dieci

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Scendemmo giù per andare a mangiare. L’odore di pasta al forno invadeva l’aria, e il brusio delle voci in cucina rendeva tutto più familiare.

«Ehi piccola stella, come va?» mi chiese DJ, con quel suo tono allegro e affettuoso.

Era solito chiamarmi così: piccola stella. In effetti, ero la più giovane tra Jayla, Jaden e Javon.

«Bene, e tu grande DJ?» risposi sfoderando un sorriso a trentadue denti.

«Bene grazie» rispose lui, restituendomi un sorriso altrettanto ampio.

«Tutti a tavola, è pronto!» sentimmo urlare Jess dalla cucina.

«Arriviamo!» rispondemmo tutti all’unisono, come se fossimo sincronizzati da una vita.

Durante il pranzo, mentre Jess distribuiva i piatti con la sua solita grazia, mi rivolse una domanda che mi fece brillare gli occhi.

«Come va a danza?»

Da sempre si interessava alla mia carriera, e il suo supporto mi aveva sempre fatto sentire importante.

«Molto bene, grazie» le risposi, sorridendo mentre afferravo il piatto che mi porgeva.

«Quando farai il prossimo spettacolo?» domandò ancora, sempre con lo stesso entusiasmo.

«Fra un mese» risposi, prendendo la bottiglia d’acqua. «Mi farebbe piacere se venissi.»

«Ci sarò sicuramente» annuì, felice del mio invito.

Una volta finito il pranzo, provai ad aiutare Jess con i piatti, ma come sempre, non c’era verso: non voleva nessuno tra i piedi. Così mi trascinai sul divano, dove già stava Javon, rilassato con le mani intrecciate dietro la testa.

«Nana» disse, catturando subito la mia attenzione.

«Ehi» risposi con una calma strana. Forse perché non avevo proprio voglia di discutere.

«Oggi devi andare a danza?» chiese, spostandosi per farmi posto.

«Sì, infatti stavo per uscire» dissi, alzandomi.

Mi afferrò per un braccio, bloccandomi.

«Che vuoi?» domandai seccata, quasi infastidita.

«Parlare» disse fissandomi negli occhi con intensità.

«Ora non ho tempo, devo andare a danza» risposi cercando una via d’uscita.

«Ti accompagno» affermò, deciso.

«Non pensarci proprio» replicai scuotendo la testa.

«Invece sì» ribatté, indossando una maglia e prendendo le chiavi della macchina.

«Sali» mi disse aprendo lo sportello del passeggero.

«No.»

«Sì.»

«No.»

«Sì.»

«No.»

«Sì.»

Dopo dieci minuti di tira e molla, stavo per fare tardi… quindi, controvoglia, salii.

«Sarà la prima e l’ultima volta» sbottai, acida.

«Nana, rilassati» disse ridendo. Sbuffai. E lui, di tutta risposta, continuò a sorridere. Che diamine rideva a fare?

«Devo passare prima da casa» dissi sbuffando. Mi dava fastidio chiederglielo, ma non avevo scelta.

«Va bene» rispose con tono tranquillo, lo sguardo fisso sulla strada.

Appena entrai in casa, trovai mio fratello con le braccia incrociate.

love each other againDove le storie prendono vita. Scoprilo ora