22 - Istinto

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Noah era seduto su una delle panche in marmo disseminate nel giardino, appena fuori dalla reggia. Tra le mani, stringeva una bottiglia di vino che aveva rubato dalla dispensa. Era l'unica compagna di cui aveva bisogno in quel momento.

La notte era scesa fredda, il cielo prossimo alla pioggia che, con ogni probabilità, si sarebbe poi trasformata in neve.

Con lo sguardo puntato a una delle torce che il vento stava consumando con più velocità del solito, si portò la bottiglia già mezza consumata alle labbra, gustandosi il sapore dolce e piacevole. Era riuscito ad arraffare una delle bottiglie più buone, un vino rosso prodotto nel regno dei Jean, veri intenditori.

Senza essersene mai allontanata davvero, la mente di Noah ritornò a quanto aveva scoperto appena tornato quel pomeriggio dalla sua abituale cavalcata. I suoi genitori l'avevano convocato nelle loro stanze per dirgli che Livia e la regina Nora erano a soli due giorni di viaggio dalla loro corte, e lui si era infuriato a tal punto da girare loro le spalle e uscire dalla stanza come la furia che ora imperversava attorno a lui.

Sapeva di essersi comportato da bambino e si vergognava di aver perso le staffe davanti a sua madre, che l'aveva sempre trattato con dolcezza e rispetto. Ma quando si trattava della sua promessa sposa, la pazienza sfuggiva al controllo delle sue qualità.

No, non della sua promessa sposa, ma più in generale del suo matrimonio. Sapeva che Livia non c'entrasse niente in quella storia e, spesso, si era vergognato anche del comportamento che aveva nei suoi confronti. Dopotutto anche lui era un obbligo che Livia avrebbe dovuto servire senza alcuna scelta e Noah sospettava che anche lei non ne fosse mai stata così felice.

Forse un tempo, quando erano stati piccoli e l'aveva guardato con l'ammirazione che si riserva a un principe e l'infatuazione che sapeva avrebbe dovuto mostrare nei suoi riguardi, ma durante il loro ultimo incontro estivo, conclusosi due mesi prima, Noah aveva sentito che qualcosa in lei era cambiato. E lui non poteva negare di essersene sentito sollevato.

Livia era cambiata, era cresciuta, era diventata una ragazza che presto sarebbe sbocciata in una bellissima giovane donna. Non si trattava neanche di antipatie o simpatie, nonostante Noah non avesse mai dato loro una possibilità di conoscersi davvero, al di là della superficialità e dei discorsi forzati dai loro familiari.

Era una questione di istinto.

Noah aveva saputo, da sempre, che Livia era sbagliata per lui, che non era lei, la sua ragazza immaginaria, la sua metà mancante, il suo contro ideale. E crescere sapendo che non avrebbe mai avuto neanche la possibilità di incontrarla l'aveva fatto vivere con solo metà del suo cuore sul piatto.

Sospirò e si portò la bottiglia alle labbra quando, come ormai accadeva dalla prima notte in cui l'aveva incontrata, il viso della dama della signorina Paddington prese prepotentemente possesso dei suoi pensieri.

Non era mai riuscito ad associare un viso immaginario al suo amore ideale: era sempre stato un pensiero troppo lontano, un'idea astratta, un fascio di luce in cui trovare calore durante le sue giornate solitarie e fredde.

Eppure, inspiegabilmente, da quando aveva visto Iris Larson era suo il viso che gli si faceva strada nella mente quando pensava a lei.

No, non inspiegabilmente.

Istinto.

Era per questo motivo che non era più salito sul tetto per passare qualche altra notte con lei, prima dell'inevitabile epilogo. A che scopo? Non sarebbe mai potuto accadere niente tra loro, ed era meglio non testare ulteriormente quel principio di calore che gli bruciava nel petto.

Noah si fece passare una mano tra i capelli mentre un insopportabile dispiacere gli arpionava lo stomaco al ricordo dell'incontro avuto con lei poco più di due ore prima nel corridoio che portava alle stanze di Folksir. Le aveva mentito un'altra volta; non era un piano riservato su cui lei non poteva aggirarsi, tutti potevano andare lì se necessitavano l'aiuto di Folksir. Era la prima cosa che gli era venuto da dire con la paura a montargli nelle vene quando aveva capito che, se fosse rimasta lì, avrebbe avuto modo di incontrare i suoi genitori uscire dallo studio di lui e avrebbe quindi potuto capire tutto proprio in quel momento.

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