23 | Sono il diavolo

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CAPITOLO 23
Sono il diavolo

«Lo vuoi col tonno?» chiede stranito.
«Che diavolo è successo a Seattle?» domando invece io di getto terrorizzata. Mi arriva una gomitata.

«Shh!» fa Kim verso di me distrattamente e si infila un pezzo di sashimi in bocca.
Cercando di fare il minimo rumore, scendo dal letto e mi avvicino a lui che sta sul tappetto.
«Che cosa è successo a Seattle?» gli ripeto. Lui aggrotta la fronte e poi mi molla un sorrisetto.
«Hai dato alla tua matrigna della puttana manipolatrice..? E hai detto che tutti possono andare a farsi fottere, incluso "il marmocchio nel suo grembo"» ride a bassa voce e si infila un pezzo di sushi in bocca.
Ah, sì... ricordo bene quella parte.

«All'hotel. Cosa è successo di preciso?» credo di spiegarmi meglio.
Logan ci pensa su. «Ci siamo ubriacati e siamo andati a dormire...?»
Qualcosa non quadra.

«E perché eri nudo nel letto?»
«Avevo caldo e mi sono tolto i vestiti. Perché?»
Non è vero, perché i vestiti te li ho tolti io. Merda.
Che altro ho fatto quella notte in quella città di merda di Seattle? Sapevo fosse un'idea del cazzo farlo venire con me. Gli avevo detto fino all'ultimo di tirarsi indietro e rimanere a casa con la sua famiglia, ma lui ha insistito e ora mi sorge spontaneo pensare che oltre a quello che penso di avergli fatto, io sia andata oltre. Ma oltre fin dove con esattezza? È questa la domanda cruciale.

«Sicuro che te li sia tolti tu?»
«Che vuoi dire?» corruccia la fronte e torna a guardare la TV. Gli schiaffeggio il braccio per fargli tornare l'attenzione qui. Da me.
Ispiro molto profondamente. «Ti ricordi di averti spogliato dei vestiti?»
Logan ride lievemente. «No, ma di sicuro avrò usato le mani. Non ho la telecinesi» fa sventolando la mano destra.

E ora sono guai perché allora il mio non è un falso ricordo. È un ricordo e basta. E dopo? Dopo che diavolo è successo?

«No. È successo anche altro.»
Lui alza le sopracciglia. «Cosa?»
«Tu non lo ricordi?» chiedo rapidamente.
Logan mi guarda con aria perplessa.
«Abbiamo giocato a Uno! e hai perso un bel po' di volte, poi ti sei incavolata e hai lanciato le carte nel water del bagno.»

Aspetta, cosa?

«Davvero?» chiedo con una smorfia.
Lui annuisce. «Sì e poi arrivato il servizio in camera, abbiamo mangiato e ascoltato canzoni latine. Tu volevi fare una sorta di spogliarello, ma sei scivolata sul pavimento e dicevi che ti faceva male la caviglia.» D'improvviso schiocca le dita come se si fosse ricordato qualcosa e il mio cuore sussulta. Bene, ora mi dirà che abbiamo oltrepassato i confini della semplice amiciz-

«Ah, sì! Abbiamo anche fatto a gara a chi scivolasse di più sul pavimento. Era un pavimento veramente scivoloso...» aggrotta la fronte ricordandoselo. Faccio una smorfia. «Comunque hai vinto tu» sorride strizzandomi l'occhio divertito. Merda, non era quello che volevo sentire ma comunque scoprire di aver vinto mi dà una certa soddisfazione. No, aspetta. Ronnie, resta concentrata, cazzo.

«E poi?» chiedo ancora.
«E poi cosa?»
«Poi che è successo?»
Logan alza le spalle. «È successo qualcos'altro?» chiede confuso e mangia un altro nigiri.

«Credo di averti fatto un pompino» confesso di getto stupita da me stessa. Ero vergine, una completa deficiente e pensare di aver fatto una cosa del genere mi fa sentire strana.
Logan si strozza. Il riso gli va di traverso tanto che tossisce fino alle lacrime.
«E credo di averti molestato, ecco perché non avevi più i vestiti» aggiungo pensierosa.

Lui finalmente sembra riprendere fiato e tira su col naso, ma la mia ultima frase lo fa voltare con un'espressione sbigottita in viso.
«Come, scusami?»

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