13 - La prima notte

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Iris non riusciva a dormire.

Si era coricata da più di un'ora, oggettivamente stanca, ma il sonno non l'aveva ancora accolta, complice la curiosità.

Il pensiero di essere in una reggia tutta da scoprire era forte abbastanza da tenerla sveglia: desiderava vagabondare in quei corridoi lucenti, girare indisturbata fino a scoprire angoli che alla luce del sole avrebbero potuto passare inosservati, correre per le scale senza la paura di incrociare gli occhi di qualcuno.

Iris pensò di essere al sicuro nel fare tutto quello nel cuore della notte: anche se l'avessero trovata a sbirciare in luoghi non accessibili, era certa che non avrebbero avuto niente da ridire davanti alla scusa di essersi persa mentre cercava la sua stanza dopo essere uscita da quella di Victoria per un aiuto notturno.

Consapevole che la curiosità fosse più forte della stanchezza, Iris si districò dalle coperte pesanti e raggiunse l'armadio per recuperare un semplice vestito. Non aveva avuto ancora il tempo di preparare abiti più adatti alla fredda stagione, così sopra quel leggero cotone indossò la mantella di lana che il signor Grundy aveva recapitato a lei e a Victoria al porto, un regalo d'accoglienza da parte dei reali, utile e necessario.

Uscì poi dalla porta, inoltrandosi nel corridoio silenzioso.

*

Iris non sapeva quante rampe di scale aveva salito quando si ritrovò a quello che era ovvio era essere l'ultimo piano. Il soffitto era più basso rispetto a quello degli ambienti che aveva lasciato sotto di sé, e anche se la bellezza dei muri e dei pavimenti rimaneva la stessa, di quel bianco liscio e totalizzante, erano meno adorni di quei particolari che l'avevano costretta a tenere la bocca spalancata di meraviglia per tutto il suo vagabondare.

Il corridoio in cui si trovava era un cunicolo lucente sul quale si aprivano a poca distanza tra di loro diverse porte, e Iris non ci mise molto a comprendere che doveva essersi spinta fino agli alloggi della servitù.

Dalla finestra della propria camera aveva compreso che i suoi alloggi fossero posizionati al terzo piano dell'ala destra della reggia. Una reggia composta da cinque piani. Era convinta, così, di trovarsi ora all'ultimo, nonostante le sembrasse di aver salito molto più di due rampe di scale. Era anche sicura di non trovarsi più nell'ala destra.

Sarebbe riuscita a ritrovare la via per la sua camera?

Era convinta di no, ma in quel momento l'idea di essersi persa e che qualcuno l'avrebbe probabilmente ritrovata al sorgere del sole, disorientata, non le importo granché.

Neanche l'idea di non sapere che ore fossero ma la certezza che mancasse ancora parecchio all'alba la preoccupò.

Quella notte era un'avventura, e non aveva fretta di concluderla.

Guardandosi intorno e addentrandosi un poco di più nella penombra in cui si trovava, sentì però l'urgenza di girare i tacchi e tornare di sotto per lasciare quel piano dormiente così da non rischiare di svegliare nessuno di quegli uomini e donne dal loro meritato riposo.

Con la coda dell'occhio, notò al primo angolo nelle sue vicinanze una scala molto diversa da quelle larghe e intagliate nel marmo che aveva incontrato fino a quel momento.

Di nuovo, la curiosità scansò qualsiasi altro pensiero: voleva sapere dove portasse, dato che si trovavano all'ultimo piano. Vi si avvicinò, e solo arrivata nelle sue vicinanze la penombra si ritirò dandole modo di studiarla davvero.

Era di legno, consumata dall'uso quotidiano. L'ultimo gradino si appoggiava a una botola sul soffitto. Era aperta, Iris riusciva a scorgere una porzione di cielo e sentiva l'aria fredda della notte entrare a raffreddare quel luogo.

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