73 - Spider

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Oscar stava correndo.

Disperato, non aveva idea di dove stesse andando e aveva perso da tempo il senso dell'orientamento.

Era solo, lontano dal resto del gruppo.

Non davvero solo.

Negli alberi che lo circondavano, nascosti, immersi, e minacciosi, si stavano muovendo tutti gli spiriti delle persone che erano morte a causa sua. Li vedeva, appena degli spiragli dietro i tronchi o tra le foglie. Li sentiva, le loro voci tonanti nella sua mente.

Era di nuovo in quella foresta, circondato da nemici.

La stessa ansia di allora stava animando il suo corpo, ordinandogli di non fermarsi. Non importava che stesse superando i limiti imposti dalla sua carne. Doveva correre. Correre il più lontano possibile, finché non avesse trovato un luogo da poter definire sicuro.

Un luogo che sapeva non esistere.

Il cadavere di uno dei suoi vecchi compagni apparve sulla sua strada. Oscar non fece in tempo a spostarsi di lato. Lo attraversò in pieno.

Liberò un urlo acuto.

Un fuoco interno e acido iniziò a ribollire dentro di lui, bruciando ogni muscolo che trovò sul suo cammino.

Oscar inciampò sui propri piedi.

Fece in tempo a mettere le mani davanti al volto, riuscendo a proteggersi in minima parte. Non fu abbastanza per addolcire la caduta.

Senza riuscire a fermarsi, si ritrovò a rotolare giù dal versante del monte.

Chiuse gli occhi, preferendo non guardare il susseguirsi incontrollato di terra e alberi. Mosse le mani all'infuori, cercando un appiglio a cui aggrapparsi pur di fermarsi.

La sua discesa si arrestò solamente quando il terreno divenne piano. Oscar si ritrovò a pancia in su, il fiato corto e spezzato, ogni parte del corpo addolorata.

Restò lì a lungo, in quelli che, almeno a lui, sembrarono lunghi minuti. Li passò a cercare di riprendere fiato, a controllare le palpitazioni e il dolore che stava provando.

Ma un soldato non può rimanere a terra a lungo. Un soldato sa che, quando è circondato dal pericolo, deve riprendersi in fretta e tornare pronto.

Oscar mise le mani sul suolo e fece forza, costringendosi ad alzarsi. Le gambe gli tremarono, minacciando di lasciarlo a terra. Usò tutta la sua energia per stare in piedi.

Appena la testa smise di girargli, cercò di capire dove si trovasse. Non poteva restare da solo, doveva trovare gli altri e recuperare Diana.

La vegetazione intorno a lui era sempre identica. Non importava quanto lui si spostasse, gli sembrava tutto uguale. Iniziò a temere che la foresta fosse stata creata apposta. Un luogo di perdizione.

Una selva plasmata in modo da spingere gli uomini a vagare per sempre.

Mosse passi incerti, che lo guidarono da qualche parte alla sua destra. Sperò che l'istinto lo stesse guidando verso i suoi compagni e Diana.

Gli furono concessi pochi metri.

Il fantasma di un altro suo compagno, Ben Miller, apparve davanti a lui, bloccandogli la strada. Aveva lo stesso aspetto dell'ultima volta in cui lo aveva visto: il volto ceruleo, un buco in mezzo alla fronte da cui colava ancora sangue, e gli occhi bianchi. Camminò verso Oscar, che fu costretto a indietreggiare.

Il senso di colpa si avvolse intorno al cuore di Oscar.

La notte prima di morire, Ben gli aveva confessato di non sentirsi al sicuro. Gli aveva detto di aver percepito qualcosa di strano nascondersi tra le fratte della foresta in cui si trovavano, ma Oscar lo aveva rassicurato, promettendogli che erano solo paranoie. Non si sarebbero mai avverate, gli aveva detto.

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