25 | Tre mesi

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CAPITOLO 25
Tre mesi


La lezione finisce. È orario di pranzo, ho fame e sono incazzata. No, non c'entra Logan o qualunque altra cosa che lo riguardi, nemmeno la sua perfetta e dolce Sirenetta, no, io ho le mestruazioni e i miei ormoni sono talmente sballati che sono in grado di spaccare qualcosa se qualcuno osa rivolgermi anche solo una sillaba.

A passo felpato e con l'emicrania raggiungo il parcheggio dell'università, vado alla mia moto e salgo in sella pronta per andare a mangiare tanti churros alla Nutella in quel posto molto carino a qualche chilometro non tanto lontano da qui.

«Che ne dici se ti offro il pranzo?»

Rimango col casco fra le mani, a mezz'aria.
Alzo il viso stranita e punto lo sguardo a destra, sulla terza fila di macchine parcheggiate. A una decina di metri, appoggiato a una berlina nera, vernice opaca e due strisce rosse che attraversano di mezzo il cofano c'è l'ultima persona che avrei mai immaginato di vedere qui e soprattutto di nuovo. Inutile dire che resto a fissarlo imbambolata per diversi istanti finché non si stacca e mi si avvicina a passo lento, sicuro, felino.

Capelli biondi, occhi azzurri tendenti al verde e interamente vestito nel suo completino nero come la scorsa volta. Jay.
Alza gli angoli della bocca mentre sul suo viso si crea un'espressione vagamente soddisfatta, forse per il mio silenzio tombale.

La verità è che... sono tutto tranne che sull'attenti. Oggi non è per niente giornata e le uniche cose che voglio fare sono mangiare e poi poltrire sul divano finché non inizia il mio turno serale al Pink Ocean. La presenza di Jay mi ha fermato ogni singolo neurone perché lui non dovrebbe affatto essere qui. I brividi mi attraversano la carne dolorante per via delle mestruazioni ma riesco a contenere il livello di inquietudine che tutto ciò mi sta infondendo.

«Hai ripreso a studiare per crearti un posto nel mondo?» sdrammatizzo spostando gli occhi alle sue spalle, controllando al volo la situazione del parcheggio. Ci sono solo due persone, per il resto la zona è deserta. Meglio. Così potrò staccare le palle a questo maniaco senza avere troppi testimoni in giro.

Jay accena una mezza risata.
«Te lo fai offrire questo pranzo oppure stai pensando a quando scendere dalla moto e spezzarmi le gambe?» chiede ficcando le sue iridi chiare nelle mie con un che di sfida che per i miei estrogeni impazziti per un solo e breve istante trovo eccitante.
Merda, che schifo. Mi do una sberla mentale.

«Lo farai prima o dopo che quelle due persone se ne andranno via?»

Ma come...
La sua deduzione mi lascia con uno stupore in viso che deve essere più che evidente perché Jay pare divertito. Strafottente, mi affianca e si gira proprio in direzione dei due studenti, ognuno che sale nella propria auto. Si appoggia alla mia moto, a meno di due centimetri dalla mia spalla e porta le braccia conserte.

«Perché giri con un teaser in borsa?» sussurra chinando la testa verso di me.
Lo guardo di striscio reprimendo una smorfia per via dell'acqua di Colonia che si è spruzzato addosso e che mi ostruisce le vie respiratorie.

«Vuoi provarlo?» chiedo alzando un angolo della bocca.
Lui si passa la lingua sul labbro inferiore.
«È una pratica sessuale che generalmente gradisci col tuo fidanzato?» abbassa gli occhi sulla mia mano, sull'anello che porto all'anulare sinistro.
Va bene, ora gli stacco via la testa dal collo.

«Potresti allontanarti per cortesia? Non ti ho dato il permesso di stare qui» dico e attendo che si levi via dalla mia fottutissima moto.
Jay non se lo fa ripetere due volte, il che è strano, ma si stacca e questo mi basta. Non ho bisogno di altro.

«Come hai fatto a trovarmi?» gli porgo la domanda più sensata da fare.
Lui fa una faccia pensierosa.
«Ti rispondo se scendi e vieni con me a pranzo.»

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