32 | Scatenerai un inferno

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CAPITOLO 32
Scatenerai un inferno

Mi sveglio che è mezzogiorno.
Un'altra giornata di università saltata ma poco mi sfiora. Trascino la coperta di più sul viso per scacciare i raggi del sole che filtrano dalle tende. Mugugno qualcosa e mi giro di lato dando le spalle alla finestra. Il mio naso, attraverso la coperta, sfiora qualcosa. Corruccio la fronte e con ancora gli occhi chiusi spingo di più il viso verso qualunque cosa sia pur di fare sparire la luce che attraversa nonostante tutto le mie palpebre.

Un fruscio. Qualcosa di profumato mi pizzica le narici. Ispiro una, due volte e alla fine decido di abbassare lievemente la coperta e dare un'occhiata.
Con gli occhi stropicciati dal sonno, le ciglia incollate, faccio una smorfia osservando il... mazzo di rose rosse.

Sbatto più volte le palpebre confusa, provando a capire se è vero o se si tratta di uno dei miei tanti sogni lucidi che mi faccio nell'ultimo periodo. Mi tiro sul gomito, allungo una mano e la poggio sui petali, questi si piegano sotto la pressione del palmo.
Mhm...
Lo faccio un'altra volta.
Mhm... Sì, sono reali.

Mi passo la lingua sulle labbra secche. Ho sete. Tantissima sete. Ma resto ferma, intontita, a guardare le rose cercando di metabolizzare la loro immagine e capire come ci siano finite qui. Non ricordo di averle portate... o sì?
Ma perché? Perché l'avrei fatto?
Forse perché sono così triste che sarei capace di regalarmi da sola un mazzo di rose. Sì, è fattibile.

Mi tiro in sedere. Stiracchio il collo e mi stropiccio il viso con la mano, per poi sollevare il mazzo e dargli un'altra lunga occhiata. Non ho idea di quante ce ne siano ma probabilmente più di venti rose, questo è certo. Forse dovrei contarle...

No, no, ho il cervello ancora in fase REM che ha bisogno di altri due minuti per svegliarsi del tutto.
Col mazzo di rose che spicca sulle lenzuola bianche, mi volto verso la porta da dove si intravede una porzione della cucina.
Torno con gli occhi in basso e solo dopo mi rendo conto di un biglietto ficcato tra i petali. Lo afferro tra le dita dandogli uno sguardo.

"Mi dispiace averti spaventata l'ultima volta."

Istintivamente mi ricordo la mia chiamata al 911.
Abbasso gli occhi sulla seconda frase.

"Quello che hai fatto là dentro è stato sconsiderato. Non farlo mai più.»

Il mio stalker è tornato. Si è infilato qui dentro mentre dormivo e mi ha lasciato un mazzo di fiori con un biglietto di scuse per essersi fatto una doccia e avermi preparato una omelette.
Beh... quanto meno so che non è stato lui ad aver colpito e ucciso Nicholas a mia insaputa. No, già... Nick è in Australia mentre io qui ho un tizio che non so come riesce a entrare nell'appartamento nonostante io abbia chiuso a chiave e questo posto di chiavi ne ha solo una, Nicholas mi ha lasciato l'unica che aveva.

A quanto pare non solo mi ha fatto le scuse per essere un maniaco, ma mi ha anche commentato il mio piccolo contributo alla comunità che ho svolto in quel negozio. Un piccolo sorriso gelido si forma sulle mie labbra.

"Non farlo mai più."
Rileggo la frase un altro paio di volte.
Mi ha anche dato degli ordini, lo stronzo.

Stanca e assonnata, guardo il mazzo di fiori che ho ricevuto tutti interi questa volta e non in una strana e inquietante scatola. Il mio stalker si sta evolvendo evidentemente. Sono così spossata che nemmeno mi ci preoccupo o provo terrore. Solo rabbia. Mi ha dato degli ordini. Chi cazzo si crede di essere?

Sospiro incazzata e scivolo via dal letto col mazzo di fiori in braccio che mollo sul tavolo da pranzo. Vado verso la cucina, mi preparo un caffè al volo cercando di ricordarmi come funziona questo aggeggio che ha Nicholas in casa e quando funziona resto in attesa, appoggiata di spalle al banco.

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