Cap.13 - il coraggio di vivere

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Cornwall 1852
dieci anni dopo

-Guardatemi, miss Julie, come sto?- Emily sollevò i lembi della gonna e accennò a un passo di danza.
-Sei bellissima Emi- sorrise Jane. - Tua madre ha scelto un abito che ti valorizza molto.
-Sì, sono d' accordo con lei, miss Julie. Sono così emozionata per il mio debutto in società! Pensa che piacerò a qualche ragazzo?
Jane ridacchiò commossa. La sua allieva era cresciuta e, come la sorella, che aveva avuto la sua presentazione in società l'anno precedente, ora toccava alla più piccola.
Maybel aveva appena compiuto 19 anni ed era già fidanzata con un personaggio importante della nobiltà londinese. Non c'era da stupirsi poiché era molto graziosa e dopo il debutto aveva ricevuto molte proposte.
-Sì , cara Emily, penso che piacerai a molti ragazzi!
La ragazzina le stampò un bacio sulla guancia.
-Oh miss Julie! Deve venire a Londra! Voglio che sia presente al mio debutto!
Jane scosse il capo sorridendo e si toccò la guancia. Si era rifiutata di andare a Londra anche per la sua prima allieva. Si giustificava col rischio di incontrare il giudice Corbeld, ma era una mezza verità. Anche se a casa Dwyer ormai nessuno notava più la sua cicatrice, lei conduceva una vita molto ritirata per evitare gli sguardi di compassione e di orrore della gente. Usciva di rado e quando accadeva si vestiva nel modo più anonimo possibile, copriva i capelli biondi con una cuffietta e utilizzava il cerotto.
-Miss Julie! Ci siamo abituate noi alla sua cicatrice e lo faranno anche gli altri!- replicò Emily.
Jane sospirò. Sapeva che la ragazza aveva ragione: il problema era che lei non riusciva ancora ad accettare se stessa, ad accettare la pietà o il disgusto altrui. Eppure era urgente superarlo, il suo lavoro in quella brava famiglia era quasi finito: Maybel era prossima al matrimonio ed Emily era prossima al debutto in società.
L'ultima lettera di lady Hanna le dava qualche speranza di poter finalmente vivere senza paura: erano passati più di dieci anni, quasi undici e sembrava che il mostro avesse rinunciato per sempre a cercarla. La ferita e la caduta da cavallo lo avevano costretto a letto per oltre due anni, la guarigione e la riabilitazione erano state lunghe e faticose. Era rimasta al conte Corbeld una pronunciata zoppia che lo costringeva a utilizzare un bastone per camminare e nei periodi freddi lo obbligava a trascorrere tempi più o meno lunghi a letto con forti dolori.
Lady Evelyn entrò nella stanza senza far rumore mentre Jane era sovrappensiero. Emily corse verso la madre.
-Mamma!- esclamò -Dì a miss Julie di accompagnarmi al debutto! Perché deve sempre restare nascosta? è così carina!
La donna guardò la figlia con indulgenza.
-Emily, non posso obbligarla se non se la sente.
La ragazzina mise il broncio per un attimo, poi fece spallucce rassegnata.
-Miss Julie, c’è una bella sorpresa- annunciò lady Evelyn. -Hai una visita!
La vedova Fleming entrò nel salone al fianco del marito. Il viso di Jane si illuminò.
-Hanna!- gridò correndo incontro all’amica.
-Tesoro mio!- esclamò la donna aprendo le braccia. Jane vi si rifugiò.
-Perché hai tardato tanto?- domandò -Sono mesi che non vieni a trovarmi!
La vedova annuì.
-Hai ragione, cara- rispose. -Il lavoro di Michael ci ha tenuti a lungo lontani. Ma ti ho scritto tante lettere.
-Non è la stessa cosa!
-No, certo. Ma sapevo che eri in mezzo a persone che ti vogliono bene.
Lady Hanna le circondò le spalle col braccio e la condusse a sedersi sul divano.
-Cara Jane, ho saputo da Evelyn che stai per lasciare la loro famiglia.
La ragazza annuì.
-Sì, Hanna. Qui il mio compito è finito. Voglio trovare un altro lavoro.
-Capisco il tuo desiderio di indipendenza, mia cara, ma vorrei che prendessi in considerazione la proposta di venire ad abitare da noi. Ormai il pericolo sembra passato e comunque la nostra nuova casa è lontana da ogni possibilità di incontro con il tuo passato aguzzino. Michael inoltre sta continuando a raccogliere prove contro di lui e a breve potremo denunciarlo. Se tu te la senti, Jane.
La ragazza sprimacciò le labbra.
-Non lo so, Hanna.
-Immagino che tu abbia timore di rivederlo, però ragiona che adesso quell’uomo è un invalido.
-Secondo me un mostro come lui rimane un mostro anche da invalido.
-Allora verrai a vivere con noi?
Jane la fissò con evidente gratitudine. Desiderava accettare, sarebbe stato un sogno abitare con lei e Michael, l’avrebbero protetta per sempre. Ma questo significava continuare a nascondersi e lei voleva superare il suo handicap e soprattutto essere indipendente.
-Mi perdoni, Hanna, se dico di no alla tua proposta?
-Perché mia cara … che cosa ti trattiene? Sai che saresti come una figlia per noi. Io e Michael ti vogliamo molto bene.
-Oh Hanna! Stare con voi per me sarebbe la cosa più bella del mondo. Però voglio uscire dalla mia prigione, voglio trovare un altro lavoro come questo che mi gratifichi e che amo. So che non sarà facile con questa faccia, ma devo provare.
La vedova Fleming sospirò.
-Mi prometti che se avessi qualunque tipo di difficoltà verrai a cercarmi?
-Sì, Hanna, te lo prometto.
-Quando hai intenzione di partire?
-Dopo il debutto di Emily, fra una settimana. Sto tenendo d’occhio gli annunci nel giornale, ce ne sono alcuni interessanti. Cercano un’istitutrice per quattro bambini o per due. Ho scritto a tre indirizzi in tre luoghi diversi.
-Bene! Hai già ricevuto risposta?
-No, non ancora. Ho scritto due giorni fa, ci vuole tempo. Chissà forse domani arriverà la prima lettera.

🙆

Ecco che Jane è cresciuta, ha 27 anni ormai e vuole ricominciare a vivere. Gli incubi non sono finiti ma è persuasa che deve andare avanti. Sa che non si sposerà mai, ma vuole lavorare, perché ama il suo lavoro coi bambini.

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