Lo scrittore Guido Rojetti, in uno dei suoi racconti, scriveva “il tempo è spesso puntuale nel farci capire molte cose in ritardo”.Miei gentilissimi lettori, vi ho riportato questa sua citazione per un motivo ben preciso: stiamo proseguendo questa storia un po' a singhiozzi e me ne rendo conto ma come vi ho più volte spiegato non conosco molti dettagli della stessa e a volte ometto situazioni e giorni di routine che non gioverebbero all’arricchimento di questo racconto. Non considero sensato annoiarvi con inutili parole se queste non c’entrano a pieno con la nostra storia, in realtà con la storia di Giusy e Nadia… sempre che storia possa chiamarsi.
Vi ho lasciati a quel venerdì sera al Redmoon, vi riprendo il martedì 19 marzo. Siamo nel pomeriggio e ci troviamo a casa di Nadia e come ogni martedì da qualche settimana, la nostra professoressa Orlandi è in compagnia di Beatrice per la loro solita lezione letteraria.
Prima di proseguire, so che vi starete chiedendo: ma cosa è successo dopo quella sera? Niente. Assolutamente nulla. Come potrete immaginare il carico di quella frase pronunciata dalla ragazza fu ancestrale: dopotutto chiunque di noi rimarrebbe pietrificato dinnanzi a un “comunque, io con te ci farei l’amore tutte le notti”: vi sfido a rimanere impassibili di fronte a una simile affermazione. Tanto più se c’è del sentimento nei confronti di chi pronuncia quella frase e abbiamo fatto capire fin troppo che tra le due si era creato un legame magnetico incontrollabile. In quei giorni entrambe pensarono molto, in quei giorni entrambe avevano avuto modo di sedersi sul divano o sulla poltrona con la testa tra le mani a cercare di non farsi esplodere la testa. In quei giorni, entrambe, avevano dovuto ammettere a loro stesse che tutto quello che stava succedendo andava bloccato prima di un violento patatrak per utilizzare un termine bufaliniano e ricongiungerci nuovamente con Nadia e Beatrice.
L’argomento delle due quel pomeriggio, infatti, era la connessione tra la vita e le opere che leggiamo e scriviamo con particolare attenzione alla vita e alle opere di un grande scrittore siciliano: Gesualdo Bufalino. Senza spoilerarvi troppo, sappiate che l’autore di cui parliamo e di cui Nadia raccontava a Bea, morì a causa di un incidente stradale, mentre, accompagnato da un amico, tornava dalla moglie. Ironia della sorte, nel suo ultimo romanzo uno dei protagonisti moriva nello stesso identico modo e sulla tomba dello stesso era stato iscritto hic situs, luce finita, ovvero: qui riposo, spento l'ultimo raggio. Ciò che più colpisce è il fatto che Bufalino morì prima ancora di poter vedere la sua opera pubblicata perché appunto morì prima che essa potesse vedere la luce editoriale. E ciò che colpisce ancor più è che Bufalino, nel suo testamento, aveva lasciato scritto che sulla sua tomba, che si trova nel cimitero di Comiso, fosse posto l'epitaffio latino hic situs, luce finita. È un caso? Una tale somiglianza tra la sua morte e quella di un protagonista del suo romanzo è stata veramente un caso o Bufalino l’aveva fatto apposta? Se così fosse questo presupporrebbe un suicidio. L’unica cosa che possiamo fare, però, è leggere le sue opere per cercare di capirne di più su di lui.
Spiegato questo, Beatrice intervenne nella discussione con una domanda e non poche perplessità:
– Ma qual è il senso di scrivere qualcosa per poi compiere un atto simile?
Nadia la guardò sorridendo:
– Beh, a volte gli scrittori hanno degli strani modi per cercare di farsi ricordare nel tempo.
– Modi macabri vorrai dire.
La giovane insegnante rise a quell'affermazione.
– Un po' hai ragione ma è qualcos'altro che sto cercando di spiegarti. Gli scrittori, i poeti, i cantanti e gli autori in generale, nella stragrande maggioranza dei casi riversano la loro vita su un foglio per darla al pubblico. Facendo così danno loro stessi, la loro stessa vita, nella ricerca di lanciare un messaggio e nella speranza di trovare qualcuno che in quel momento sta vivendo le sue stesse emozioni. Allo stesso modo, i lettori o gli ascoltatori, si ritrovano in quelle parole e ne fanno uso a loro piacimento: danno voce ai pensieri che a volte non saprebbero esprimere. È un ausilio al nostro modo di vivere.
– Però come dici tu, questo non succede sempre, come si fa a capire quando mentono e quando parlano di sè?
– Spesso questo importa poco: se ti rivedi in quelle parole non dovrebbe interessarti se è reale o meno. Però nello studio di qualcosa l'unico modo per capirlo è conoscere sia l'opera che l'autore.
Beatrice si fece un momento pensierosa.
– Quindi anche per la musica è lo stesso dici?
– Per rimanere nel nostro tema considera che Bufalino stesso, nella sua ultima opera scriveva "Ma io, se musica ha da essere, voglio che sia un massaggio serafico sulle cicatrici dell'anima". Per cui sì.
– Lo dici perché lo ha scritto lui o perché lo pensi tu?
– Considerazione perspicace. Ma lo dico perchè lo penso. Come ti ho spiegato, le parole degli scrittori possono essere un ausilio per esprimere qualcosa con parole che spiegano meglio di noi stessi i nostri pensieri.
Bea nuovamente acquisì un'espressione interdetta e Nadia non potè far altro che accorgersene.
– Cosa ti turba?
– Beh, mia madre è una cantautrice.
La nostra giovane insegnante fu percorsa da un lieve brivido al sentire quelle parole.
– Sì e cosa ti preme capire?
– Non so se hai visto i video che circolano sui social della sua ultima canzone. Lei ha effettivamente sempre parlato della sua vita nelle canzoni. Perlomeno questo è quello che dice. Ma se così fosse, dall'ultima, sembrerebbe che c'è qualcosa che non va nella sua vita sentimentale.
Nadia rimase in silenzio: come avrebbe potuto rispondere a quell'affermazione. Soprattutto alla luce di quanto stava accadendo... però rimanere in silenzio sarebbe sembrato strano per cui provò a sforzarsi.
– Ricorda sempre quello che abbiamo più volte detto oggi: a volte non è reale. Specie quanto gli autori si trovano in un blocco creativo ricorrono a parole che non sentono per portare qualcosa di nuovo al loro pubblico.
Stavolta fu Beatrice a rimanere per qualche istante in silenzio: dentro di lei si fece spazio un tumulto di pensieri. I suoi genitori... quando era stata l'ultima volta che li aveva visti scambiarsi un sorriso, un gesto di affetto? A parte quel giorno che li aveva visti scambiarsi quel bacio un po' forzato mentre si trovava proprio con Nadia, per il resto non riusciva a ricordare altro. Ultimamente, sembravano solo coabitare la stessa casa, passando uno accanto all'altro come estranei, senza mai veramente incontrarsi. Il silenzio tra di loro era assordante, e i piccoli gesti quotidiani, un caffè preparato al mattino, una domanda di cortesia su come fosse andata la giornata, sembravano diventati obblighi privi di calore.
Beatrice sentiva una fitta al cuore ogni volta che pensava a quanto le cose fossero cambiate. Cercava di non ammetterlo a se stessa, perché riconoscere che c'era una frattura significava affrontare una realtà dolorosa: la possibilità che l'amore tra i suoi genitori si stesse spegnendo. Era una verità che non sapeva come accettare, e ancor meno come gestire. Pensava alle poche storie che leggeva da quando la giovane insegnante le aveva fatto scoprire il mondo della lettura, quelle storie erano piene di emozioni intense e di conflitti risolti con gesti eroici o con sacrifici dolorosi. Ma nella vita reale, non c'erano eroi pronti a sistemare tutto. C'era solo quella sensazione di vuoto, di qualcosa che si spezza lentamente.
In quel momento, Nadia le chiese se fosse tutto a posto, interrompendo i suoi pensieri. Beatrice sollevò lo sguardo, cercando di afferrare il filo della conversazione. Si rese conto di quanto fosse difficile mantenere una facciata di normalità. Non poteva mostrare la sua afflizione a Nadia, secondo lei così estranea a tutto. Non voleva farle vedere il lato oscuro della sua vita, né voleva che la sua sofferenza diventasse evidente. Si sentiva come se avesse un ruolo da interpretare, quello della studentessa attenta e serena, e non voleva abbandonarlo. Non in quel momento.
Così, fece un respiro profondo, cacciando indietro i pensieri cupi e rispose affermativamente alla domanda di Nadia con un sorriso forzato, cercando di mascherare l'agitazione interiore. Beatrice sapeva che, almeno per ora, doveva continuare a nascondere quel tumulto di emozioni sotto una superficie calma. Le lezioni con Nadia erano uno dei pochi momenti in cui poteva allontanarsi dai suoi problemi, immergendosi in un mondo di parole e di idee. Ed era determinata a non rovinare anche quello.
Dopo un'ulteriore approfondimento su alcuni argomenti riguardanti i generi letterari Nadia chiuse con delicatezza il libro di letteratura italiana che stavano leggendo e sorrise a Beatrice. La giovane insegnante apprezzava molto il tempo che passava con la sua allieva. Beatrice era una ragazza brillante, con una curiosità vivace e una passione per la lettura che raramente si vedeva nei ragazzi della sua età anche se aveva cercato di tenerla segregata per troppo tempo. Si congedarono con la consueta cordialità, con Nadia che le diede qualche consiglio su come sviluppare meglio il tema che le aveva assegnato per la prossima volta.
– Grazie mille, Nadia! Scappo perchè devo vedermi con due amiche per una passeggiata. Ci vediamo giovedì.
Disse Beatrice raccogliendo le sue cose con una certa fretta.
–Di niente, Bea. Buon pomeriggio e divertiti con le amiche!
Rispose Nadia mentre accompagnava la ragazza alla porta.
Beatrice uscì rapidamente dall’appartamento di Nadia, attraversando il cortile e il cancemlo con la vivacità tipica della sua età. Appena raggiunse il portone di casa, l’adolescente si voltò verso la casa di Nadia come se avesse dimenticato qualcosa, ma subito dopo scrollò le spalle e decise di ignorare il pensiero, ormai era già in ritardo per l'appuntamento con le sue amiche.

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La voce della crisalide
RomanceRomanzo (L)GBT《In aggiornamento》 Nadia Orlandi e Giusy Ferrante. Un'insegnante e una cantante. Quindici anni di differenza. Nulla in comune. Avvertenze: temi forti. 1° #trailer (10/06/2024 - 06/08/2024 )