20 | È una domanda semplice

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CAPITOLO 20
È una domanda semplice


Tra lezioni, turni serali e Ethan a lamentarsi della sua nuova cotta - un ragazzo stra carino che gli sta dando filo da torcere e credo di non averlo mai visto così preso dopo quel Ryan che gli ha spezzato il cuore -, i giorni passano o meglio dire volano e di quel episodio nella suite con piscina di Carter non ne rimane niente.
L'aggressione subita da Kieran l'ho rimossa com'è giusto che andasse. Lui non avrà alcun potere sulla mia mente o sulla mia fragilità.

Ho affrontato di peggio e Kieran O'Brien non è lontanamente paragonabile a tutto quello che ho vissuto in passato. Non lo è per niente e rimarrà solo in una remota parte del mio cervello dove terrò il ricordo a bada sepolto nelle profondità di un posto in cui non scaverò affatto.

Sono a posto con me stessa, proprio così come sto adesso. Con la sola e piccolissima differenza che Finn Dwayte mi ha salvato la vita, ha preso le mie difese e mi ha trattato come un essere umano e non come la stronza che lui non ha mai smesso di ritenermi. E ora non so esattamente come comportarmi con lui.

Oltre me, lui e Logan, nessun altro sa di quello che è successo. Ho incontrato più di una volta Finn, e puntualmente lo ignoravo e lui faceva lo stesso. L'unica stranezza era il fatto che non mi punzecchiasse più, forse vedermi in quello stato pietoso ha rimesso in moto la sua compassione, sempre che ne avesse mai avuta una, soprattutto nei miei confronti.

Ora però è fine marzo.
Ancora due settimane e mezzo e Nicholas tornerà. Non faccio altro che contare i giorni in una maniera talmente ossessiva che ogni singolo mattino che mi sveglio nel letto di Ethan corro giù in cucina, accendo la TV, faccio il caffè e metto la crocetta sul calendario appeso al frigorifero.
Sembro una bambina che conta i giorni fino allo spacchettamento dei regali natalizi. Ma Natale è passato da un bel po'.

Esco dall'aula non appena la lezione finisce, scendo la scalinata esterna del padiglione e raggiungo il bar. Mi siedo a un tavolo aspettando Kim e Nath che stranamente sono più in ritardo del solito. Corruccio la fronte e mi guardo in giro, faccio una rapida scansione sugli studenti ora nel campus e le noto sedute sull'erba.

Quindi raccolgo il mio caffè, la borsa ed esco.
«Ronnie!» mi saluta Nath non appena mi vede. Di spalle sull'erba, il berretto in testa, accanto a lei c'è Kim seduta in maniera nettamente più elegante sulla felpa della sua ragazza. Sì, chiaramente è da Kim che ricorda le sue origini da alta borghesia.

Sorrido.
«Vi stavo aspettando» indico il bar. Nath sventola una mano.
«Oh, ma dai su, oggi è una giornata soleggiata! Guarda lì che bel sole» alza una mano. Gli do un'occhiata e gli occhi mi lacrimano di conseguenza.
«Sì, beh... è l'unico sole in realtà, non ce ne sono altri» dico divertita e mi stendo accanto a lei che mi afferra e mi spiaccica di getto sull'erba prendendomi di sprovvista.

Rido quando usa la mia borsa a mo' di cuscino e poi mi tira accanto a lei tracciando una forma sul cielo col l'indice.
«Quelle nuvole là sembrano due alligatori che prendono il tè» dice con aria assorta.

Corruccio le sopracciglia cercando di vedere quello che vede lei ma invece ci sono solo delle nuvole.
«Amore, non c'è nessun alligatore. Sono chiaramente armadilli!» esclama Kim esasperata e quella a fissarla con sgomento sono io. Lei abbassa gli occhi da sole sul setto nasale e mi lancia un'occhiata.
«Sono armadilli» fa con una strana voce. Bassa e intimidatoria, e io di certo non oserò contraddirla, ci penserà la sua ragazza.

«Ronnie, dì a Kim che le lenti a contatto colorate le hanno fuso il nervo ottico. Quei due sono alligatori, gli armadilli se li sogna» replica Nathalie scuotendomi il braccio.

Come non detto.
E fu così che partì una lunga e filosofeggiante discussione su nuvole e animali strani.

«No! Te lo sto dicendo che quelle nuvole... Senti! Ma mi ascolti? Come potrebbero essere armadilli? Tu nemmeno sai come sono fatti e quel fumetto italiano che ti leggi non vale!» replica per la milionesima volta Nathalie.
«Che fumetto?» chiedo curiosa.
Nathalie mi sventola la mano davanti al viso. «Uno di un certo Zero e qualcosa, che Kim nemmeno capisce perché non sa l'italiano. Potevi trovarlo in inglese, no?»
«Non c'è inglese e capisco il fumetto perché uso Google Translate!» ribatte Kim offesa.
«Ma ti senti?!» scoppia a ridere Nathalie spingendola via con una mano che di rimando Kim schiaffeggia. Nathalie in tutta tranquillità inizia a strillare come una pazza attirando troppe attenzioni su di noi.

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