17 - Respiro

18 3 0
                                        

«Stai cercando di portare nostra sorella sulla cattiva strada?»

Noah alzò lo sguardo per rivolgere a Simon, appena entrato nella sala, il migliore dei suoi sorrisi accattivanti. «È importante apprendere le regole del gioco. È un'abilità che può sempre tornare utile.»

Simon si lasciò cadere sulla poltrona accanto a quella di Odette, senza lasciare il suo sguardo. «Ah, sì?» gli chiese, con una punta di sarcasmo. «E come, esattamente, sapere giocare a carte potrebbe tornare utile nella vita?»

Noah riportò lo sguardo al tavolino tra lui e Odette, dove vi erano sistemate, disordinatamente, molte carte da gioco. «Nessuno lo dice, ma le guerre non si vincono sul campo di battaglia. La maggior parte delle vittorie si decidono a porte chiuse, nei palazzi, con una mano a carte.»

Simon fece un verso di scherno. «Devo aver dormito durante la lezione in cui il maestro Mirai ci svelava questo strabiliante segreto. Fortuna che sei tu, l'erede.»

Noah sogghignò e poi alzò lo sguardo su sua sorella, il cui viso concentrato gli fece tenerezza. Si stava davvero impegnando per capire le regole del gioco che lui le aveva iniziato a spiegare per farla svagare un po'.

Era tarda sera, e quando lui, come d'abitudine, si era affacciato mezz'ora prima nella sala dove tutta la sua famiglia era solita passare un po' di tempo insieme dopo cena, vi aveva trovato solo Odette, china su un grosso libro, annoiata e frustrata.

Era una sala comune riservata a loro, sul piano reale, vicino alle loro camere. Quando erano stati dei bambini, i loro genitori si impegnavano ogni sera per passare con loro del tempo di qualità lì dentro. Ogni sera, si ritagliavano dello spazio per stare da soli con i loro figli, come una famiglia comune, senza servitù, diplomatici o consiglieri intorno.

A mano a mano che erano cresciuti, quella abitudine era diventata sempre meno tradizione. Soprattutto da parte di loro padre.

Loro tre, però, provavano sempre a onorare l'usanza, anche solo per un'oretta prima di ritirarsi nelle proprie stanze.

Odette posizionò due carte sul tavolo, alzando intanto lo sguardo titubante su di lui. «Così vinco, vero?» gli domandò.

Noah sorrise. «Una mossa interessante» le rispose, con voce diplomatica. Iniziò a calare, con lentezza, le ultime tre carte che aveva in mano. «Ma no, mia dolce sorella. Mi hai appena servito la vittoria» concluse, trasformando il sorriso in un ghigno.

Odette riportò gli occhi, spalancati ora di sorpresa, sulle carte. «Perché? Gli ori sono più forti delle spade!» esclamò, piccata.

Noah scosse la testa e incominciò a raccogliere le carte dal tavolo. «Davvero, Odette?» le chiese, retoricamente. «Valgono di più, ma come può l'oro battere una spada?»

Odette lo guardò furibonda e incrociò le braccia al petto. «Questo non lo avevi specificato.»

«Ops» ribatté insolente, picchiettando il mazzo di carte sul tavolo per livellarlo. «Visto?» si rivolse poi a Simon, che lo stava guardando esasperato. «Imparare a giocare affina la mente, la deduzione, i riflessi, mio caro fratello. Puoi ancora dire che è inutile?»

Simon roteò gli occhi. «E perché stai usando Odette come esercizio? Filippo si è finalmente stancato di te?»

Noah iniziò a mischiare il mazzo. «È sabato» gli rispose, stringendosi nelle spalle. «Il fine settimana ha sempre meglio da fare, che passare il tempo con me.»

Ha la libertà di fare quello che vuole, di andare dove vuole, di stare con chi vuole.

Noah gettò uno sguardo veloce all'orologio. Erano ancora le nove di sera. Era presto per salire sul tetto? Lei ci sarebbe davvero stata?

Déjà vuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora