30 | Affari

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CAPITOLO 30
Affari

La porta d'ingresso si sente aprire.

Sono in cucina, intenta a pulire l'isola quando mi fermo di getto. Alzo le pupille in fondo al soggiorno da cui non si può vedere niente. L'entrata è alla mia destra ed è oscurata da una parete.
C'è qualcuno qui, oltre a me. E quel qualcuno non può essere Ethan. Gli avevo detto che avrei passato la notte con le mie amiche e che avrei dormito da Kim.
Nicholas, per quanto mi piacerebbe e il mio cuore sobbalzerebbe alla sua vista dalla gioia, non può essere. Ormai lo so.

Quindi c'è solo un'unica persona che ho scoperto gli piace entrare qui dentro senza essere invitato. È lui.

Lentamente, di punta e tallone, faccio due passi, sfilo un coltello dalla barra magnetica attaccata al parete accanto al frigorifero. Lo stringo forte tra le dita quasi finché non mi sbiancano le nocche e trattengo il fiato.

È lui. È qui.
Sento i suoi passi. Le scarpe picchiettano contro il parquet chiaro. Dalla lentezza con cui si sta muovendo, è come se stesse studiando lo spazio in cui si trova.
Mi accovaccio, raggiungo in punta di piede senza fare il minimo rumore la parete a destra. Mi poggio di spalla e attendo.

Ha avuto la faccia tosta di mettermi quella fottuta scatola da maniaco sessuale davanti la porta di casa, di farsi una doccia qui dentro, di prepararmi da mangiare, magari questa è la notte in cui ha deciso di farmi visita. Sa che c'è qualcuno, che ci sono io, perché le luci sono accese eppure ne sembra indifferente. Forse non ha paura di me, forse questa volta crede davvero che potrà avvicinarsi di più, magari sfiorarmi.

Lo spero. La prima cosa che toccherà questo coltello saranno proprio le sue dita.

Sì, deve essere lui. E se è lui, ha fatto una cattiva scelta ad entrare qui dentro.

Attendo, deglutisco e abbasso le pupille a terra, oltre lo spigolo, laddove ben presto appare la sua ombra sul pavimento. Poi le sue scarpe. Stivaletti neri da uomo. Pelle nera e opaca.
Il battito del cuore mi va a mille, quasi sciogliendo i miei organi interni. Prendo un altro e ultimo respiro, lo trattengo per tre secondi. Al quarto caccio l'aria fuori dai polmoni, esco allo scoperto, lo afferro e lo sbatto contro il muro piantandogli la lama del coltello diritto alla gola.

«Fai un solo movimento e sei morto» sibilo.
I suoi occhi azzurri si sbarrano per lo spavento.
Lo guardo, lo analizzo attentamente e quasi non mi cade a pezzi il mondo quando riconosco chi ho davanti.

«Tu devi essere Veronica» mi lancia un sorriso cordiale come se non gli fregasse un cazzo di avere un coltello da macellaio alla gola che schiaccia contro la sua pelle tanto da rubargli un piccolo rivolino di sangue.
«Suppongo sia una....» alza un indice, lo poggia sul manico del coltello e lo sposta lentamente via, «... tua abitudine quella di accogliere così generosamente gli ospiti o intrattenerti con gli estranei.»

Lo fisso ammutolita, indietreggiando di due passi. Lui si sistema meglio la cravatta al collo e scaccia via con un gesto di mano della polvere invisibile sul braccio destro rivestito dalla giacca grigio scura che ha adosso.
«Ma noi non siamo estranei infondo, ho ragione?» alza gli angoli della bocca in un sorriso tale che mi si pietrifica le gambe.

Quest'uomo ha lo stesso e identico sorriso di Nicholas. I suoi occhi, lo stesso naso con la punta tirata lievemente all'insù, le labbra rosee e lievemente carnose, laddove serve. Perfino il taglio di capelli, nonostante i suoi siano scuri, sul nero come quelli di Kieran. Sono gli anni che cambia tutto, ogni cosa. I suoi lineamenti evidenziati dalla mezz'età, la barba, le occhiaie, la stanchezza evidente nei suoi occhi che mi scrutano silenziosamente e a dir poco glaciali.

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