Capitolo 25

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Quando arrivammo a casa mi sembrò di non vederla da mesi... 

Papà mi prese tra le sue braccia come faceva quando ero piccola, trasportando dipeso fino al divano mi sistemai in un angolino comodo con un cuscino rosa accanto, e non potei fare a meno di guardarmi intorno incantata. 

Quante volte in quelle settimane in ospedale avevo desiderato essere qui... 

Mamma portò dentro la sedia a rotelle mettendola vicino alla finestra, mentre papà si mise in cucina. 

«Hai già mangiato?», «no. Ho bevuto solo un tè questa mattina presto», «ottimo». 

Soddisfatto dalla mia risposta iniziò ad accendere i fornelli, mia sorella invece si mise accanto a me seduta a gambe incrociate con il telefono tra le mani e un'espressione corrucciata rivolta allo schermo. 

«Che succede?» sussurrai, insicura della sua risposta, in fondo era probabile che non volesse dirmi nulla. 

«E' Valentina» mormorò, attirando tutta la mia attenzione, 

«mi ha scritto che deve dirmi una cosa e sembra importante, ma è ostinata a dirmelo dal vivo e non in chat... e io sono curiosa», ridacchiai, potevo capirla. 

Se Sophie, la mia migliore amica, mi avesse detto così non avrei resistito dalla voglia di scoprire di cosa si trattasse. 

«Almeno sai di cosa si  tratta, più o meno?», «no. Stamattina ho solo trovato il suo messaggio. Credevo fosse perché non l'ho aiutata a riordinare ma mi ha detto che vuole controllare i miei occhi mentre me lo chiede», 

«ma cosa?», 

«appunto» scoppiò a ridere lei insieme a me, entrambe confuse da quella specie di indovinello.

«Un mistero» mormorai, «assolutamente sì. Però io sono curiosa», scossi la testa divertita, mentre i nostri genitori ci passavano davanti con i piatti caldi tra le mani, «a tavola!». 

Come pranzo di bentornata avevano preparato le polpette, il mio piatto preferito, e addirittura comprato dei cioccolatini. 

Un pranzetto perfetto, come quello dei film, quelli dove tuttala famiglia passava ore a tavola chiacchierando e ridendo. 

L'unica differenza era che io ero seduta sulla mia sedia a rotelle, era comoda e colorata, perciò l'avevo preferita ad una delle sedie della sala da pranzo. 

Dopo mangiato papà mi aveva portato nella mia camera dove avevo passato quasi mezz'ora ad ammirare tutto stesa sul letto, prima di iniziare a leggere, mia sorella intanto era nella sua stanza a fare i compiti perché a differenza mia, lei domani sarebbe andata a scuola. 

Io invece avrei iniziato direttamente dopo le vacanze di  Natale o anche più tardi. 

In realtà sarei riuscita ad iniziare le lezioni anche dalla settimana dopo, la scuola era fornita di una rampa e dopo il terremoto le classi erano tutte al piano terra, però la dottoressa sosteneva che dovessi riposare ed evitare addirittura di concentrarmi troppo per evitare di aumentare lo stress e gli attacchi di panico. 

Forse era meglio così, avevo più tempo per me, per leggere, per rimettermi piano piano in pari con lo studio. Ogni minuto in meno passato di nuovo in quelle classi era guadagnato. 

Magari avrei potuto imparare meglio ad usare la sedia a rotelle e perdermi in ogni chiazza di colore della parete... 

La mia stanza aveva tre pareti bianche, mentre l'ultima era a chiazze.

L'avevo voluta così qualche anno prima quando avevamo rito tutto riti tinteggiato, avevo scelto solo colori a pastello, aiutata da Eleonora, colori chiari, gli stessi che mia sorella indossava sulle felpe. 

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