra parte del mondo» sollevo gli angoli della bocca rivolgendogli il sorriso più falso che mi riesce.

«Torna a casa» mi dice lui, invece.
Scoppio inevitabilmente a ridere.
Sì, sono matta.
«Vuoi dire il tuo appartamento? Quella non è casa mia, ma tua

«Torna a casa con me» insiste con quella voce tranquilla del cavolo che ora mi fa solo salire il sangue nel cervello. «Per favore.»

Vorrei spegnere la mia rabbia, ascoltarlo ma non posso permetterlo.

«No. Torna tu a casa tua, io starò da Ethan, passerò qui il Natale e me lo godrò» spalanco le braccia indicando il soggiorno. «Tu invece perché non inizi a fare i bagagli, ci ficchi dentro l'M4, le granate a frammentazione e le tue medaglie al valore? Fai buon viaggio, Nick» gli auguro con un cenno di testa e faccio per chiudergli la porta in faccia ma mi blocca con una mano.

Lo guardo in automatico in cagnesco.
«Vattene» ordino cercando di chiudere la porta ma inutilmente, e diventa ancora più inutile quando entra dentro, la porta si chiude alle sue spalle. Scuoto la testa esasperata.

«Torna a casa così possiamo parlare.»
«No» mi porto le braccia conserte e indietreggio. Voglio stare lontana da lui, il più possibile. «Facciamo invece che mi parli qui, mi dici tutte le tue motivazioni per cui vuoi andare in Medio Oriente a suicidarti e poi te ne vai» replico con un sorrisetto ovvio.

Nicholas sembra colpito e affondato dalle mie parole tant'è che sposta per un attimo gli occhi altrove.
«È il mio lavoro.»

Annuisco.

«Fantastico. Allora buon lavoro» lo saluto e gli mostro la porta. «Ora puoi andare. Torna alla tua vita, io tornerò alla mia e ogni cosa finisce qui e ora» dico cercando di non farmi tradire dalla mia stessa voce, ma questa si incrina ugualmente e gli occhi mi bruciano a tal punto che mi passo frettolosamente le mani lungo il viso, lo asciugo, tiro su col naso e mi porto le braccia conserte attendendo che lui se ne vada, ma non accade.

Resta in piedi, immobile a scrutarmi con le sue iridi azzurre e il petto mi fa male tanto che serro la mascella reggendo il suo sguardo nell'attesa che faccia quello che gli ho detto. Non voglio più rincorrere nessuno.

Io ho smesso.
L'ho fatto. E non tornerò al mio solito circolo vizioso, nemmeno per lui, nemmeno se sono consapevole che sia giusto per me e nonostante tutto quello che immaginavo di noi due, qualcosa di diverso, stabile, qualcosa che finalmente credevo non sarebbe finito come tutte le altre storie.

«Sei tu la mia vita adesso.»

Cinque parole. Solo cinque parole che mi fanno tremare le gambe con forza e il cuore mi sussulta nel petto.
Lo guardo silenziosamente, lui fa lo stesso e io non respiro. Gli occhi si riempiono di altre lacrime tanto che devo spostarli da un'altra parte perché non voglio che mi veda in questo stato a dir poco pietoso. Sono veramente ridicola, lo so.

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