Noah non se ne intendeva di torture, ma era certo che la cena avrebbe potuto essere considerata una a pieno titolo.
Erano passate più di due ore dall'inizio del banchetto, e anche se tutte le pietanze erano già stata portate via per essere rimpiazzate da dolci e frutta, ancora non riusciva a vederne una fine.
Noah stava piano piano morendo dentro: ogni minuto che passava senza poter guardare Iris, senza poterle spiegare, gli apriva una lacerante ferita sulla pelle.
L'unica domanda che gli riempiva la mente era quanto tempo ci avrebbe messo a dissanguarsi.
Era stato in silenzio per tutta la sera, non aveva intrattenuto nessuna conversazione, limitandosi a rispondere a monosillabi alle domande che gli avevano rivolto.
Il giudizio di suo padre era stato palpabile fin dai primi minuti che aveva notato il suo comportamento. Doveva starlo sicuramente facendo risalire al suo abitudinario rifiuto nei confronti della principessa Livia, del suo imminente matrimonio, da quella cena di benvenuto. L'avrebbe rimproverato la mattina dopo, o quella sera stessa.
Ma a lui, per la prima volta nella sua vita, non gli interessava niente di tutto quello.
Cosa penseresti, padre, se scoprissi il vero motivo del mio stato d'animo?
Prima di entrare nella sala grande aveva deciso che non avrebbe guardato Iris Larson neanche una volta. Avrebbe tenuto lo sguardo lontano da lei, avrebbe fatto finta di niente con il rischio di farle pensare che a lui non le importasse un accidente di averla lì, di averla messa in quella situazione. Avrebbe rischiato perché consapevole che non sarebbe riuscito a sopportare la sua vista e il suo sguardo.
Se li meritavi tutti quei sentimenti di disprezzo, avrebbe dovuto dare riconoscimento a tutte le sue emozioni, ma non poteva farlo lì, davanti a tutte quelle persone che ignoravano il loro legame.
Sarebbe crollato al primo sguardo, proprio come era diventato suo a una prima occhiata nell'oscurità fredda della notte.
Così, quando era entrato, era arrivato al suo posto con lo sguardo dritto in avanti, si era sistemato davanti la sua sedia senza girare il volto al posto dove sapeva essere Iris, aveva rischiato di spezzarsi il collo per rimanere fermo e impedirsi di gettarle anche solo un'occhiata veloce.
Eppure, poi, il suo cuore aveva vinto e i suoi occhi erano corsi nella sua direzione.
Lo sguardo d'orrore che gli stava rivolgendo quando le loro iridi erano entrate in contatto aveva aperto la prima pericolosa ferita sulla sua epidermide. E lui, per cercare di rimarginarla, si era messo in moto per raggiungerla, per aiutarla, per darle il sostegno che le aveva tolto.
Suo fratello però l'aveva fermato con un breve cenno del capo prima che potesse fare quello scatto guidato da nient'altro che il suo animo, e aveva aiutato Iris senza mostrare a tutti cosa quel suo sguardo terrorizzato e il suo viso pallido avevano davvero significato.
Noah si era seduto al suo posto e non l'aveva più guardata, anche se non aveva potuto fare niente per bloccare il suo udito dal recepire la voce spenta con cui lei aveva risposto alle domande rivoltele. Nonostante Iris non avesse intrattenuto di sua iniziativa conversazioni, in molti si erano rivolti a lei per farla partecipare alle loro, soprattutto Livia, che aveva passato la maggior parte della cena a intrattenersi con la signorina Paddington.
La regina Nora, che era stata stranamente silenziosa per tutta la sera quanto lui, si piegò ora in direzione di suo padre. «È stata un'accoglienza meravigliosa, ma ho davvero un bisogno disperato di riposo.»
Noah chiuse le palpebre, sollevato.
Grazie divinità celeste, grazie.
«Certo, avete viaggiato per giorni» replicò suo padre.

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Déjà vu
DragosteIris Larson, delle sue origini, non sa niente. Salvata per miracolo da un naufragio, è approdata ancora in fasce in un tranquillo paese costiero del regno dei Monvisi, che non ci ha pensato due volte ad accoglierla e crescerla come fosse sempre stat...