Il giorno del suo diciassettesimo compleanno, Iris aveva fatto un sogno così vivido da non essere mai sfumato nella sua memoria neanche dopo mesi di veglia.
Nel sogno, si era risvegliata in un letto non suo, confortevole e caldo. Non c'era stato nessuno, accanto a lei, nonostante avesse notato l'impronta ancora calda sul cuscino accanto al suo e le coperte sfatte, come se qualcuno l'avesse appena lasciato e lei l'avesse mancato solo per una manciata di secondi.
Nel sogno, si era tirata a sedere e si era guardata intorno, ritrovandosi in una stanza sconosciuta quanto il letto. Nella luce debole di un'alba appena iniziata, Iris non era riuscita a vedere bene la camera. Ricordava solo qualche particolare, come la ricchezza del mobilio e le pareti bianche levigate nel marmo.
Era un sogno che era rimasto con lei per tutto quel tempo, e che si era presentato di nuovo quando quella notte aveva chiuso gli occhi nel letto e nella camera di quel sogno fatto la mattina del suo compleanno.
Quando Iris era entrata nella camera di Noah per la prima volta non ci aveva fatto davvero caso, alla sua somiglianza con quella del suo sogno. La camera le era parsa famigliare, ma pensieri più pressanti non le avevano fatto connettere il sogno alla realtà.
Quando però si era addormentata, e il sogno si era presentato di nuovo nella sua testa, Iris aveva capito.
E quando si risvegliò e si mise a sedere sul letto e si guardò intorno per la camera gettata nella penombra, fondendo sogno e realtà mentre la ormai conosciuta sensazione di calore le si espandeva nel petto, Iris poté chiamare quel vecchio sogno con il nome imparato nelle ultime settimane.
Déjà vu.
E nel farlo, sorrise.
È davvero il mio destino.
Se nel sogno Iris non aveva saputo chi stesse cercando mentre aveva mosso lo sguardo frenetico per la stanza, mentre compiva la stessa identica azione ora, nella realtà, lo sapeva bene.
Noah.
Lui, però, non c'era.
Iris non se ne sorprese. Non c'era stato neanche nel sogno, dopotutto.
È andato dai suoi genitori senza di me?
Represse la tristezza nel pensare che Noah avesse scelto di andare a combattere da solo, aveva la prova che era quello il modo in cui doveva andare.
Iris non voleva lasciare il conforto delle coperte riscaldate dai loro corpi, ma lo fece lo stesso, e si alzò.
Era quello che aveva fatto nel sogno, dopotutto.
Perché il sogno non si era fermato quando aveva iniziato a guardarsi in giro. Era continuato fino a quando un freddo inusuale aveva ricoperto il suo corpo e Iris si era svegliata, ansimando, nel suo letto di Intelli.
Mettendosi in piedi e avvicinandosi alla finestra, Iris pensò che non avrebbe voluto risperimentare quel gelo, e il disagio iniziò a farsi strada in lei.
Ma sapeva di non avere scampo. Quella mattina era un prolungato déjà vu, non avrebbe potuto cambiare niente, come non aveva potuto cambiare niente durante quelli passati.
Era il suo destino.
Scostò le tende come aveva fatto la Iris del suo sogno, e il chiarore dell'alba si riversò nella stanza. Si lasciò investire dalla tiepida luce del sole.
Come posso provar quel freddo, abbracciata da questi raggi appena nati?
La scomoda sensazione sparì, e Iris fece un passo indietro. Non perché volesse farlo, ma perché doveva farlo.
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Déjà vu
RomanceIris Larson, delle sue origini, non sa niente. Salvata per miracolo da un naufragio, è approdata ancora in fasce in un tranquillo paese costiero del regno dei Monvisi, che non ci ha pensato due volte ad accoglierla e crescerla come fosse sempre stat...