Iris non riusciva a smettere di contorcersi le mani mentre, affianco a Victoria, seguiva ser Joshua tra dei corridoi che non aveva ancora avuto il piacere di esplorare.
«Ci saranno tutti?» sussurrò, timorosa.
Erano appena arrivati all'ala sinistra della reggia, verso cui lei non si era mai spinta. Era però troppo in ansia per godersi la vista di quei nuovi ambienti.
Victoria la guardò di sbieco. «Da quanto mi hanno detto, sì» le rispose, sussurrando allo stesso modo. Non per timore, però. Più per mantenere la loro conversazione privata. La sua espressione era tranquilla. «Ogni domenica pomeriggio, la famiglia reale si ritrova insieme all'ora del tè» aggiunse, riportando lo sguardo in avanti. «Quindi sì, dovrebbero esserci tutti.»
Iris non le rispose.
L'idea che, tra pochi minuti, si sarebbe seduta a un tavolo con i reali Hudson la stava agitando fino a farle tremare il corpo e a rendere i suoi passi incerti.
Si era svegliata ansiosa. Aveva passato la sua mattinata – tarda, dato che anche quel giorno aveva trovato le forze di aprire gli occhi ben oltre un orario consono – cambiandosi in continuazione d'abito, camminando avanti e indietro per la sua stanza, immaginando tutte le cose che avrebbero potuto trasformare quell'incontro in un disastro.
A iniziare dalla consapevolezza che non si era mai seduta allo stesso tavolo di qualcuno di così importante, per continuare al pensiero di tutte le etichette che avrebbe dovuto seguire e che si era ritrovata a seguire veramente poche volte nella sua vita, per finire al non avere assolutamente la minima idea di cosa avrebbe dovuto parlare.
Per sua fortuna, Victoria l'aveva raggiunta nella sua stanza poco dopo pranzo, e aveva passato le ore che le separavano da quel tè con lei. Aveva dovuto sapere della sua agitazione, ed era andata per non farla cadere nella spirale della propria inadeguatezza.
Aveva funzionato, Iris si era calmata.
Almeno fino a quando ser Joshua aveva bussato alla porta per avvisarle che era arrivato il momento di raggiungere la sala del tè.
L'ansia era tornata a sommergerla, aumentando a ogni passo fino a lasciarla senza respiro.
«Iris» la richiamò Victoria, dolce. Allungò una mano verso le sue per stringergliene una, così da fermare la tortura a cui le stava sottoponendo. «Andrà tutto bene» aggiunse, convinta.
Iris prese a tormentarsi le labbra. «Vorrei ricordarti che disastro è stata la cena di ieri con le dame» ribatté, tesa. «Se ho miseramente fallito con delle dame, voglio vedere come potrò cavarmela con la famiglia reale.»
Le aveva raccontato tutto della sera precedente. Beh, non proprio tutto. Il nome di Noah non aveva ancora lasciato il porto sicuro delle sue labbra.
Avevano passato un'altra notte insieme, si erano separati ancora una volta alle prime luci dell'alba, tanto che quando si era svegliata quella mattina si era domandata se in realtà il tempo passato con quel ragazzo non fosse un sogno, una presenza che la sua mente aveva inventato per rassicurarla durante le notti.
Una chimera.
Ma le aveva raccontato tutto della cena. Di come si era sentita fuori posto, di come le domande delle sue commensali le avevano fatto desiderare fuggire, di come poi, appena finito il pasto, fosse effettivamente scappata, provando nient'altro che sollievo.
«Era ovvio che ti avrebbero sommerso di domande su di me, Iris» le ripeté Victoria, come le aveva detto quando, ore prima, aveva finito di raccontarle cosa era successo. «Ma i reali non lo faranno. E te lo prometto, sono davvero bravi a mettere a proprio agio le persone.»
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Déjà vu
Roman d'amourIris Larson, delle sue origini, non sa niente. Salvata per miracolo da un naufragio, è approdata ancora in fasce in un tranquillo paese costiero del regno dei Monvisi, che non ci ha pensato due volte ad accoglierla e crescerla come fosse sempre stat...