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Cari lettori, ho una domanda da porvi: cosa ne pensate del primo giorno del mese?
Ve lo chiedo perchè è cosa comune, al giorno d'oggi, detestare gli inizi. Molti odiano il lunedì, tanti odiano gennaio in quanto primo mese dell'anno. Il primo giorno del mese invece passa spesso inosservato... mi è sempre sembrata una differenza un po' particolare. Se si odiano gli inizi non li si dovrebbe ampliare a tutto? Questa circoscrizione mi dona non poca perplessità.
La realtà è che penso non si tratti dell'inizio in sé: presumo si tratti dell'ansia che ci attraversa nell'affacciarci all'ignoto. Quando non si sa in che direzione si sta andando, la sensazione di essersi persi è proprio lì dietro l'angolo a prenderti a braccetto... certo, a meno che tu non abbia una guida.
Beh, miei cari lettori: Nadia e Giusy si stavano avventurando in una strada buia e sconosciuta e non avevano una guida a cui appoggiarsi nè una bussola da seguire.

Nadia era sola, lontana da ogni rapporto che aveva costruito nel tempo, quasi come se la sua vita fosse svanita come fumo tra le dita. Giusy aveva solo l'appoggio di Elena ma per la prima volta dopo tanti anni, non le aveva raccontato le paure che stavano iniziando a turbare le sue giornate.

Erano sole, sole e in balia di un nuovo strano sentimento che gli era arrivato addosso come un'onda anomala e le aveva travolte. Sentimento, a dire il vero non si può definire cosa fosse quello che a quel tempo le legasse, era un inizio. Se fosse un inizio buono o cattivo lo scopriremo solo andando avanti.

Il giorno dopo a quel pericoloso avvicinamento tra le due, Nadia era chiusa nel suo ufficio domestico e fissava gli scaffali pieni di libri che iniziavano lentamente a cospargersi del primo strato di polvere. Presto avrebbe dovuto moderare un incontro sulla didattica universitaria per un'associazione di architetti. Il compito era deliare gli aspetti fondamentali dell'insegnamento con attenzione all'insegnamento scientifico in contrapposizione a quello umanistico. Per presto intendo meno di una settimana. E sul suo foglio Excel, in condivisione con il gruppo che avrebbe assistito al congresso come parte dei dialogatori, c'erano solo le seguenti parole: Congresso didattico - l'insegnamento letterario e scientifico: veramente due modi diversi di insegnare?

No, non c'era scritto altro.

Nadia aveva passato la notte in bianco a fissare lo schermo del computer e gli scaffali della stanza nella ricerca disperata di un'idea.
In realtà la nostra cara Orlandi non aveva problemi di idee, aveva più un problema di concentrazione. Ogni suo pensiero era rivolto agli avvenimenti del giorno prima.
La scena le si ripresentava nella mente come un film che non poteva smettere di guardare.
In piedi dinnanzi alla macchina, così vicine da poter sentire persino i loro cuori battere ma troppo orgogliose per un dialogo sincero, troppo testarde per ammettere che avrebbero solo bisogno di parlare e placare la loro sete di conoscenza l'una dell'altra.
Il ricordo del sospiro di Giusy nel cercare le parole mancate le aveva talmente riempito la mente che sentiva le tempie scoppiare.

"Non posso credere di essere stata così stupida, quando diavolo ho deciso di flirtare con la vicina di casa senza un ragionevole motivo?" mormorò Nadia tra sé e sé. Ma non era solo questione di stupidità, era il suo orgoglio. Orgoglio che non faceva altro che allontanate la verità di quello che le stava accadendo ma che ora sembrava solo alimentare il fuoco di quella passione. Incrociò le gambe sulla sedia girevole cercando una posizione più comoda, ma la sua mente tornava sempre a quell'istante vicino la macchina, a quando le sue labbra si erano posate sul collo candido e liscio della donna e le sue mani l'avevano sfiorata per un breve, eterno secondo.

Prima di impazzire decise di uscire per recarsi in palestra, doveva cercare di staccare i pensieri e versare tutte le ansie su qualcosa per cui si preparò velocemente e uscì di casa. Ai suoi occhi, se si fosse guardata allo specchio avrebbe visto nella sua immagine una persona confusa, io vi potrei dire che quel giorno sembrava un fantasma vagante per le vie del centro. La palestra distava circa dieci minuti a piedi da casa ma lei vi impiegò il doppio del tempo con la macchina dopo aver cambiato strada parecchie volte e cercato un parcheggio che non le costasse fatica con le manovre.

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