Capitolo 18

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James

Ero già dentro la classe per iniziare la pulizia, Eleonora era in ritardo di un quarto d'ora quando la vidi entrare in silenzio, muta, ma i suoi gesti urlavano furia. 

Sbatté con forza il secchio a terra, prese il mocio tra le mani immergendolo velocemente, diede una passata alla piastrella accanto a lei, prima che io le bloccassi dolcemente i polsi, lasciando cadere il mocio a terra per obbligarla a guardarmi. 

Aveva le iridi di fuoco. 

«Che succede?», «il preside mi ha inviato una mail per dirmi che nel magazzino della scuola ci sono i vetri che ha procurato per sostituire quelli rotti della finestra, e che la chiave ce l'aveva il bidello. Doveva darcela mezz'ora fa perché adesso aveva un impegno. Ti ho chiamato per avvisarti» notai un lampo nel suo sguardo», «ma tu non hai risposto». 

Si liberò quasi con disperazione dalla mia stretta leggera e ricominciò a pulire il pavimento. 

Era così arrabbiata perché non avevamo fatto in tempo a ritirare la chiave per il magazzino? Non aveva senso... 

«E' successo qualcosa?», «no», «e allora perché sei così infuriata?», «perché non mi hai risposto».

Strinse gli occhi con forza e mi incatenò di nuovo con uno sguardo incandescente. «Perché non mi hai risposto?», mi appoggiai al muro alle mie spalle, lasciandole il tempo di riprendere fiato.

«Perché non mi hai risposto?» ripeté ancora, come un disco rotto, questa volta però il suo tono tradiva sofferenza, una sofferenza repressa ma infinita, le iridi lucide. 

Non capivo come quel fuoco fosse diventato acqua così velocemente. 

Non capivo cosa stesse pensando per stare così. Mi faceva male vederla così. 

Ero stato io? Quel pensiero mi provocò una stretta al petto.

 «Stavo finendo il panino, credo, avevo lasciato il telefono nello zaino nell'aula magna» alle mie parole lei sospirò scuotendo leggermente la testa come se si stesse maledicendo per qualcosa.

Con un altro sospiro si lasciò scivolare a terra, la schiena contro la parete. 

«Scusa» sussurrò flebile, «non ti piace quando le persone non rispondono al telefono?» chiesi incerto, incerto di dirle le cose sbagliate. «Già, lui non rispondeva mai».

«Chi?». Di cosa stava parlando? 

«Yuri» disse in un soffio rassegnato, la sua voce tremava, ma io continuavo a non capire. 

«Il mio...» attesi con lo sguardo fisso su di lei, «ex fidanzato». 

Sembrava che pronunciare quella parola le facesse male, non tanto però quanto la fitta che mi tolse il respiro. 

Non dovevano notarlo

Puntai gli occhi altrove perché anche se non mi stava guardando, non volevo che vedesse il fastidio che mi invadeva il volto. 

«Lui non ti rispondeva mai al telefono?» trovai la forza di chiedere, in fondo volevo sapere davvero perché stava così. 

«Neanche ai messaggi. Non gli interessavo io, non sono mai stata importante per lui. Non ha mai voluto stare davvero con me, lo faceva per incontrare mia sorella. Peccato che un giorno gli abbia beccati» sorrise amara e a me non poté fare a meno che stringere il cuore per lei. Le sue parole mostravano una sofferenza intrisa di quei ricordi. 

Era stata ferita dalle persone a cui lei più teneva

Voltò il viso dall'altra parte, ma con voce spezzata riprese a parlare. 

«Eravamo in camera mia a finire i compiti insieme, era stato Yuri a proporlo, ad un certo punto mi ha detto di aver sete ed è andato in cucina, io sono rimasta lì ad aspettarlo. Ho finito uno schema più velocemente del previsto e mi sono resa conto di aver fame, non avevo fatto merenda, così sono andata anch'io in cucina. Però quel luogo era già troppo affollato, quando sono arrivata e lui era già troppo impegnato con Noemi. È bastato un bacio a farmi crollare...»,

 «ti risponderò subito al telefono e anche i messaggi», «eh?» persa com'era nei ricordi non aveva nemmeno sentito le mie ultime parole. 

«Ti risponderò subito ai messaggi e alle chiamate te lo prometto. Non ti farò più aspettare Eleonora, hai il diritto di essere trattata con l'importanza che lui ti ha negato». Mi guardò con una luce negli occhi che non riuscivo a decifrare. 

«Non è necessario» ribatté, «davvero, è colpa mia se ogni volta che qualcuno non risponde mi faccio delle paranoie» lo ripeté come si ripete una cosa che hai già sentito un migliaio di volte nella propria testa. 

«No, è colpa di quel tizio che ti ha trattato solo con una pedina». 

«Sì, ma sono io che mi porto dietro questi ricordi come segni indelebili». 

Sfuggiva al mio sguardo da troppo tempo, volevo vedere i suoi occhi, così le presi il viso tra le mani nonostante le piccole scosse sulle dita. 

«Fiammina non serve un trauma o un evento catastrofico per segnarci, perché anche i comportamenti di tutti i giorni possono lasciare cicatrici. E quelle tornano sempre a far male»,

stavo parlando per lei, ma senza rendermene conto stavo pensando all'anno precedente. 

«Poeta improvvisato?», «già», non credevo sarei mai stato così felice di strappare un sorriso a qualcuno. Però Eleonora che rideva, con gli occhi ancora lucidi, l'espressione improvvisamente più serena e i capelli liberi che le coprivano le guance... Risi anch'io, con lei. 

«Per fortuna sono riuscito a farti tornare il buon umore, voglio che tu sia così anche domani, è un giorno troppo importante per avere il broncio», «non è così importante» borbottò, nascondendo un altro sorrisetto. 

«Certo, in effetti compie diciassette anni non è importante» la punzecchiai, «smettila scemo», «ma come, hai rinunciato al mio soprannome preferito?!», «certo che no Fenomeno» rispose con una linguaccia.

Spazio autrice

Questo per me, insieme ad altri che ancora devo pubblicare, è uno dei capitoli più importanti, e spero di essere riuscita a scriverlo bene. Rivedersi in Eleonora è particolare... 

Spero di leggere dei commenti e ringrazio per ogni stellina🤍🤍🤍

Non dimentichiamo che domani sarà il compleanno di Eleonora, chissà cosa succederà... 

A domani

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