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Miei cari lettori. Come sempre inizio col sottoporvi a una domanda. Avete mai sentito i boati di un vulcano in eruzione?
In primis il vulcano si desta con un boato profondo come un ruggito che nasce dalle viscere della terra e come un gigante che si stiracchia, il suono si espande e cresce, un fragore che riempie l'aria di un'energia primordiale. Il rombo è come un tamburo battuto dalla mano invisibile del tempo, un richiamo antico che risuona nelle montagne e nei cuori.
Poi vi si aggiunge un sibilo sottile: il canto stridente dei gas che si liberano, un lamento penetrante che taglia l'aria come una lama affilata. In molti lo paragonano al soffio del drago addormentato quando è solo un sussurro di vapore e cenere che si espande nel vento, sollevando polvere e lapilli, e portando con sé il profumo acre di fuoco e terra bruciata.
Le esplosioni sorde, come colpi di un martello cosmico, scuotono la montagna, spezzando le rocce in una pioggia di schegge ardenti. È il crepitio di un fuoco che non si spegne mai, un eco di distruzione che si propaga come onde in uno stagno, colpendo la terra con una potenza travolgente.
La cenere inizia a cadere, un manto di grigio e nero che copre tutto, sussurrando storie di ere passate e futuri ancora da scrivere. Ogni granello, portato dal vento, racconta di eruzioni antiche, di catastrofi e rinascite, mentre scende silenziosamente, come neve in una notte d'inverno.
Sotto i piedi, il terreno vibra con un tremore costante, un battito pulsante che racconta la vita che scorre nelle vene della montagna. È una danza selvaggia, una sinfonia di movimenti impercettibili che si avvertono nell'anima, un richiamo alla fragilità umana di fronte all'indomabile forza della natura.
Chi ascolta, avvolto in questa sinfonia di suoni e sensazioni, si trova a contemplare il sublime. Il cuore batte più forte, preso dalla paura e dalla meraviglia. Ogni suono, ogni vibrazione è un ricordo della propria piccolezza di fronte a tale potenza. È un momento di soggezione, di timore reverenziale, in cui l'uomo diventa spettatore della grandiosità del creato, sentendo dentro di sé l'eco di questa eterna e indomabile canzone della Terra.
In questa tempesta di rumori e sensazioni, si rivela la bellezza selvaggia e cruda della natura, un richiamo alla sua inarrestabile energia. E, nel cuore di chi ascolta, nasce una nuova consapevolezza della forza e della delicatezza della vita, intrecciate in un inno perpetuo di creazione e distruzione.
Quanti poeti antichi ne parlarono e quanti ancora ne parlano... a partire dal De natura lucreziano sino alle odierne ricerche sui vulcani.
Ora... vi chiederete perché vi sto parlando dei sentimenti che si provano durante l'eruzione di un vulcano? Ebbene: erano un po' le sensazioni che s'insinuarono negli animi di Nadia e Giusy quel mercoledì sera quando la ragazza dagli occhi smeraldo bussò alla porta di casa Ferrante-Marinelli per la cena promessa. I colpetti alla porta sembrarono degli spari: dritti dritti al cuore della mora e come nelle sensazioni date dall'eruzione, il cuore le batte più forte.
Sicuramente vi starete anche chiedendo quanto diamine durerà questo loro "mordi e fuggi", soprattutto vista la presa di coscienza dei sentimenti che stavano in loro nascendo. Poco. State tranquilli su questo. Però non prendetelo come un evento sensazionale e unico che apre le porte all'amore e alla felicità. Il loro avvicinamento sarà il punto di rottura delle loro vite: il punto nel quale le loro vite cambieranno... e quando la vita cambia, non lo fa sempre in meglio.

Alle 21:00 in punto una felicissima Beatrice andò di corsa ad aprire la porta sotto gli sguardi dei genitori che stavano finendo di apparecchiare la tavola per la cena. Il portone si aprì sulla schiena di Nadia, vestita con un tailleur nero informale e delle semplici converse bianche. I capelli raccolti in una coda alta. Al sentire la porta aprirsi si voltò e la luce proveniente dall'interno le illuminò il viso mentre i suoi occhi si incontravano prima con quelli di Bea, alla quale sorrise e poi con quelli di Aldo che salutò con un cenno di capo. Infine con quelli di Giusy che sembrava guardarla pietrificata.
Il breve sguardo tra le due fu interrotto dalle parole di Beatrice che la invitò a entrare indicandole il palese punto in cui andarsi ad accomodare. Per rompere il ghiaccio, una volta abbastanza vicina al tavolo alzò l'elegante busta con la scritta Etilika che teneva in mano.
- Ho portato del vino, spero non siate astemi.
Le sembrò il caso di fare una piccola battuta per entrare subito in sintonia con la possibilità di una cena tranquilla.
Aldo rise e si avvicinò a lei prendendo la busta che la ragazza gli stava porgendo.
- Assolutamente no, grazie tante. Avremo modo di assaggiarlo in serata.
Poi appoggiò il pacchetto sul tavolo ed estrasse le due bottiglie di vino: la prima di vino bianco Château d'Yquem Sauternes e la seconda di vino rosso Cabernet Sauvignon di Inglenook. Al vedere quelle bottiglie negli occhi di Aldo si accese una scintilla:
- Vedo che sei un'intenditrice!
- Faccio quello che posso per esserlo.
L'uomo sorrise alla risposta e prese le due bottiglie.
- Corro a metterle in frigo, le prenderemo a tempo debito.
Detto ciò s'inoltrò verso la cucina e gli occhi di Nadia raggiunsero la figura di Giusy che aveva abbassato lo sguardo e continuava a finire di apparecchiare.
- Posso aiutare in qualche modo?
La ragazza cercò di stabilire almeno un minimo contatto.
- No, ho finito.
La risposta fu secca e priva di una qualsivoglia forma di interazione, tanto che persino Beatrice fu infastidita dal modo in cui furono dette quelle parole e si rivolse alla giovane insegnante.
- Per il momento possiamo metterci sul divano.
Dopo un'ultima occhiata alla figura di Giusy seguì la ragazzina sul divano ma una volta sedutasi non potè far altro che tornare con gli occhi sulla donna. Indossava un vestito nero con le cuciture rosse e dei tacchi non troppo alti. Nadia decise che era giunta l'ora di togliere la giacca del tailleur: un po' perché in quella casa i riscaldamenti erano accesi a palla e un po' perché, senza prenderci in giro, le era bastato scrutare quella figura per farle esplodere dentro un'ulteriore fonte di calore.
La donna si sentiva osservata e sapeva di esserlo per cui, nuovamente, fuggì da quella situazione raggiungendo il marito in cucina che era scomparso con le bottiglie di vino.
Fu il momento in cui Nadia potè ritorna in sé e tornare a guardare Beatrice che trovò con uno sguardo semi arrabbiato. Decise di indagare sul motivo di quell'espressione.
- Tutto bene?
- Sì.
- E con questa risposta ti sei aggiudicata la mia impossibilità nel crederti.
- Non ti da fastidio quando le persone ti rispondo male o senza interesse?
La ragazza capì subito a cosa si riferissero quelle parole e tentò a suo modo di mantenere cauta la situazione.
- Bisogna capirne i motivi e i momenti: non sempre le azioni che vediamo o subiamo si dimostrano in linea con le nostre convinzioni. A volte può anche trattarsi di fraintendimenti o disguidi.
- Disguidi un corno. Mia madre si comporta sempre così con tutti.
Beatrice era molto diretta e convinta quando doveva esternare un pensiero, per molti aspetti Nadia si rispecchiò in lei, dieci anni prima sarebbero potute essere l'una la fotocopia dell'altra. Col tempo però aveva imparato a contentenersi... perlomeno quando possibile.
- Penso che tu sia molto dura con lei.
- Il fatto è che quando sembra che ci stiamo riavvicinando lei fa sempre qualcosa per tornare indietro.
- Ora non ha fatto nulla.
- È il suo comportamento che mi infastidisce.
- Hai mai pensato di guardare oltre a quel che vedi?
Beatrice sembrò per un momento perplessa e Nadia tentò di venirle incontro con uno dei suoi soliti esempi.
- Conosci la storia dell'asino e della tigre?
A quel punto Bea spalancò gli occhi e d'istinto rispose di no con tono poco convinto e quasi confuso.
- Posso provare a raccontartela: è una sorta di piccola fiaba.
In risposta la ragazzina fece spallucce alludendo a una risposta affermativa.
- Un giorno, in un enorme prato, un asino e una tigre iniziarono a litigare duramente. L'asino affermava che l'erba fosse blu e la tigre che invece fosse verde. La discussione si accese talmente tanto che i due decisero di sottoporla ad arbitrato e per questo si accordarono davanti al leone, il re della foresta. Ancor prima di raggiungere la radura nella foresta, dove il leone era seduto sul suo trono, l'asino cominciò a gridare: "vostra Altezza, è vero che l'erba è blu?"
Secondo te, cosa rispose il leone?
Beatrice guardò la Orlandi con un certo sbigottimento, pensando che la risposta fosse ovvia.
- Beh, ovviamente no. Lo corresse dicendo che l'erba è verde.
Nadia sorrise e continuò la sua breve storia gettando un'occhiata all'indietro per assicurarsi che ancora nessuno stesse tornando.
- Invece no, il leone diede ragione all'asino che si affrettò e comunicandogli che la tigre non fosse d'accordo con lui e lo contraddicesse infastidendolo. Il re allora dichiarò la tigre sarebbe stata punita con cinque anni di silenzio. L'asino ovviamente saltellò felicemente e continuò il suo cammino nella convinzione che l'erba fosse blu. La tigre accettò la sua punizione, ma prima chiese al leone perchè lo avesse punito, dopotutto: l'erba è verde. Il leone allora fece cenno di essere d'accordo ma gli disse che non lo stava punendo a proposito del dibattito sul colore dell'erba. La punizione era dovuta al fatto che non è possibile per una creatura intelligente come la tigre non pensare a cosa avesse potuto portare l'asino a dire che l'erba fosse blu. I re gli confessò che la creatura era daltonica e la sua convinzione era giusta ma nessuno aveva cercato di capire cosa lo spingesse ad affermare simili menzogne. Il succo della storia è che entrambi avevano ragione perché per l'asino l'erba era veramente blu ma la tigre aveva peccato di poca empatia e immedesimazione.
- Ma in realtà io questa storia l'ho già sentita. Lo sto ricordando solo ora. Però se non ricordo male il leone aveva risposto che non era possibile per un animale così intelligente perdere tempo a discutere con un asino perchè la peggiore perdita di tempo è litigare con lo sciocco e il fanatico che non si preoccupa della verità o della realtà ma solo della vittoria delle sue convinzioni e illusioni.
Nadia fu contenta di quella risposta ma continuò imperterrita.
- È vero, la storia l'ho cambiata un po' da me. Volevo riportare un esempio che avesse un senso e l'ho manipolata a dovere per farti capire il senso di quello che intendevo dire. Nella storia originale il sunto è che quando l'ignoranza urla, l'intelligenza tace ma secondo il mio modesto parere una tale conclusione è troppo riduttiva per la nostta realtà. Nella mia versione invece voglio farti capire che la pace e la tranquillità valgono di più e soprattutto che si deve cercare sempre di guardare oltre a quello che i nostri occhi vedono.
Come al suo solito Beatrice rimase un po' perplessa dalla spiegazione della ragazza ma nuovamente promise che ci avrebbe riflettuto, giusto in tempo prima che Aldo è Giusy tornassero dalla cucina con i vassoi contenenti la cena.

La voce della crisalideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora