Iris mise sul tavolo, scoperte, le tre carte che le erano rimaste in mano, e un verso di disappunto si sollevò tra i ragazzi intorno a lei.
«E ti pareva» mormorò Christian, gettando con un colpo secco quelle che erano rimaste in mano a lui.
Victoria e Sebastian lo imitarono, scuotendo la testa all'ennesima sconfitta.
«Non c'è gusto a giocare con te» rincarò Antonio con una smorfia sul volto, mentre raccoglieva le carte da gioco sparpagliate sul tavolo, tra viveri e bevande, per mischiare un nuovo mazzo.
Iris sorrise sorniona. «Ho avuto un ottimo maestro ad ammàzzino» disse, con tono sufficiente. Prese il suo bicchiere di vino e lo sollevò in direzione del signor Guizzir, l'innocuo ubriacone del paese, che, dal tavolo accanto, si era voltato per vedere la sua protetta vincere la quarta mano del gioco di carte più in voga a Intelli.
Lui sollevò in ricambio il suo boccale di birra e le fece un occhiolino d'intesa, soddisfatto del suo lavoro.
Sebastian roteò gli occhi. «Guizzir bara. È ovvio che ti ha insegnato più delle regole del gioco.»
Iris si portò una mano al petto, all'altezza del cuore. «Seb!» esclamò, appositamente ferita. «Mi stai accusando di disonestà?»
Sebastian incrociò le braccia al petto e la guardò con gli occhi ridotti a due fessure, mentre Antonio e Christian mormoravano il loro accordo con quanto da lui detto. Victoria, seduta accanto a lei, scoppiò a ridere.
«Adele?» domandò il ragazzo, senza distogliere gli occhi accusatori da quelli di Iris.
La signorina Verimonti, che aveva assistito a tutte le loro partite ed era stata incaricata, alla terza, di controllare il suo gioco, si strinse nelle spalle. «Non ho niente di losco da riportare.»
Tutti sbuffarono e Iris fece un gesto con la mano per indicare che il caso fosse chiuso. Poi bevve un altro sorso di vino, nascondendo il sorriso dietro al bicchiere.
Era vero. Il signor Guizzir le aveva insegnato molto di più delle sole regole del gioco. Ma a sua discolpa, Iris era ormai diventata così brava che non si avvaleva più dei trucchi che, invece, ammetteva di avere usato all'inizio della sua carriera di giocatrice.
Antonio cominciò a distribuire le carte. «Tu questa partita la salti.»
Iris sollevò le mani davanti a sé. «Va bene, va bene» ribatté esasperata. Si tirò indietro e si sistemò scomposta contro lo schienale della sedia di legno.
Victoria si sporse verso il suo orecchio. «Puoi aiutare me, però» le sussurrò.
Iris sorrise divertita e si voltò per gettarle uno sguardo ironico. I suoi occhi, però, caddero sul viso di Angela, che dormiva serena sul grembo di sua sorella. Aveva accostato due sedie e vi si era sdraiata su un fianco, la testa riposava comoda sulle gambe di Victoria. Si era addormentata intorno alla seconda partita, favorita dalla tarda notte e dal buon cibo.
Erano passate ore da quando la festa era ufficialmente cominciata, dall'arrivo di Victoria in piazza, ma ancora nessuno dei presenti aveva lasciato i loro posti ai tavoli.
O meglio, l'avevano fatto: si erano alzati per danzare, per suonare, per giocare, per spostarsi da una sedia all'altra.
Nessuno, però, aveva ancora lasciato la piazza del Mercato per andare a dormire.
Le pietanze non erano ancora finite, così come i liquori, le cui bottiglie diverse continuavano a passare da mano a mano, tra tavoli e sedie.
Iris aveva perso il conto di quanti brindisi fossero stati fatti, e lei aveva alzato il suo bicchiere, colmo, a ognuno di essi.
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Déjà vu
RomanceIris Larson, delle sue origini, non sa niente. Salvata per miracolo da un naufragio, è approdata ancora in fasce in un tranquillo paese costiero del regno dei Monvisi, che non ci ha pensato due volte ad accoglierla e crescerla come fosse sempre stat...