Arrivammo in palestra che era ormai abbastanza tardi. L’ambiente era silenzioso, deserto, immerso in quell’atmosfera sospesa che solo i luoghi abitati dai ricordi riescono a creare.
«Abbiamo tutta la palestra per noi» esordì Javon con un mezzo sorriso, varcando la soglia della porta.
«Sì, però adesso allenati. Io ti guardo da qui» risposi, andando a sedermi sulla solita panchina, quella in cui mi mettevo sempre prima che tutto tra noi cambiasse.
Lui appoggiò il telefono accanto a me e, senza volerlo, il mio sguardo finì sullo schermo. Aveva ancora come sfondo la nostra foto. Mi si strinse lo stomaco. Era una foto spontanea, scattata da DJ a tradimento durante una delle nostre giornate migliori. Sorrisi tra me e me. Le foto migliori, dopotutto, sono sempre quelle rubate.
«Ehi nana, cosa guardi?» mi chiese Javon, mentre si asciugava il sudore con l’asciugamano.
«Hai ancora questo sfondo?» domandai, alzando lo sguardo e incrociando il suo.
«Sì. Non l’ho mai tolto» rispose, avvicinandosi a me. Sorrise, notando la mia reazione sorpresa.
Rimasi qualche secondo in silenzio, poi, quasi senza volerlo, mi si piegarono le labbra in un piccolo sorriso.
«Hai sorriso per caso, nana?» mi chiese, puntandomi contro un dito in modo giocoso.
«Può darsi. Continua ad allenarti» risposi, cercando di nascondere l’imbarazzo e indicando gli attrezzi.
«Devo correre, mi puoi togliere i guantoni?» chiese con uno sguardo deciso, porgendomi le mani.
Mi alzai per aiutarlo. Appena gli sfilai i guantoni, lui sorrise e, quasi d’istinto, mi strinse i fianchi con una presa decisa, facendomi sussultare.
Si avvicinò all’orecchio e sussurrò: «Ti prego, perdonami. Non ce la faccio più.»
Sentivo il suo respiro caldo sul collo, e per un attimo tutto il resto sparì. Non risposi subito, forse perché in quel momento non avrei saputo controllare le emozioni.
Con voce turbata, cercai di rimettere ordine nel cuore e nella mente. «Vai a correre, sennò si fa tardi.»
Non potevo negarlo: le farfalle nello stomaco erano tornate. Era da tanto che non provavo quella sensazione.
Dopo circa mezz’ora, guardai l’ora. Erano le 18:30. Rafael sarebbe passato a prendermi alle 20:00.
«Jav, io devo andare a prepararmi» dissi alzandomi dalla panchina e poggiando i guantoni lì accanto.
«Nana, perché non resti con me questa sera?» chiese con tono dolce, quasi sperando di convincermi con la sola voce.
«No, ho promesso a Raf che sarei uscita con lui» risposi abbassando lo sguardo, sospirando.
Lui si avvicinò ancora una volta, guardandomi dritta negli occhi. Mi prese per i fianchi, ma non disse nulla.
«Jav, ci vediamo dopo» dissi io, rompendo quel silenzio denso.
Gli staccai delicatamente le mani da dosso. Vidi che rimase un po’ deluso, così lo abbracciai, cercando di alleggerire il momento.
«Dormi qui stanotte? Tanto mamma, papà e Daelo non ci sono» domandò, lasciando trapelare una tenue speranza.
«Dopo vediamo» risposi, lasciandolo con il dubbio.
Salii di sopra, nella camera di Jayla. Era lì che mi sarei preparata.
«Amo, dove vai?» mi chiese subito dopo avermi vista entrare.
«Raf mi ha chiesto di uscire… ma potresti prestarmi quel vestito di pelle che hai?» le chiesi, sedendomi accanto a lei sul letto.

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love each other again
FanfictionAnd I'ma love you girl The way you need Ain't no one gon' stop us He's what you want I'm what you need Baby, leave them high heel shoes 'Cause I love it when you're looking down at me I'm looking up at you FAN FICTION ITALIANA 🇮🇹 🥇#javonwannawalt...