13R - Dobbiamo provarci di più

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Quando mercoledì mattina arrivo allo stadio, non mi perdo in convenevoli. Fotografo l'ambiente come prima cosa; studierò bene il perimetro e l'area circostante, così da farmi un'idea su quale sia la postazione migliore per degli scatti ancora più professionali.

La squadra si sta allenando sotto il cielo nuvoloso, il coach impartisce ordini a destra e a manca mentre io mi aggiro furtiva.

I primi soggetti sono un gruppo da quattro intento ad allenarsi con una fascia elastica alle gambe. Incornicio le goccioline di sudore che imperlano le loro fronti, la fatica sul viso e lo sforzo sulle cosce marmoree. Successivamente, passo ad altri sei ragazzi, compreso mio fratello, che si esercitano in quella che viene definita la touche. Due giocatori ne sollevano un terzo che si occupa di afferrare l'ovale che si contendono con l'altra squadra dopo l'uscita laterale del pallone. Devo ammettere che è uno dei miei momenti preferiti; il modo in cui i muscoli si flettono, la potenza dei bicipiti mentre il giocatore viene sollevato e la sua altrettanta forza nel recuperare l'ovale prima dell'avversario. Ha un qualcosa di erotico. Ma forse è solo l'impressione di una lettrice di romance incallita che ha persino per cognata un'autrice famosa con cui spettegola sempre. Chissà.

Gli ultimi tre giocatori rimasti, ossia Rodrigo, Sun e Seamus, mi intercettano non appena mi avvicino. Mi salutano tutti con un cenno, che ricambio subito, e si mettono al lavoro. Questi aggeggi vengono chiamate slitte. A quanto pare, si tratta di vere e proprie piccole slitte con sopra pesi da diversi chili che devono trainare per una serie di metri. È un esercizio duro, ma pane per i miei denti. Fotografo diverse angolazioni, utilizzando entrambi gli obiettivi. Nonostante il cielo in procinto di temporale, la qualità della luce è ottima.

Quando il coach si porta il fischietto alle labbra, ogni giocatore si ferma sul posto e si volta a guardarlo. Nonno Spencer sorride e persino io so che quando accade è solo perché sta per torturare questi poveri ragazzi.

«In vista della partita di sabato, mi sembra corretto testare la vostra resistenza, per tanto...»

Un lamento generale si espande sul campo. Sanno tutti cosa sta per accadere, tranne la sottoscritta. Escludo un test anti-droga, ha parlato di resistenza, quindi esercizi in palestra forse?

«È l'ora del Bronco Test, signorine.»

«Cazzo» sibila Rodrigo a pochi passi da me.

«Che cos'è?» domando.

Sun mi sorride, gentile. «Una tortura. In sostanza è un esercizio che misura la capacità massima di resistenza e che ti fa correre per milleduecento metri.»

Spalanco gli occhi. «Be', caspita. Vuole proprio sfiancarvi.»

Seamus si passa una mano sul viso. «Preferirei fare duecento flessioni con peso che questo stupido esercizio.»

Rilascio una risatina e mollo la presa sulla macchina fotografica. «Parla per te, sono certa che mi godrò ogni momento. E poi, non vorrete mica sfigurare ai miei occhi, no? Buona fortuna... signorine

«Ehi!» Rodrigo si porta le mani sui fianchi mentre rido ancora una volta e mi accingo a raggiungere il coach.

«Ho appena chiamato "signorine" tre dei tuoi rugbisti, coach.» Lo affianco.

«Hai solo asserito la verità, tesoro» ribatte, lo sguardo sempre puntato sul campo mentre i rugbisti si posizionano.

Stringo le labbra per reprimere un'altra risata e riacciuffo la fotocamera. «Ti spiace si scatto da qui?»

«Affatto. È il tuo lavoro.»

«Bene. Spero che le mie orecchie vengano risparmiate.» Scherzo.

«Su quello non ci conterei ma ti farò recapitare un paio di tappi per quando mi starai troppo vicino, che ne dici?» Mi rifila un'occhiata prima di tornare sul campo. «Mia nipote di tre anni è più veloce a posizionare quelle navette, muovetevi!»

𝐓𝐇𝐄 𝐅𝐔𝐋𝐋𝐁𝐀𝐂𝐊 𝐏𝐋𝐀𝐍 [𝐓𝐓𝐙'𝐬 𝐒𝐩𝐢𝐧𝐨𝐟𝐟]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora