21 - Incontri

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Dopo una settimana dal suo arrivo alla corte degli Hudson, Iris poteva affermare di essersi ambientata tutto sommato bene.

Nonostante l'immensità della reggia, era riuscita già a crearsi una mappa mentale organizzata dei luoghi in cui era solita recarsi: la sua stanza e quella di Victoria; il laboratorio di sartoria alla quale Maximillian l'aveva accompagnata al quarto giorno e a cui lei era tornata per tutti i giorni seguenti, sempre a tardo pomeriggio; la maestosa biblioteca a cui si recava ogni mattina per i suoi studi solitari; la sala da tè che raggiungeva ogni pomeriggio alle sedici per fare compagnia a Victoria; la strada più veloce per arrivare al quinto piano del blocco centrale e, quindi, al tetto.

A parte la terza sera, quando si era addormentata senza volerlo in camera di Victoria, Iris vi era salita ogni notte, con la speranza di rincontrare Noah.

Ma lui non si era più fatto vedere.

Iris non aveva mai smesso di pensare alla paura che era nata in lei la mattina del quarto giorno, che il ragazzo, forse, l'aveva aspettata per chissà quanto tempo e, non avendola vista arrivare, aveva pensato che non fosse più interessata a passare le notti con lui. E che, a seguito di questo, lui non aveva più motivo di salire lì.

Non si era però arresa, non era riuscita a fermare le proprie gambe a portarla in quella direzione ogni notte: dopotutto la prima sera che l'aveva incontrato lui era già lì, a giocare a carte con un altro ragazzo. Noah era già frequentatore di quel tetto. Prima o poi, sarebbe tornato. Se non per lei, per qualcos'altro.

Il tempo che lo aveva aspettato, però, era diminuito ogni sera di più. Anche a causa della pioggia che, ormai ogni notte, si era puntualmente abbattuta sulla reggia.

Non lo sapeva neanche lei perché continuava a tornarci, perché era andata lì anche alla quinta sera e alla sesta e, con ogni probabilità, il perché ci sarebbe tornata anche quella notte.

Razionalmente, non sapeva darsi una risposta. Si era chiesta più volte se fosse dovuto al modo in cui l'aveva fatta sentire a proprio agio, o se fossero state le genuine risate che avevano condiviso, o se fosse per la disinvoltura con cui Iris era riuscita a parlargli.

Iris sapeva solo di non aver smesso di pensare a lui, sapeva solo di avere rincorso i momenti di quelle due notti così tante volte da aver memorizzato a memoria ogni secondo, sapeva solo di essersi sorpresa a sorriderne al ricordo.

Noah le era rimasto impresso, come un posto sicuro a cui tornare.

Quindi era salita lì ogni sera, anche se lui non l'aveva fatto.

Iris sospirò e, finito di scendere le scale, si fermò per controllare i dintorni e capire quale direzione avrebbe dovuto prendere.

Se c'era un luogo a cui non si era ancora abituata ad arrivare con facilità, quella era proprio la sala delle dame a cui si stava recando quella sera.

Da quella disastrosa prima cena, Iris aveva sempre gentilmente rifiutato l'invito a mangiare con loro. Si era sempre andata a nascondere in sartoria prima dell'ora di cena, e ne era sempre uscita ore dopo.

Ma quella mattina, Victoria era riuscita, ancora una volta, a convincerla ad andare. Le aveva detto che, dopo tutti i tè di quella settimana, era pronta a passare una serata da sola con loro. Dopotutto, Iris aveva imparato a conoscere alcune di loro nei giorni passati: Linette e Matilde, prima di tutte, dato che la principessa Odette non aveva mai mancato a passare il tempo con Victoria, e le sue dame l'avevano sempre accompagnata. Ma anche Elizabeth, una delle più affezionate dame della regina. Ed Emily, la dama di un'altra nobildonna ospite della corte Hudson.

E Iris si era trovata davvero bene, durante le ore dei tè. Ma quando Victoria le era vicina, per Iris era facile trovarsi a proprio agio.

Affrontarle da sola era tutta un'altra questione.

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