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«Sono duecento euro» le sussurrò suo padre porgendole il palmo della mano vuoto.
«Che cazzo! Come pensi io abbia duecento euro?» grugnì Lily esasperata aprendo la tasca dei contanti.
«So che facendo la puttana guadagni molto di più, dovrei chiedertene mille...» gli sussurrò stronzo godendo della possibilità di poterla umiliare. Sapeva bene che Lily non avrebbe mai risposto male o reagito davanti alla sua amica. Non era la prima volta che la metteva in una situazione del genere e non sarebbe stata l'ultima, almeno così sperava.

Lilith stava per rispondergli di stare zitto, che non era vero, quando aprendo il portafoglio lo trovò completamente vuoto. Solo delle monetine da qualche centesimo e due euro lo appesantivano. Sbiancò sul posto. Non aveva soldi. Non aveva nemmeno dieci euro. L'uomo notò la sua espressione e si accigliò.
«Allora?!» ringhiò.
«Non ho niente. Ho due euro, cazzo!» sbottò ad alta voce, le strappò il portafoglio dalle mani aprendo tutte le tasche e ribaltandolo. Tutte le sue tessere caddero al suolo. Le monetine tintinnarono, schizzando come proiettili sul parquet.
«Dove cazzo sono i miei soldi!?» urlò fomentato dall'alcol e dalla rabbia.
Lily percepì la paura di Crystal dietro di sé, aprì le spalle mettendosi in mezzo tra loro. Conosceva le crisi isteriche di suo padre, il modo in cui esplodeva violentemente senza che nessuno potesse fermarlo.

«Devi darmi i MIEI soldi, hai capito puttana!?» urlò lanciando il portafoglio per terra davanti a sé a qualche passo da Cry, rabbioso prese a calpestare e calciare le sue tessere e monete per terra.
La rabbia era un'emozione che componeva le persone, almeno così aveva sempre creduto Lilithy, ma in quel momento no. In quel momento pensò che la rabbia fosse una divinità, che fossero le persone ad esserne possedute, a comporla. Si sentì come se un entità di odio puro la indossasse dalla testa ai piedi, come se uscisse dai suoi margini, sentì il proprio corpo tremare e sbriciolarsi sotto al peso di tanto odio.
Non aveva chiesto lei di nascere, tanto meno figlia di quel mostro.

«Finiscila!» i suoi occhi lo fissavano feroci. Fece un respiro profondo, stava tremando. La violenza palpitava in lei. Voleva prendere l'ombrello appoggiato lì vicino alla porta e voleva colpirlo, voleva spingergli la punta dell'ombrello dritta nell'occhio, voleva trapassargli la testa, voleva sentirlo urlare di dolore, terrorizzato. Voleva vederlo morto, voleva vederlo morto, voleva solo vederlo morto e la sua immaginazione lo vedeva, lo vedeva in loop. La stuzzicava brutalmente, prendendo il controllo dei suoi pensieri.

«STAI MENTENDO TROIA! SAPPIAMO BENISSIMO CHE NON ME LI DARAI. SONO TUTTE STRONZATE. LI STAI NASCONDENDO! DAMMI I MIEI CAZZO DI SOLDI» colpì violentemente la porta affianco a lei, facendola sbattere indietro. Il muro crepò perdendo gesso bianco.

Lily sentì solo il turbine del proprio caos interiore, avvicinò una mano verso la presa dell'ombrello.
Non le importava. Lo avrebbe fatto.

Crystal.

Si fermò prima di stringere la presa.
Si sentì improvvisamente disgustata e in colpa per i propri pensieri violenti. Erano terribili , erano repellenti, erano il frutto di tutta la violenza che aveva subito. Erano ciò che la rendevano simile a suo padre.
No, non voleva Crystal la vedesse così. Non poteva farsi vedere così. Non voleva spaventarla, non lo avrebbe sopportato. Aveva bisogno che lei la vedesse per la persona che poteva essere, non poteva rivelare la verità, non voleva essere quel mostro che era destinata a nascondere dentro di sé per l'eternità. Doveva resistere. Non voleva essere come proprio padre. Doveva mantenere il proprio segreto.

She Tastes So GoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora