13. Un passo avanti

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Mi trascino lungo al bar dove sono solita prendergli la colazione ed ordino il suo caffè, questa volta però, prendo qualcosa anche per me.

Una coda d'aragosta alla crema chantilly, ne ho troppa voglia, di norma non faccio questo genere di consumi mentre lavoro, guardo la linea, non voglio nemmeno sfondarmi ma togliermi un semplice sfizio e dopo gli avvenimenti delle ultime giornate, ne sento un forte bisogno.

A casa dei miei amici non voglio fare colazione, mi limito a prendermi un caffè per non sporcare e per non sprecare dato che mi stanno dando asilo gratuitamente per darmi una mano a ripartire.
Ringrazio il ragazzo del bar che con molta premura mi incarta il tutto e guardo il suo viso, è giovane, inesperto, deve aver terminato la scuola da poco, ancora ha voglia di avere a che fare con la gente per cominciare con un sorriso di prima mattina.

Io è già tanto se saluto.
Torno allo studio e mi dirigo all'ufficio di Kyler, la porta è chiusa ma posso entrare siccome lui arriva sempre più tardi.
Appoggio una mano al pomello, la porta si spalanca rischiando di farmi cadere, è proprio Kyler ad avermi aperto.
«Oh... non pensavo arrivassi prima altrimenti mi sarei sbrigata con la colazione.» sono fredda come il ghiaccio, faccio l'offesa per una cosa che lui non dubita nemmeno, quanto sono brava a rovinarmi da sola la vita e l'umore.

«È stata una decisione dell'ultimo minuto, non aveva senso farti correre, sei in perfetto orario comunque, grazie.» è più freddo di me nella risposta.
Mi toglie la busta dalle mani e mi chiude la porta in faccia, «Nella busta ci sarebbe....» alzo il braccio pronta per bussare per avere la mia coda d'aragosta ma lascio perdere, è destino che io non debba sgarrare.

Prendo posto alla mia scrivania con i soliti crampi di fame allo stomaco e scrivo qualcosa, sistemo gli appuntamenti della sua giornata dopo l'avviso tramite messaggio di avere da fare almeno fino alle undici e ci posso anche credere siccome sta parlando con una ragazza da almeno un'ora.
Questo uomo cambia idea ogni secondo.

«Mi spiace, il signor Lewis la può ricevere dopo le quattordici...» ricevo la solita lamentala di clientela in ebollizione per l'ennesimo cambio di programma e saluto non ricevendo nulla in risposta che non sia la conversazione interrotta dal solito insulto con chiusura.
Appoggio il telefono alla scrivania e sospiro, che giornata!
Cos'avrà tanto da dirsi con quella ragazza poi!

«Oggi è così.» alzo lo sguardo convinta che sia di nuovo la signora Wanda, non sono pronta ai suoi sproloqui veritieri sul capo che oggi si sta improvvisando un fantasma.
Per fortuna non è lei ma la ragazza che è entrata prima nell'ufficio di Kyler.
Indossa un tailleur grigio ed una camicia bianca, i suoi occhi sono arrossati come se non dormisse da giorni, lo capisco da come sono piccoli che ha pianto.
Di cosa avranno parlato finora?
«Tutto bene...?» capisce dal tono che le sto chiedendo il nome, «Helen... arrivo adesso dal suo ufficio... due ore di chiacchiere per licenziarmi e spiegarmi la morale.» sgrano gli occhi.
«Oh cielo... mi dispiace Helen... per qualsiasi cosa se vuoi, sono qui.» annuisce, gli occhi gonfi dalle lacrime, non mi sembrava di averla mai vista dentro a questo studio prima di ora.

«Non preoccuparti... in fondo non riuscivo a stare al passo secondo alle sue parole... anche se fa comunque male...» già.
Non so cosa risponderle, ci sono passata e non va via così dal nulla e l'ansia di trovare un'altra mansione ti soffoca.
Io ho avuto fortuna, nella vita non si sa mai.
Accidenti... non riesco a trovare una semplice parola di conforto andando a ritroso nella mia testa.

La porta dell'ufficio di Kyler si apre, esce proprio lui con la sua espressione più truce.
Mi indica, muove l'indice destro, mi fa segno di alzarmi e di raggiungerlo nel suo ufficio, ignora la povera Helen in lacrime e lascia la scena.

Sospiro, tocca a me ora.
Mi alzo, appoggio una mano sulla spalla ad Helen per darle il conforto che a parole non sono stata in grado di darle ed entro nel suo ufficio chiudendomi la porta alle spalle.

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