1R - Animal Planet e Bear Grylls

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Melbourne è sempre stata casa; anche quando sono partita per il Regno Unito, o quando ho deciso di raggiungere Jordan a Brisbane, o ancora, quando ho cercato di capire cosa farne della mia vita. Baciata dal sole, la mia casa non mi ha mai delusa. Eppure, me ne sono sempre allontana, per un motivo o un altro.

Anche stavolta.

Mi volto per salutare mamma sulla soglia della porta d'ingresso mentre papà controlla che la piccola macchinina che mi hanno aiutata a comprare sia a posto. È una Fiat Panda di seconda mano, rossa. A me piace, mi sento persino un po' rappresentata, e ho deciso di chiamarla Cherry.

Papà mi stringe in un abbraccio caloroso, che ricambio all'istante. Nonostante i diversi ricordi d'infanzia, sono sempre stata la cocca di papà. L'amore che nutro nei confronti di queste persone che definisco famiglia è viscerale. Da quando, poi, si sono aggiunte Calista, Carly e persino Kinder, sono in estasi.

La prima volta che ho incontrato mia cognata ricordo di aver buttato giù la casa per quanto stridule fossero le mie urla. Ma era la mia scrittrice preferita e ce l'avevo nel soggiorno di casa. Che altro dovevo fare? Il legame che abbiamo costruito nel tempo è simile a quello con Jordan: Cali è diventata una sorella maggiore, sempre pronta a starmi accanto e ad ascoltare. E poi, tre anni addietro, lei e Jordan mi hanno fatto il dono più prezioso di tutta la mia intera vita: Carly Lana Baxter. La mia scimmietta. La mia luce. Per quella bambina mi butterei anche adesso per strada se me lo chiedesse. Carly è arrivata in un momento in cui era tutto ciò di cui avevo bisogno. È la nostra principessa, super viziata dai nonni e gli zii. Lunghe ciocche scure, occhi color cioccolato e già alta quanto una bambina di quasi sei anni. È una piccola Baxter in tutto e per tutto. Ma la cosa più divertente è vedere come riesce a piegare Jordan con un solo sguardo. Il brontolone muto e rissoso di qualche anno fa? Svanito nel nulla, specie quando Cali porta Carly alle partite.

Jordan è innamorato di sua moglie, ma sua figlia è... la sua seconda possibilità, il suo tutto. Ed è anche per questo che non potrò mai ringraziare abbastanza Calista e Carly. Hanno reso la vita di mio fratello degna di essere vissuta. Tutto quello che ha subito, ogni sofferenza, è stata ripagata. Le sue sono ferite che non si rimargineranno mai del tutto, però lui è stato bravo a seppellirle e costruirci sopra qualcosa di bello.

«Non sono ancora convinto che sia una buona idea, Rubs.» Sospira papà, passandosi una mano tra i capelli ingrigiti.

Gli sorrido. «Da qui sono poco più di quattro ore e mezza, pa'. Avresti preferito che partissi da Brisbane?»

Lui inorridisce. «Dio, no. Quasi tredici ore d'auto da sola? Con una presunta nevicata in arrivo? No, grazie.»

«Vi chiamo ogni due ore, okay? Così state tranquilli.»

«Con te? Bella battuta, tesoro.» Mi attira nuovamente a sé e mi piazza un bacio sulla fronte. «Avanti, parti adesso, almeno arriverai per le quattro. Hai tutto il necessario? Ci sono delle pile nel portaoggetti, torce, spray antinsetto, fiammiferi. C'è anche qualche ciocco di legna nel bagagliaio. Non si sa mai.»

Trattengo a stento una risata. «Papà. Davvero mi hai messo della legna nel bagagliaio?»

Annuisce solennemente. «Certo. Non guardo Animal Planet e Bear Grylls per niente, Rubs.»

Scuoto piano il capo, il petto scosso dalle risa, e prendo posto in macchina dopo averlo abbracciato ancora una volta. «Tieni a bada la mamma.»

«Sarà fatto. Ci sentiamo, tesoro. Sta' attenta.»

Parto, lasciandomi alle spalle la casa dove ho vissuto fino a diciotto anni. Sono ormai trascorsi tre anni da quel "ehi, mamma, papà, vado a Manchester con Ollie!". È durato più di quanto mi aspettassi, comunque. Due anni. Ho studiato, coltivato amicizie, sofferto pene d'amore e infine sono tornata in Australia, dove c'è sempre il sole. Sono un'amante della pioggia, certo, ma trascorrere ogni sacrosanto giorno sotto alle nuvole? Ho persino avuto bisogno di assumere vitamina D. Io. C'è mancato tanto così che non riuscissi nemmeno più a riconoscere com'era fatto il sole.

Rilascio un sospiro, stringo le mani sul volante e aumento il volume della playlist. Non devo pensare a nient'altro che questo momento. È tutto ciò di cui necessito.

Falls Creek è un resort che sorge nel Parco Nazionale Alpino delle Alpi Vittoriane, ma qualche anno fa la squadra ha acquistato un grande chalet in montagna, nei pressi del monte McKay, dove abbiamo sciato un paio di volte, per evadere dallo stress urbano. Attorno allo chalet ci sono ettari ed ettari di terreno, alberi e neve. È raro riuscire ad andare a sciare come si deve qui in Australia ma in alta stagione di solito un po' di neve cade. Abbastanza da aprire per qualche mese. L'inverno di quest'anno, però, è più rigido del solito. Il meteo parla persino di una probabile tormenta. Il rischio che accada? Praticamente pari a zero. Okay, forse uno? Due al massimo.

Succede ogni anno. Parlano di tormente, tempeste di neve... Peccato che poi fiocchi a malapena due ore in tre giorni.

Due ore dopo, ferma in autogrill, chiamo mamma e sbocconcello uno dei panini che mi ha preparato. Nel secondo zainetto che si è presa la briga di organizzare c'è solo cibo. Di solito lo chalet è abbastanza rifornito; un po' meno durante la stagione sportiva ma comunque il necessario per non morire di fame. E poi, ho quattro buste di spesa che sono andata a fare stamattina. Giunta a casa ho trovato mamma intenta a trafficare con uno zaino. Mi è bastato vedere tre tupperware per capire che, a quanto pare, stavo andando in guerra senza saperlo. Patatine, frutta, succhi, acqua, pasta, persino del pollo arrosto e delle verdure grigliate. Sul fondo ho persino intravisto delle prugne secche. A me nemmeno piacciono.

Raggiunto lo chalet, quasi tre ore dopo, mando un messaggio a papà e mollo il cellulare nella tasca del giubbino. Parcheggio nel garage e, con calma, inizio a scaricare la spesa dalla macchina. Una settimana, niente di più, nel bel mezzo del nulla a giugno inoltrato. Il freddo pungente, il camino, la cioccolata calda e... la pace. Il silenzio. Ho solo bisogno di estraniarmi da tutto e tutti per qualche giorno, capire come proseguire e quali strade prendere.

Con un sospiro, percorro le scale che mi portano al primo piano, dove si trova il grande open space che comprende salone e cucina. Dall'entrata secondaria, al mio fianco vi è un'altra porta che conduce al primo bagno, più piccolo. Poi, sulla sinistra si trova la cucina, divisa da un'isola, al centro, che la separa dal grande tavolo in legno poco distante. Sulla destra, invece, grandi divani a L che circondano il camino, sopra di esso un televisore a schermo piatto. Ma la parte mozzafiato, ciò che rende divino questo posto, è la vista. Le ampie vetrate circondano la struttura sia in questo piano che al superiore. La prima volta che mi sono svegliata qui e ho visto le cime innevate, gli alberi ricoperti di neve caduta nella notte, è stato magico. È parecchio isolato, pertanto non c'è il rischio che qualcuno possa avvicinarsi.

Sistemo la spesa al suo posto e poso gli avanzi in frigo. Poi raggiungo le scale, dirigendomi di sopra. Ho già detto che amo il legno? No? Be', è così.

Il piano superiore è composto da una palestra e cinque camere da letto. Non sono giganti, ma vanno benissimo per due persone. Ogni stanza ha un suo bagno personale in modo da garantire la privacy. Di solito prendo l'ultima a sinistra, da cui è possibile scorgere il monte McKay.

Ripongo gli indumenti che avevo sistemato nel piccolo trolley all'interno dell'armadio in legno e metto in carica il Kindle. Ieri sera l'ho scordato, ma adesso non ho tempo di leggere, urge fare una doccia ristoratrice e poi pensare alla cena. Più tardi, con un bel bicchiere di vino e il calduccio del camino, mi sistemerò sul divano e leggerò. Proprio un ottimo piano, uno che intendo rispettare a ogni costo.

𝐓𝐇𝐄 𝐅𝐔𝐋𝐋𝐁𝐀𝐂𝐊 𝐏𝐋𝐀𝐍 [𝐓𝐓𝐙'𝐬 𝐒𝐩𝐢𝐧𝐨𝐟𝐟]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora