Un mese dopo
Folksir voltò il viso verso le sbarre quando sentì risuonare nel silenzio dei sotterranei dei passi pesanti.
Ser Martin si fermò davanti alla sua cella, facendo scorrere le chiavi sulle barre di metallo per richiamare la sua attenzione, nonostante non ve ne fosse bisogno dato che i loro occhi erano già incatenati.
«Hai visite» gli disse, monocorde.
Questo, lo sorprese. Nessuno veniva a trovarlo, non più.
Folksir aggrottò le sopracciglia e si mise a sedere sul lettino di ferro che ospitava il suo corpo da un mese.
«Chi?» domandò.
Ser Martin gli scrutò il volto, infastidito, e non gli concesse risposta. Voltò il viso verso la sua sinistra e disse a qualcuno che Folksir non poteva ancora vedere: «Cinque minuti».
Poi se ne andò, senza rivolgere a lui un ultimo sguardo.
Folksir rimase fermo in una posizione scomoda, mentre aspettava che chiunque fosse andato a trovarlo si palesasse.
Noah?, si chiese, senza capire se quella possibilità gli portasse speranza o terrore.
Noah era la persona che più era andato a trovarlo, i giorni immediati il suo arresto.
Folksir non era uscito libero dalla camera in cui aveva trovato il corpo di Iris Larson. Ser Frederick, che aveva assistito a tutta la vicenda dal momento in cui Noah era tornato, l'aveva arrestato appena lo shock era sbiadito abbastanza da farlo mettere in moto.
Lo avevano trovato con Iris tra le braccia, e le sue grida erano bastate per accusarlo.
Cosa ho fatto? Cosa ho fatto?
Folksir era uscito da quella camera come prigioniero, e non aveva mai lottato per dimostrare la sua innocenza. Sapeva di essere colpevole, e aveva accettato il suo destino in silenzio.
Noah, invece, non l'aveva fatto. La prima settimana aveva passato tutti i giorni lì, nelle viscere del palazzo, per cercare di farlo parlare, per cercare la verità.
Quello che non capiva, quello che non avrebbe mai potuto capire, era che nonostante non fosse stato lui a recapitare quella bottiglia di veleno, la colpa era comunque sua.
Così Folksir non aveva mai parlato e aveva accettato la sua condanna per avere ucciso quella che ora tutti i regni conoscevano come Iris Valsecchi.
La perduta figlia di Rocheforte.
Possibile che alla vigilia della sua esecuzione, Noah avesse deciso di tornare da lui e di provare, un'ultima volta, a cavargli la verità?
Folksir si mise in piede con uno scatto quando davanti alla sua cella si fece avanti non Noah, ma Nora.
Le parole gli vennero a mancare, ma le ritrovò comunque prima che lei potesse schiudere le labbra.
«Sei folle?» le sussurrò, con una preoccupazione però ben evidente nel tono basso. «Non dovresti essere qui.»
Folksir non aveva più visto Nora da quella note, da quando l'aveva lasciata tremante nel suo studio. Non era andata a trovarlo, ma Folksir non gliene aveva fatto una colpa.
Non dovevano rivelare il loro legame. Non avrebbe mai permesso che Nora venisse coinvolta in quella vicenda.
Nora arricciò le labbra in un debole sorriso. «Ciao, Matías» lo salutò, ignorando quanto le aveva detto.
Folksir deglutì, e il suo cuore pianse nel vedere le sue condizioni. Era dimagrita, i suoi occhi avevano perso la luce, le guance sembravano non conoscere la semplicità di una risata, e intorno ai suoi occhi vi erano delle ombre che Folksir sapeva non si sarebbero mai più dissipate.

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Déjà vu
RomanceIris Larson, delle sue origini, non sa niente. Salvata per miracolo da un naufragio, è approdata ancora in fasce in un tranquillo paese costiero del regno dei Monvisi, che non ci ha pensato due volte ad accoglierla e crescerla come fosse sempre stat...