Capitolo 14

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James

Stavo lottando contro la voglia di precipitare nel vuoto. 

Non sentivo nulla, oltre le loro voci. 

"«Ehi mi passi l'orologio? Mi è caduto sotto la tua sedia», «no, fermo! Non chiederlo a lui, te lo ruberebbe»" 

Nemmeno gli auricolari coprivano le risate che spesso aumentavano appena notavano che tipo di musica mi permetteva di sopravvivere. 

Mi ero impegnato tanto per essere perfetto perché solo così potevo evitare quelle sensazioni.

Erano mesi che mi ero allontanato dal là, fisicamente. 

Avevo ricominciato per mostrare agli altri ciò che volevano vedere, così che in realtà non vedessero nulla. 

Però era stato inutile perché ormai avevo tutto inciso dentro e adesso che c'era lei... 

In quel momento venni strappato via da un altro dannato flashback. 

ti fermi dopo neanche dieci giri! Io che credevo fossi allenato dalle fughe, con questo ritmo la polizia ti acchiappa» 

E anche se tenevo gli occhi bassi sul pavimento della palestra sentivo i loro sguardi addosso e mi facevano sentire così... sbagliato. 

Con la mente intrappolata in quei ricordi mantenni anche in questo momento lo sguardo basso, per evitare le iridi di Eleonora. 

Lei non era come loro, ma avevo il terrore di rivivere uno di quei rari istanti in cui sbirciavo gli occhi dei miei compagni e mi sentivo sporco e sbagliato. 

Lei, lei era lì e sarebbe ricominciato tutto, proprio adesso che credevo di essermi lasciato quei mesi alle spalle. 

Ero stato stupido anche solo a sperarlo perché non avrei potuto fingere per sempre. Non potevo evitare per sempre il momento in cui per gli altri sarei tornato ad essere sbagliato. Le bugie hanno le gambe corte...

 Dovevo tornare a casa, mettermi le cuffie e isolarmi dove nessuno poteva farmi sentire così. Spegnere il cervello, smettere di pensare. 

Sapevo cosa devo dovevo fare, avevo passato settimane intere così. Eppure avevo sperato che non dovessi farlo mai più. 

Certo, quella maschera, era difficile da sopportare ogni giorno ma era capitato che la togliessi e mi ero sentito libero e me stesso. Con Blake, Valentina ed... Eleonora. 

Lei era proprio lì a pochi centimetri da me che osservava il cielo azzurro macchiato di nuvole mentre con una mano teneva i tuffi lisci lontani dal viso. 

Amavo quel silenzio, quello che si creava solo con lei, quel silenzio tranquillo che ti avvolgeva facendoti sentire quasi... protetto.

Ma cosa stavo dicendo?

Probabilmente avevo le idee talmente confuse che non solo ero incapace di parlare e alzare gli occhi dal muretto, ma anche di ragionare. Dato però, che ormai avevo deciso che non stavo ragionando, decisi di fare una sciocchezza: Non tornare a casa ma rimanere a scuola per il progetto di ristrutturazione.

Aspettammo lì appoggiati al muretto che gli studenti uscissero e poi andammo nella solita stanza che oggi dovevamo pulire un po'. 

Iniziai spazzando, il pavimento era pieno di polvere, frammenti di intonaco e altre briciole varie, ma ovviamente non ero concentrato su quello. 

In realtà stavo cercando di non pensare a niente, il silenzio di quella stanza era lo stesso di quello della mia mente, finché la voce di Eleonora non vibrò tra le pareti spoglie. 

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