Capitolo 30

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«Andiamo?», «andiamo», 

 invece che uno soltanto ne facemmo addirittura tre di giri, il che per me fu una tortura perché ogni volta che lei mi stringeva temendo di cadere mi incendiava la pelle con mille scosse elettriche

Eppure eravamo sul ghiaccio

«Credo di essere pronta» mormorò ad un certo punto, 

«sì?», 

«sì» mi rispose a tono, la fiamma nella sua voce e nelle sue iridi però dicevano il contrario di ciò che comunicavano i suoi movimenti. 

«Tranquilla, ti sto dietro, non ti faccio cadere» la rassicurai, anche se si stava già muovendo in avanti incurante del tremolio che le scuoteva le spalle. 

Pattinando piano, arrivò fino al centro della pista, dove si girò verso di me rischiando di cadere, di nuovo. 

La presi in tempo dai fianchi e le scivolai incontro. Alzò il volto per far incontrare i nostri occhi ma a quel punto fui io a perdere l'equilibrio, trascinandola a terra con me. 

«Scusa Fenomeno non ho ancora capito come evitare che i pattini si muovano da soli» biascicò confusa, mentre tentava invano di rialzarsi. 

«Ti tengo ferma io, solleva il busto» riuscii a farla rimettere in piedi, però così facendo la collanina scappò dal giubbotto permettendo al sole di illuminare il ciondolo della fiamma.

L'aveva trovata. E la stava indossando. 

Per un attimo mi dimenticai di respirare e l'aria si fece bollente, «mi fai davvero impazzire» sospirai.

«Sono proprio curiosa Fenomeno, dove hai imparato a pattinare così?» mi chiese mentre iniziavamo un altro giro di pista, e sembrava sinceramente interessata. 

«Dove vivevo prima, nel parco davanti a casa mia ogni inverno installavano la pista di pattinaggio. Spesso facevano dei balletti di danza sul ghiaccio di sera. Mia madre li adorava, perciò ci andavamo ogni fine settimana, a me in realtà non interessavano molto però la musica classica di sottofondo era bella... Non so se sia nata lì la mia passione per quella musica», mi fermai vedendo la sorridere. 

«Tu invece come hai scoperto le sinfonie classiche?». 

«Allora, quando ero piccola ero molto vivace...», 

«sì» risi ricordando il momento in cui me lo aveva raccontato. 

«Noemi andava in piscina, ma io dicevo che avevo freddo nell'acqua così i miei genitori mi hanno iscritto a danza». 

«Non mi sarei mai immaginato una Fiammina danzatrice»,

 «nemmeno io» borbottò Eleonora, poi ricominciò il suoi racconto. 

«Durante la lezione di danza c'era la musica classica, ovviamente, e da lì ho iniziato ad ascoltarla anche mentre scrivevo perché mi permetteva di immergermi completamente in quel piccolo mondo che era solo mio e dove potevo essere totalmente me stessa». 

Le parole di Eleonora erano bellissime, perché erano vere, e mi fecero incuriosire ancora di più sul suo passato. 

«Quando hai smesso di danzare?», «qualche anno dopo. Non faceva decisamente per me. E iniziai a fare nuoto» ridacchiò, 

«in corso con me c'era anche Valentina, perciò non mi lamentai più di tanto, e poi potevo fare le gare di nuoto con mia sorella. Tu pattinavi da solo?».

«Nella pista con me c'erano decine di altri ragazzi, come adesso, però io non parlavo con nessuno, mi divertivo semplicemente scivolando da una parte all'altra leggero e libero come il vento», 

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