10. Sulla strada verso casa

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Quando sono stata assunta per essere la segretaria di Kyler, pensavo di essere la classica segretaria annoiata che passa delle telefonate al proprio capo senza altro da fare oltre a qualche fotocopia.
Questo ragazzo invece vive costantemente fuori dal proprio ufficio lasciandomi tutte le responsabilità che il suo lavoro ne concerne, ovvero, prendere le noiose telefonate che devo slittare tra un giorno e l'altro, controllare le sue mail e rispondere ai fornitori come se fossi lui e non perdere tempo, fotocopiarmi i documenti, metterli in ordine e sperare di non sbagliare niente.

Oggi non è di certo differente.
Il telefono non fa altro che suonare ed io ho chattato tutta la mattina con il fornitore dell'ultimo ordine per chiudere la pratica.
In tutto questo, mi sono presa due storte correndo tra la mia scrivania ed il suo ufficio per prendere una conversazione lasciata in attesa da circa un'ora e la persona in questione sta cominciando a spazientirsi.

«Lo so di aver tergiversato in attesa di una risposta da parte del signor Lewis, purtroppo, fino a domani mattina, non è disponibile a questo incontro.» non ha risposto al mio messaggio dalle dieci di questa mattina, ecco perché ho perso tempo non avendomi lasciato alcuna nota.
Brontolii all'altro capo del telefono, credo, tra le righe, di essermi presa anche della donna incompetente.
«Mi scusi... domani sarà il primo che potrà ricevere.» al suo: "Spero bene!" attacca il telefono senza darmi possibilità di replica.
Sospiro e lo scrivo su carta insieme alla lista di tutti gli altri clienti balzati nella lista del: "poi domani."

«Dura la vita accanto a Kyler... eh?» mi volto, seduta dietro di me, c'è una donna che avrà sì e no cinquant'anni, i capelli biondi raccolti in un'elegante coda di cavallo che le arriva fino al bacino.
«Ora capisco come mai ci sono giorni che sta costantemente in riunione...» rispondo guardandola in viso, un sospiro lascia spazio al rammarico sulle sue labbra rosse, «Jonathan doveva usare molto più polso con lui... rimandare a domani gli servirà solo ad accavallare i suoi impegni... non prende le cose come dovrebbe... però che vogliamo dirgli?
Ha trentaquattro anni... è acerbo come capo, suo padre ha stima ma la verità è che la Cosmetics Corp gli sta portando via tutto il lavoro.» rimango in silenzio, è anche per causa mia se Roy aveva tanto successo e gliene portava via una fetta abbondante.

«L'agente che si occupa dei suoi prodotti chi è?» non mi pare di avere mai visto nessuno entrare nel suo ufficio per ragguagliarlo.
«Oh... non viene fino a qui, è lui che si occupa di andare a parlarci direttamente alla sede del padre.» mmh... non mi piace questa cosa, ed ecco perché in una settimana non l'ho mai visto insieme alla persona che dovrebbe condurre il mio lavoro, è troppo impegnato a seguirla per tutto New York per continuare i suoi oneri come capo.
«Nessuno ha mai provato a fargli ammenda di questa cosa?» «Sempre, è molto aperto alle conversazioni, lavora bene quando ci si mette ma sento che siamo parecchio a rilento rispetto ai tempi di Jonathan.» se non è suo padre a dirgli qualcosa, non vedo perché lei debba lamentarsi a tal punto.

Il mio cellulare interrompe il suo piagnisteo, è proprio lui.
«Sì?» «Lo so che non ti chiamo mai e ti ho lasciata nella merda con tutti stamattina, per questo ti chiedo scusa... ho fuso il motore... dovresti venire a prendermi.» sgrano gli occhi.
No!
Sono la sua segretaria, non la sua autista!

«Kyler... dove sei? Stai bene? Hai già avvertito qualcuno?» «Sono sulla costa, sto bene e sto avvertendo te Nosy, riesci a venire?» e come potrei?!
Non ho un auto.

«Se lascio l'ufficio, non ci sarebbe nemmeno più una segretaria a prendere una telefonata... e poi, anche con tutte le mie buone intenzioni... non ho un mezzo di trasporto con la quale recarmi sul posto.» rimango professionale sapendo che quella donna mi sta guardando e sta cercando di capire cosa possa essere successo.
«Entra nel mio ufficio, c'è una chiave di riserva nel primo cassetto a sinistra della scrivania, prendila, è della mia auto.» è destino, sto facendo di tutto per non salire su quell'auto, ora mi tocca guidarla.

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