𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝟐𝟕: 𝑨𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒒𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒆̀ 𝒅𝒊𝒇𝒇𝒊𝒄𝒊𝒍𝒆

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"Amami quando meno lo merito, perché sarà quando più ne avrò bisogno."

-Catullo

Soundtrack: Hold You – Hanna Ferm, LIAMOO

«Che ne dici di mettere un bellissimo fiore su questo abito?»

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«Che ne dici di mettere un bellissimo fiore su questo abito?»

La domanda mi fa rabbrividire, e quasi stento a contenere un conato di vomito. Niente contro le decorazioni sopra i vestiti, ma mi ricordano di un periodo terribile della mia vita.
Inoltre, sono del parere che non serve arricchire gli abiti di accessori inutili per renderli belli. Spesso, è la linea a rendere il vestito indimenticabile, o il tessuto.

Candice mi fissa divertita, e conoscendola, so che è ironica, perché colgo all'istante il suo riferimento.

«Dio mio, no. Ho ancora gli incubi di notte a causa di quello stronzo» sbuffo, sistemando il prototipo di un mio modello sul manichino per studiarlo meglio.

«Me lo ricordo. Quando lavoravi per quel coglione eri sempre sull'orlo di una crisi di nervi».

Già, come dimenticarlo.

Tra i tanti ricordi aberranti del mio periodo in America, i sei mesi di tirocinio che ho fatto nell'azienda di uno dei brand emergenti di New York mi resteranno particolarmente impressi. Senza contare quanto mi riempisse di lavoro e di cose da fare, aveva un terribile gusto in fatto di moda, che consisteva più che altro nel copiare abiti di altra gente, e renderli più belli aggiungendo dei fiori o delle cinture in vita, senza alcun criterio creativo.

«Era un pallone gonfiato con l'ego alle stelle» brontolo, roteando gli occhi al cielo.

Grazie a Dio non dovrò più averci a che fare.

«Devi essere fiera della strada che hai fatto, adesso sei tu a tenere le redini, e non devi ringraziare nessuno».

Se ripenso al mio percorso, so che ho ottenuto tanto, eppure non mi sembra mai abbastanza. Sono la peggior giudice di me stessa, il che mi porta sempre a domandarmi se io stia facendo del mio meglio, o se i miei sforzi mi ripagheranno mai. Do il massimo, mi impegno, ci credo con tutto il cuore... però la paura mi frega. Mi tiene bloccata in una marea di paranoie che ancora sto combattendo.
La prima di queste è imparare a guardarmi allo specchio senza trovare difetti in me stessa o nel mio fisico. Nel guardare il cibo senza il pressante desiderio di cercare le calorie, di sentirmi in colpa nel mangiare un pelo in più di quanto mi conceda di solito o di stringere i miei vestiti nella speranza di entrare in una taglia minore della mia. Non è semplice, ma ci sto provando.

L'anno scorso avevo iniziato anche delle sedute dalla psicologa, e so che dovrei riprendere la terapia anche qui a Londra, solo che è difficile trovare il coraggio di ammettere di aver ancora bisogno di aiuto, e inoltre sono stata letteralmente sommersa dal lavoro.

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