24 | Puoi amarli entrambi

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CAPITOLO 24
Puoi amarli entrambi


«Che hai fatto alla faccia?»
Il turno serale deve ancora cominciare, io sono appoggiata a uno dei tavoli con in mano il cellulare intenta a cazzeggiare. Distolgo l'attenzione dallo schermo e la poggio su Ethan che sta pulendo il bancone del bar con una pezza.
«Uh?» mugugno distrattamente. Lui indica il suo sopracciglio.
«Qui. Che hai fatto?»

Ah, già. La festa in quel posto desolato.

«Sono caduta» rispondo semplicemente ed è vero, quindi non sto mentendo, ma non mi va nemmeno di dire al mio miglior amico dov'ero ieri sera quando lui invece lavorava qui al Pink Ocean. Sarebbe una storia troppo lunga e sinceramente voglio solo eliminarla dalla mia testa quanto più in fretta possibile perché quel posto era parecchio strano, proprio come Jay. E a tutto si somma quel tipo inquietante che ho beccato a fissarmi appoggiato al palo della luce.
Sono rimasta sveglia per un bel po', ho bevuto altri due sorsi di Vodka e poi la stanchezza ha avuto la meglio su di me. Sono crollata a letto, un po' ubriaca adesso a pensarci. La Ronnie di un anno e mezzo fa avrebbe retto quei pochi grammi di Vodka senza alcun problema.

«E ti sei fratturata la mano?» aggiunge e io vorrei che tacesse, ma conosco abbastanza Ethan da sapere che non si farà mai gli affari suoi.

«È stata una brutta caduta.»
La alzo come di conseguenza mostrando la fasciatura che onestamente non ricordo di essermi fatta. Ho un piccolo vuoto di memoria.

Lui annuisce anche se non tanto convinto della cosa. «Dovresti fartela vedere da un medico.»

Sì, certo, come no. Sprecare la mi cara assicurazione sanitaria per quattro nocche sbucciate perché sono una testa di cazzo con la smania di fare a pugni in una festa di corse clandestine.

Per un istante mi è quasi sembrato di rivedere Nicholas nelle azioni di Jay, la sua spavalderia, il suo modo di atteggiarsi con tanta sicurezza, ma Jay a differenza di Nicholas è solo inquietante e fastidioso come una zecca che non riesci a trovare per eliminare la puzza in casa. Dall'altro canto, il mio ragazzo, è decisamente diverso. Certo, troppo sincero su diverse cose, soprattutto per ciò che concerne la sfera sessuale, ma era gentile ed buono... è. È gentile gentile e buono.

Perché ho usato il passato?

Non ho tempo per rispondere alla mia stessa domanda perché il campanello alla porta mi distrae.
«Oh, per tutti gli dèi dell'olimpo...» mormora con stupore Ethan. La pezza gli scivola per terra dietro al bancone del bar e i suoi occhi si sgranano tanto quanto si spalanca la bocca.
Con una smorfia confusa mi giro.

In camicia bianca, i pantaloni del suo completo da chissà quante migliaia di dollari, Kieran O'Brien è sull'uscio della porta d'ingresso. I suoi occhi chiari si posano su di me, mi guarda a lunga, sembra ispirare profondamente e riprende il passo finché non mi si ferma davanti.

Senza dire niente, infila la mano in tasca, tira fuori un mazzo di chiavi, afferra la mia mano libera e me lo poggia sul palmo.
«Una settimana» dice con un tono incazzato, pieno fino all'orlo di repulsione. Poi prende la carta di credito, me la spiaccica sul tavolo dietro e tira su un sorrisetto a labbra chiuse. «E i cazzo di fiori te li compri da sola, psicopatica.»

E questo è quanto perché gira i suoi mocassini super lussuosi di merda e se ne va lasciandomi immobile a fissarlo attraverso la vetrata che dà sulla strada. La Impala è parcheggiata davanti al marciapiede, Kieran invece si infila in un'altra auto che sfreccia via. Alla guida probabilmente un suo amico troglodita come lo è lui.

Ritorno con gli occhi su Ethan che trovo a fissarmi con aria smarrita.
Alzo le chiavi scuotendole. «Ti va un giro insieme fino a Los Angeles in una Chevrolet Impala del '67?» chiedo sorridente.

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