78 - Siva

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«Ti prego.» Diana era aggrappata alla sua maglietta e stava disperatamente cercando di riottenere i suoi occhi su di sé. «Mi accontento di qualche minuto. Dei secondi!»

Yoo, che si era portato una mano alla bocca, sembrava sul punto di vomitare. Scosse la testa, incapace di risponderle a parole. Siva si concentrò per sentire il pompare del suo sangue e capì di dover intervenire prima che il suo compagno svenisse. Nonostante non avesse idea del perché stesse avendo una reazione tanto esagerata (in verità, non aveva ancora capito cosa lei gli stesse chiedendo di fare), avanzò verso di loro.

«Diana» la chiamò, sforzandosi di apparire comprensivo e calmo. «Non dovremmo andarcene?»

Diana indugiò con le mani attaccate a Yoo ma, quando sembrò capire che lui non aveva alcuna intenzione di cedere e accontentarla, abbassò lo sguardo e lo lasciò andare. Si allontanò da lui con passi molli e un'espressione abbattuta.

«Sì» disse, tirandosi su il naso e al contempo passandosi una mano aggressiva sugli occhi bagnati.

Siva sentì il bisogno di abbracciarla, consolandola come avrebbe fatto con una delle sue sorelle minori.

«Andiamo» aggiunse, distogliendo lo sguardo e puntandolo sugli edifici lontani.

Yoo non la seguì subito. Rimase a osservarla con sguardo sospetto, non essendo stato convinto dal suo cambio di piani. Persino Siva sospettava che Diana non si fosse davvero arresa.

La ragazza, concentratasi sul suo nuovo obiettivo, ossia uscire dal santuario, non degnò nessuno di loro nemmeno di un'occhiata veloce, come se all'improvviso fossero diventati irrilevanti.

Siva la seguì da dietro, osservandola con un forte dolore nel petto, che lo stava pregando di avvolgerla tra le sue braccia e scaldarla come solo lui poteva fare. Deglutì con forza, costringendosi a scacciare quel desiderio dannoso.

Si limitò ad ascoltare il corpo della sua preda. Ogni parte di lei stava soffrendo, un dolore profondo emanato direttamente dal suo cuore frantumo da ferite del passato. Siva aveva imparato a riconoscere i traumi, quegli eventi antichi che ancora sapevano far soffrire le persone.

Avrebbe potuto cercare di alleviare il suo dolore, ma suo padre gli aveva sempre spiegato che era sbagliato. Sottrarre il dolore a una persona era un crimine terribile. Era come sottrarre una parte essenziale, che non poteva più essere ritrovata. E Siva non avrebbe mai fatto qualcosa di tanto orribile a Diana.

Ascoltò la sua sofferenza, riuscendo quasi a percepirla come propria. Forse era davvero così. Forse anche lui era in agonia.

Vedere la figura di suo padre, reale e identica all'ultima volta in cui lo aveva visto, aveva riaperto una ferita che sapeva non essersi ancora rimarginata. Non importava quanto tempo fosse passato, suo padre era morto e Siva non aveva fatto nulla per impedirlo, nonostante avrebbe potuto.

Portò lo sguardo al cielo azzurro sopra le loro teste, sussurrando, a voce bassissima e nella sua lingua natia, che non doveva più pensarci. Erano usciti dalla foresta, luogo lontano e ormai irraggiungibile che avrebbe continuato a contenere quelle anime di cui non dovevano più preoccuparsi.

Ammesso che si fosse trattato di fantasmi reali e non di mere illusioni. La Dea avrebbe potuto aver mentito, ingannandoli per ottenere ciò che voleva. Lo aveva già fatto in passato e avrebbe continuato a farlo finché non avesse raggiunto i suoi scopi meschini.

Tra la gente di Siva, la Dea era conosciuta per le sue doti illusorie. Siva stesso, da bambino, aveva sentito delle storie di povere creature rimaste ingannate da lei. Storie a cui aveva iniziato a credere solo dopo averla conosciuta.

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