30.

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Ci svegliamo nello stesso letto, che le notti prima ha accolto le mie lacrime e che, adesso, sta accogliendo la rinascita.
La rinascita di un amore mai spento, un amore che lotta ma raggiunge, che delude ma resiste. Come ogni grande amore che si rispetti. Niccolò è sul balconcino a fumare quando mi sveglio, ha lo sguardo assorto, l'espressione pensierosa. Mi alzo controvoglia per raggiungerlo e appena mi vede si apre in sorriso, completo di fossette, che farebbe sciogliere qualsiasi iceberg esistente. In punta di piedi mi avvicino a lui, restando in piedi.
<<Posso un tiro?>> chiedo indicando la sigaretta. Mi manca aspirare un pò di quella nicotina che mi ha accompagnato per tanti anni. Scuote la testa contrariato.
<<Nun ce pensà proprio>>
Adesso è il mio turno di essere contrariata mentre impercettibilmente annuisco e rientro in camera andandomi a sedere sul letto.
Mi raggiunge poco dopo e va in bagno a lavarsi i denti. Alzo gli occhi al cielo perché la famosa bastarda ipocondria è entrata in modalità plus.
<<A che pensi Nì?>> chiedo appena si siede accanto a me, allungando una mano verso la mia.
<<Devo ancora realizzà che stamo pe diventà genitori, tu che hai pensato quanno hai visto er test?>>
<<Nun lo voi sapè sul serio>> rispondo ridendo.
<<Daje dì>>
Prendo un respiro profondo, non credo ne sia contento.
<<M'è caduto dalle mani e me so accasciata a piagne... Nun lo volevo, era troppo presto, tra de noi annava na merda e so scappata>>
Assume un'espressione dura.
<<Tu hai pensato de abortì Clà?>>
Annuisco. Lui si alza deluso e comincia a cammina per la stanza.
<<Te nun volevi n'fijio co me, te volevi abortì perché sei n'egoista der cazzo... Quanno me l'avresti detto se nun te sentivo parlà?>> il suo tono è gelido, inizio a piangere.
<<Nun piagne pe niente mo>>
Ed è la fine perché tiro fuori urlando e piangendo tutta la frustrazione accumulata.
<<TE NUN SAI UN CAZZO... NUN LO SAI COME CE SE SENTE A PREGÀ DE VEDÈ UN TEST NEGATIVO PERCHÉ ER PADRE È N'COGLIONE, NUN LO SAI CHE CE SE SENTE AD AVÈ PAURA DE ESSE SOLA... STO REGAZZINO NUN C'HA COLPE E TU NUN SEI NESSUNO PE VENIMME A DÌ QUELLO CHE DOVEVO FA NICCOLÒ>>
<<Bè certo, io nun so nessuno>>
Non ci riuscirà mai a farmi sentire in colpa. Mi chiudo in bagno vestendomi al volo uscendo poco dopo.
<<Do vai mo? Stamo a parlà>>
<<Tornatene a Roma, io e tuo fijio nun c'abbiamo bisogno de nessuno>>
Scatta in avanti prendendomi le mani e guardandomi negli occhi. Lucidi entrambi.
<<Nun stai a dì sur serio Clà, pe favore>>
<<Se vuoi te prendi e tue responsabilità, ma co me nun ce torni più>> esco da quella stanza e comincio a camminare senza sosta. Il telefono nella mia tasca squilla initerrottamente. Ho solo quello con me, né borsa né portafogli. Dopo un'ora o forse quattro non lo so, mi accorgo di essermi persa. Inzio ad agitarmi, il respiro viene meno e l'ultima cosa che sento prima di svenire è una voce in lontananza che urla di chiamare un'ambulanza.
Mi risveglio in una stanza completamente bianca, l'odore di disinfettante è talmente forte che un conato di vomito mi sale riversandosi sul pavimento, accanto al letto, appena in tempo. Una signora sulla sessantina si avvicina rapida tenendomi la testa mentre continuo a rimettere.
<<Ciao sono Maria, sono un'infermiera>>
Annuisco, si accende una lampadina che mi porta a mettere le mani sulla pancia a mo di difesa.
<<Che è successo? Il mio bambino?>> chiedo in un sussurro mentre le lacrime scivolano a fiumi sul mio viso.
<<Ti hanno vista svenire in un vicolo del centro storico, non hai documenti con te... Mi dici come ti chiami prima?>>
<<Claudia, Claudia Ferrari>>
<<Allora Claudia, il tuo bambino sta bene, tu sei molto debole, devi prenderti più cura di te>>
Annuisco.
<<Che ore sono?>>
<<Le 17... C'è qualcuno che può venirti a prendere?>>
Scuoto la testa.
<<Sono tutti a Roma, sono qui da sola>
Neanche il tempo di finire di parlare che entra un'altra infermiera, volendo parlare con la collega. Prima di uscire resta a guardarmi un pò più a lungo, sicuramente mi ha riconosciuto.
<<Allora Claudia, torniamo a noi... Nessuno nessuno?>>
Scuoto la testa ancora.
Rientra, in tutta fretta, l'infermiera di prima per parlare direttamente con me.
<<Tu sei Claudia Ferrari vero?>>
Annuisco.
<<Ti ho riconosciuto prima, ha chiamato qua poco fa il tuo fidanzato, sta venendo a prenderti>>
Sono sotto shock. Niccolò doveva tornare a Roma, che ci fa ancora qua?
Mi lasciano sola con i miei pensieri che in questo momento sono fin troppi, mi sento debole e senza forza. Non sono pronta ad un'altra discussione, non ho cambiato idea. Dopo le sue parole, con me non ci torna più, troveremo un modo per il bene del bambino. Pensando ancora a questo, la porta si spalanca e lo vedo correre, togliendo gli occhiali da sole, accanto al mio letto lasciando andare subito la testa sulla mia pancia.
<<Tuo figlio sta bene Niccolò>> la alza di scatto, ha gli occhi lucidi.
<<E tu?>>
<<Sto bene anche io>>
<<Claudia io...>>
<<Niccolò non c'è più niente che tu possa dire... Farai il padre se vorrai farlo ma per noi due non c'è più futuro>> dicendo queste parole volto lo sguardo nel lato opposto, costringendomi a non guardarlo negli occhi, cederei sicuro. La gravidanza mi rende vulnerabile, come non lo sono mai stata. Nemmeno mi riconosco più.
<<Nun lo poi dì sul serio Clà>> mi prende la mano lasciandoci sopra un bacio.
<<Riportami in hotel e torna a Roma>>
<<Io resto qua>>
<<Niccolò...>> è il suo turno di interrompermi.
<<Io te resto accanto Claudia, nun me ne vado, poi dì tutte e cazzate che te pare>>
Non faccio in tempo a rispondere che un dottore, sulla trentina, entra nella stanza.
<<Ciao ragazzi, allora il feto sta bene, consiglio una visita dal tuo ginecologo di fiducia per sicurezza... Per quanto riguarda te Claudia, il ferro nel sangue è molto basso, significa che non ti nutri bene, non bevi come dovresti e queste cose posso recare danni al bambino>>
Abbasso lo sguardo per un attimo.
<<L'ho scoperto tardi, vengo da un viaggio movimentato di 2 mesi... Cercherò di ricominciare una vita sana>>
<<Ho visto le sue lastre, i polmoni hanno qualche difficoltà... Sei una fumatrice?>>
Annuisco rispondendo subito.
<<Ho smesso appena ho visto il test>>
<<Qualche tiro ogni tanto, per te che eri fumatrice, non fa così male soprattutto se ti fa stare più tranquilla... Mi raccomando niente alcool e niente fumo, beva tanto e mangi meglio>>
Lo ringraziamo ed esce.
<<Torniamo a Roma Clà, ho bisogno di saperti al sicuro>>
<<Tu non sai di cosa ho bisogno io... Riportami in hotel e sta zitto perché se non ero incinta, tu non mi vedevi più Niccolò>> gli punto il dito contro.
In silenzio mi aiuta a scendere facendomi rivestire, dato che ero con il camice dell'ospedale. Saliamo in macchina, mette la mano sulla mia coscia lasciandolo fare, sono solo molto stanca, e mi accascio sul sedile.
<<Ho perso 10 anni di vita quando quell'infermiera mi ha detto che eri tu qui, ho pensato le cose più orribili e mi sono dato la colpa su tutto. Ce l'ho con te perché hai pensato quelle cose e ce l'ho con me perché non riesco a farti felice come prima. Io voglio esserci nella tua vita Clà, non mi tirare fuori... Stiamo per avere un figlio insieme e vogliamo entrambi che cresce con tutto l'amore del mondo. Per favore, ripensaci Clà non ce la faccio senza di te>> sussurra queste parole continuando a guardare la strada.
Piango rannicchiandomi sempre di più su me stessa. Mi sento una bambina quando lui, prendendomi in braccio mi accompagna in camera, quando mi spoglia piano riempiendo la vasca idromassaggio infilandomici dentro, mi sento vulnerabile quando entra anche lui e gli scoppio a piangere sul petto. La mia corazza sta cedendo. In generale è difficile chiudere una relazione, è difficilissimo chiudere la mia. Mi lascio andare a lui. A lui che mi abbraccia, a lui che delicatamente mi lava, a lui che mi asciuga i capelli, a lui che si stende accanto a me abbracciandomi, a lui che canticchia le canzoni nel mio orecchio. Ed è così che mi addormento. Apro gli occhi due ore più tardi, esattamente come mi sono addormentata, tra le sue braccia. Mi bacia i capelli quando si accorge che sono sveglia sussurrandomi ti amo miliardi di volte.
<<Ti ho fatto portà la cena, devi magnà>> e stranamente mi scopro affamata. Aiutata da lui mi avvicino al tavolo e divoro tutto in poco tempo sotto il suo sguardo soddisfatto.
<<A fame è la mia, speramo nun ha preso er carattere de merda tuo>>
Faccio finta di essere arrabbiata ma un sorriso mi tradisce.
<<Ancora parli Niccolò?>>
Scoppia a ridere alzando le mani in segno di resa.
<<Te non magni Nì?>>
<<Mo magno, te come ti senti?>>
<<Mejo, sto mejo>>
Prendo il mio telefono e sono invasa da notifiche. Le mie amiche, i miserabili, Nino.
<<Hai smosso perfino er paese Nì?>>
Sorride colpevole mentre mi alzo per richiamare almeno Cocco che fa passaparola e Nino.
"Oddio Claudiè che spavento, come stai?"
"Ciao Cocco, sto bene , scusa lo spavento"
"Nun te preoccupà, basta che stai bene, ci vediamo quanno torni, riposate"
"Ciao Cocco"
Riattacco sorridendo e mentre compongo l'altro numero, si avvicina Niccolò.
"Clà n'cul a mammta, addo cazz stiv?"
"Ninooo, mi so sentita male, mo sto bene"
"M'ha fatto mette paura quel coglione"
Ridiamo e dopo qualche altra chiacchiera riattacco anche con lui tanto ci vediamo a Roma quando torno.
<<Annamo a dormì Claudiè, c'hai bisogno de riposo e pure io>>
Con le sue mani sulla schiena e la mia testa sulla sua spalla, crolliamo nel sonno.

Nota autore:
"...Sai, mentre ti guardo io fermerei il tempo,
Tu sei la risata di un uomo che ha perso.
Tu sei la carezza che resta sul viso,
Quando la notte mi alzo e mi manca il respiro..."

Che ne sarà di loro? Capitolo un pò così 😏

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❣️

ALBA 🌤️ ~ ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora