Noah non riusciva a distogliere lo sguardo dalle iridi di Iris Larson.
Erano passate ore da quando aveva incrociato per la prima volta gli occhi di lei e aveva faticato a trattenere un verso di stupore davanti al loro colore.
Erano passate ore, sì, ma Noah non riusciva a smettere di scrutare meravigliato le sue iridi.
Motivo per cui, con ogni probabilità, Iris lo stava stracciando a carte da tutta la notte.
«Non vorrei infierire» gli disse, dopo l'ennesima partita vinta. «Ma non avevi forse detto di essere il campione indiscusso?»
Noah arricciò le labbra. «Fino a stanotte, a quanto pare» le rispose, mescolando le carte che aveva raccattato dal tavolo. «Potrei perdere il titolo, se continuiamo di questo passo.»
Iris inarcò un sopracciglio. «Credo che tu l'abbia già perso intorno alla terza partita.»
Noah si strinse nelle spalle. «A mia difesa, ti informo che mi trovi in una serata particolare» replicò, sostenendo i suoi occhi divertiti. «La mia attenzione non è al massimo della sua forma.»
Iris si guardò attorno come aspettandosi di trovare lì su quel tetto ciò che gli stava rubando l'attenzione, non pensando neanche per un attimo di essere proprio lei la fonte della sua distrazione. «E da cosa sei distratto?» gli chiese infatti, curiosa.
Dai tuoi occhi, avrebbe voluto risponderle. Ma a giudicare dal breve discorso che avevano avuto al riguardo, Noah pensò che quella non fosse la risposta giusta da darle. Non voleva farle pensare che fosse la loro stranezza a distrarlo, anche perché non gli erano apparsi strani neanche a primo impatto: la loro bellezza lo aveva rapito fin da subito.
Come potevano le persone avere paura delle sue iridi, provare timore e imbarazzo nel guardarle? Distoglievano lo sguardo anche davanti a una coltivazione di iris?
«Dalla tua compagnia» decise allora di risponderle, perché era dopotutto vero anche quello.
Noah non aveva smesso di farle domande da quando si erano seduti al tavolo per giocare, e Iris aveva risposto a ogni sua curiosità, raccontandogli senza timore gran parte della sua vita precedente all'arrivo a Huron.
L'aveva ascoltata con interesse, affascinato dalle storie di quel regno che aveva visitato solo due volte. La prima a otto anni, per la nascita dell'erede al trono dei Monvisi. Una visita troppo breve, però, per rendersi conto persino di essere approdato in un regno diverso dal proprio. E poi a quindici anni, quando lui e Simon erano stati ospiti un mese intero alla corte di Masteria.
Quell'anno, lui e suo fratello erano stati ospiti di tutti i regni. Era usanza, per i principi, passare del tempo alle altre corti per imparare gli usi e i costumi di ognuno.
Noah aveva trovato affascinante, ma a lungo andare solitari, i ghiacci di Havelar; si era divertito come mai aveva fatto prima alla corte dei Jean; aveva tenuto il muso, come sempre l'aveva tenuto, dai Valsecchi; e si era fatto rubare il cuore dal regno dei Monvisi.
Si era innamorato di quella terra lontana, di quell'isola così diversa dalla terraferma, di quelle persone tanto genuine. E Iris, con la sua candida voce, era riuscita a fargli vedere ancora più bellezza.
«Oh» mormorò ora la ragazza, riportando lo sguardo velato di imbarazzo nel suo. «Mi dispiace.»
«E per cosa?» le domandò, strabuzzando gli occhi. «È una compagnia davvero piacevole.»
E genuina, pensò.
Vivendo in una reggia, essendo l'erede al trono, Noah aveva presto imparato a distinguere un comportamento vero da uno fittizio, costruito alla perfezione solo perché in presenza di un principe. Noah era cresciuto in mezzo a persone che portavano costantemente una maschera di compiacimento sul volto, in mezzo a persone che si ponevano nei suoi confronti in maniera così perfetta e impeccabile da rendere in realtà subito evidente la loro finzione.
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Déjà vu
RomanceIris Larson, delle sue origini, non sa niente. Salvata per miracolo da un naufragio, è approdata ancora in fasce in un tranquillo paese costiero del regno dei Monvisi, che non ci ha pensato due volte ad accoglierla e crescerla come fosse sempre stat...