Capitolo 10

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Eppure... Eppure non accadde. 

Eleonora non si mosse dal banco su cui era seduta, con i capelli dietro le spalle e gli occhi semichiusi assaporava la musica. Un po' come avrei voluto fare io. 

Forse semplicemente non se n'era resa conto, o non mi aveva ascoltato, ma mi piaceva quell'atmosfera, così, seppur con un respiro profondo, appena terminò il brano ne feci partire un altro, sempre classico. 

Rimanemmo avvolti da quelle note, raccogliendo le cose e riponendole in varie scatole per gli oggetti smarriti. 

Lei con il solito sorrisino sulle labbra, probabilmente stava immaginando storie gli oggetti, mentre io ero incredibilmente sereno. 

Era la prima volta che ascoltavo la musica che di solito mi avvolgeva ogni volta che ne avevo bisogno, senza auricolari e per di più in presenza di qualcuno. 

Almeno per questo pomeriggio avrei potuto liberarmi di quella maschera soffocante. 

«Abbiamo lavorato di più noi in poco più di mezzo pomeriggio, che tutti gli altri ragazzi!» esclamò Eleonora rompendo quel silenzio fatto di note classiche, eppure non mi dispiacque. «Hai ragione. Il problema adesso sarà trovare i proprietari», «dobbiamo trovare i proprietari?!». «Certo, ma non hai ascoltato il discorso del preside?», «come facciamo?», «magari possiamo raccontare la storia dell'oggetto e vedere chi l'ha vissuta...» la presi in giro. 

«Dovevi dirmelo proprio a quest'ora che dovevamo trovare i proprietari?» corrucciò le sopracciglia e arrotolò le labbra in un broncio. «Perché Che ore sono?», «non ne ho idea» ammise lei, così frugai nei jeans e accesi lo schermo del telefono per mostrarle l'orario.

 «Accidenti è tardissimo!» trasalì Eleonora con lo sguardo fisso sui numerini illuminati. «Chiude il tuo negozio di caramelle?», «vedi che sei ossessionato?». «Dai per oggi dobbiamo fatto abbastanza, andiamo, altrimenti non fai in tempo a comprarti le caramelle e io non posso più rubatele» continuai a scherzare, anche se avevo già un'idea di dove dovesse andare.

Eleonora

«Ci perderemo di sicuro!», «non è vero, quanti Ares versione zombie pensi che ci saranno?», «sarà tutto buio, come farò a riconoscerti?», «deve essere buio!». 

Ero una ragazza a mattiniera, ma quelle chiacchiere confuse alle sette e mezza del mattino erano troppo anche per me. 

«Di cosa parlate?» mi intromisi, ricevendo un'occhiata scioccata da Valentina, «della festa di Halloween di domani!» disse come se fosse la cosa più ovvia al mondo e io mi resi conto solo in quel momento che fosse il 30 ottobre. 

«Io non ci sarò», «lo so, tranquilla» mormorò Valentina rivolgendomi uno sguardo comprensivo. Anche se non ero minimamente interessata, questa volta seguii il discorso con un po' più di attenzione, almeno adesso sapevo di cosa stessero parlando. 

«Immagino che tu ti riempirai di lucine per farti riconoscere tra gli altri» la stava stuzzicando Blake. «Io sarò una dottoressa pazza vestita di bianco e inoltre non verrò con tutte le mie compagne del corso di pittura» di quelle parole capii solo una cosa, l'abito della mia amica era spaventoso. 

In realtà Valentina mi aveva mostrato l'abito qualche giorno prima, un camicione bianco imbrattato di sangue con le tasche piene di siringhe, con la pelle cadaverica e i capelli spettinati avrebbe fatto davvero paura. 

«Tu ci sarai James?» quel nome mi strappò via dai miei pensieri, «dove?» lui si rivelò ancora più disinteressato di me, facendomi ridere. 

«Alla festa di Halloween» Valentina sbuffò, stanca di doverlo ripetere. «Ah. Certo che ci sarò» James sorrise, eppure mi sembrava un sorriso così diverso da quello che avevo visto ieri pomeriggio... 

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