34 | Seattle com'era?

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CAPITOLO 34
Seattle com'era?

Arrivo al Pink Ocean alle cinque e mezza come sempre. Ethan si presenta, mi molla un'occhiata quando mi becca guardare il lampione fulminato al quale si poggia sempre il mio Osservatore e apre bocca.

«Arriverà più tardi. È un vampiro, no? E là fuori c'è ancora luce.»
Mi giro verso di lui con una smorfia.
«Sei un idiota.»

Lui in tutta risposta si toglie la giacca, che sinceramente mi chiedo come faccia a indossare dal momento che è luglio e si crepa di caldo, e mi ci schiaffeggia.
Sbarro gli occhi, fissandolo sbigottita. Lui, come un ragazzino dodicenne cretino, scappa via.

«Ethan!» strillo andandogli incontro pronta per afferrarlo per la testa e strappargli i capelli quando il campanello sulla porta d'ingresso suona.
«Siamo ancora chius-» dico girandomi e mi blocco alla sua vista.
«Oh... ciao» lo saluto stranita nel vederlo qui dal momento che non è di turno.
Logan mi ricambia il saluto chiudendo la porta alle sue spalle.

«Maddy non c'è stasera» sento Ethan, in piedi dietro il bancone del bar.

«Ah...» esalo solo. Logan indica il camerino.
«Vado a cambiarmi» annuncia.

Annuisco solo. Quando sparisce oltre la porta mi volto verso Ethan che trovo a pulire il bancone con una pezza.
«È già tanto che tu l'abbia fatto lavorare qua, non devi metterlo nel mio stesso turno» sibilo a bassa voce poggiando le mani sul bancone.

Lui alza un sopracciglio.
«Non eravate tornati amichetti?» taglia corto con un sorrisetto che non mi piace per niente.
Sì, siamo tornati amici, ma questo non significa che tutte le cose che sono successe tra di noi io le abbia dimenticate o nascoste sotto un tappeto. A volte stare con lui mi crea disagio, soprattutto quando cala il silenzio e non mi viene in testa nessuna battuta geniale da usare per scacciare via l'imbarazzo che mi logora gli organi interni.
Fino a qualche settimana fa io a quel tizio ho fatto un lavoretto di mano nel parcheggio dell'università solo per vendetta e poi lui ha provato anche a baciarmi di nuovo nella sua auto.

Certo che abbiamo messo un punto gigantesco a tutto quello che abbiamo provato ad essere oltre che semplici amici, ma dobbiamo recuperare la confidenza di solo e semplici amici e averlo stasera intorno fino all'orario di chiusura non mi è di alcun aiuto perché mi farà sentire in trappola.

Strappo a Ethan la pezza dalla mano e lo schiaffeggio diritto in faccia. Lui spalanca gli occhi, si riprende la pezza e mi ricambia il gesto, quindi in automatico gli mollo una sberla diritto sul braccio talmente forte che caccia un urletto di dolore e inizia a comportarsi come uno a cui è stato strappato via un pezzo del corpo.

Sbatto teatralmente le ciglia.
«Ma smettila, hai trent'anni. Sei ridicolo» mormoro.
Ethan riduce gli occhi in due fessure, prende dell'acqua dal lavabo del bar e me la spruzza in faccia.
Gli scocco un'occhiata di fuoco e mi avvento su di lui, salendo sul bancone. Lui fa per tirarsi indietro urlando di lasciarlo ma lo afferro giusto in tempo per la sua camicia nera.

«Rifallo» lo sfido.
Ethan riduce gli occhi in due fessure, alza gli angolini della bocca e lo rifà.
Rimango di sasso.
«Ti uccido!» sibilo e mi appendo alle sue spalle, lui cade, io con lui e qualcosa si rovescia e si frantuma per terra. Intanto la porta del camerino di apre e, addosso al mio fratello acquisito e idiota, alziamo entrambi lo sguardo trovando Logan a guardarci confuso per poi spostare gli occhi sul bicchiere in pezzi accanto a noi insieme a un bottiglietta d'acqua mezza vuota.

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