4. Il colloquio

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La Beauty Farm Lewis&Son è il grattacielo più alto e sfarzoso di tutta la zona.
Dista poco dal mio vecchio luogo di lavoro ma il giro è differente, è un peccato a dire il vero, vorrei che qualcuno mi vedesse entrare... o forse no... oh!
Basta Raquel, sei qui perché devi rimettere insieme i pezzi della tua vita e smettere di essere la delusione di te stessa e dei tuoi genitori.

Mi avvicino al grattacielo guardando il tendone verde che accoglie probabilmente gli ospiti e mi dirigo alla porta.
Appoggio le mani alla maniglia in ferro e sospiro, ci sono.

Il palazzo all'interno è elegante, i pavimenti di marmo lucido, piante arredano perfettamente l'ambiente dando un tocco di colore, un tappeto rosso curato disegna dei piccoli percorsi.
Seguo quello che mi porta al banco della reception.
«Buongiorno... sono qui per il colloquio come segretaria del signor Lewis.» la donna, apparentemente sulla sessantina di anni, inforca un paio di occhiali da vista dalla montatura eccentrica che colora le tonalità del viola, sposta lo sguardo su un raccoglitore e comincia a far scorrere il dito su una lunga lista e dopo aver trovato ciò che cercava, mi mostra un largo sorriso cordiale, «Prenda pure l'ascensore numero sei, il piano è il cento quindici.» la ringrazio calorosamente e mi dirigo all'ascensore corretto, premo il tasto giusto e aspetto di arrivare a destinazione.

Questi palazzi più sono alti, più è snervante effettuare le discese o salite che siano, per fortuna arrivo al piano trovandomi dinnanzi una scena che non avrei pensato.
C'è una sala d'attesa immensa dove ci saranno sedute almeno trenta persone, tutte con in mano il proprio curriculum.

Non ricordo di aver mai visto questa fila per essere la segretaria di Roy Jacobs, il mio colloquio da lui si è svolto in una giornata tranquilla, su appuntamento e prima di me non c'era nessuno.

Prendo posto accanto ad una ragazza bionda che legge il suo curriculum e ripete delle nozioni a memoria come se stesse provando la parte di un film.
«Scusa se ti disturbo...» smette di parlare e si volta mostrandomi la sua espressione più innervosita che mi porta a sentire un lieve imbarazzo e palese indecisione se continuare a parlare o meno.
«Siete tutte qui per il posto come segretaria del signor Lewis?» chiedo interrompendo il suo fastidiosissimo rosario.
«Sì, siamo qui da stamattina... spero che tra poco tocchi a me, non sta seguendo un ordine preciso per chiamarci e l'ansia mi sta divorando!» dice con un filo di fiatone, sono senza parole se penso che potrei aspettare qui fino a stasera.

«Tutto questo polverone per essere la segretaria di qualcuno!?» mi fa strano crederlo.
Si tratta di prendere chiamate, fotocopiare documenti e portare dei caffè nell'ufficio del capo.
La bionda sgrana gli occhi, «Non di qualcuno, stiamo parlando di Kyler Lewis.» Kyler?!
Strano, eppure mi ricordavo un'altra cosa.

«Il capo non è Jonathan?» l'unico settantenne che ci ha dato e ci dava filo da torcere in campo di cosmesi.
«No... il signor Jonathan ha un'altra azienda sulla costa, questa è una filiale... chiamiamola così... la gestisce il figlio di trentaquattro anni.» annuisco e la cosa non mi tocca a differenza sua che sta letteralmente avvampando per il calore, posso immaginare che sia di bell'aspetto.
A me serve un lavoro e niente potrà distrarmi dal voler ricostruire i pezzi della mia.... la porta dell'ufficio si apre, una ragazza dai lunghi capelli neri, lisci come il velluto, esce a passo svelto, il volto completamente arrossato.
Dietro di lei, mani in tasca, pantaloni blu, camicia bianca dentro i medesimi, due bottoni aperti giusto da mostrare una rosa tatuata sul lato destro del suo collo, capelli biondo scuro pettinati indietro e tenuti in posa da qualche lacca, occhi grandi, verdi, espressivi allo stato puro, mimano l'intolleranza che sta provando in questo momento nel vedere tante ragazzine inesperte qui, pronte per divenire la propria segretaria.

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