𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝟑𝟕: 𝑹𝒊𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒕𝒆𝒍𝒐 𝒅𝒂 𝒎𝒆

723 63 34
                                    

"E qualsiasi angoscia che adesso sembra mortale, in confronto al perderti, non sembrerà uguale."

- William Shakespeare

Soundtrack: Big Girls Cry – Sia

Accade tutto troppo in fretta, e la scena si ripete continuamente davanti ai miei occhi come un fottuto film dell'orrore

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Accade tutto troppo in fretta, e la scena si ripete continuamente davanti ai miei occhi come un fottuto film dell'orrore.
Non ci sono stati avvertimenti, né segnali. La serata procedeva alla perfezione... e poi è collassato tutto da un momento all'altro.

Mi accorgo tardi dell'assenza di Davian al mio fianco.

Sento le sue urla.
Mi alzo di scatto dalla sedia, ma non basta.
Non riesco a proteggerlo. Non riesco a essere lì per lui.

Non dimenticherò mai la scena, vivrà nei miei incubi ogni notte.
Il momento in cui la mia felicità si infrange. Sparisce.
Neanche mi sono accorta di aver iniziato a urlare.

«Davian!»

Lo vedo cadere dalle scale, rotola fino a raggiungere terra, e io sto già correndo da lui, con le mani che tremano e l'ansia che mi rende impossibile respirare.
Ha spasmi continui alle gambe, il suo viso è distorto in una morsa di dolore, e non c'è niente che io possa fare.

Dalla testa esce un rivolo di sangue, e quando mi sporgo per afferrarlo, due braccia mi tirano indietro nonostante io mi opponga. Voglio andare da lui, fargli capire che sono lì.

Sono troppo confusa, troppo stordita, troppo stralunata per capire cosa sta accadendo. Attorno a noi si accalcano decine di persone che per lo meno hanno la decenza di non riprendere nulla.

Boccheggio, e le lacrime scendono senza vergogna sulle mie guance. Fisso l'agente di Davian che parla al telefono con un'ambulanza, e sono tentata di andare lì e strangolarlo con le mie stesse mani.

Cosa è successo? Stava parlando con lui.

Lui era qui fino a poco fa. Ha ballato con me, abbiamo scherzato, abbiamo festeggiato.

Perché adesso è lì? Perché non apre gli occhi? Perché non torna da me?

«Aiutatelo, vi prego! C'è un medico qui? Per favore, aiutatelo!» grido frasi sconnesse mentre cerco di raggiungerlo, ma lo sconosciuto mi tiene ferma.

«Signorina, si calmi. La cosa migliore è far spostare il ragazzo a un medico esperto, è meglio che lei non lo tocchi. Sta avendo un attacco».

Un attacco.
Un attacco di cosa?

Batto le palpebre, confusa, e cerco di nuovo di raggiungerlo, mettendomi in ginocchio vicino a lui, mentre un uomo che ha detto di essere un medico allontana da lui qualsiasi oggetto contundente, facendogli alzare la testa. Gli controlla il battito e annuisce, dando indicazioni ai presenti in sala.

Harder to ForgetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora