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Quando la porta colpì il muro Crystal saltò in aria spaventata dalla violenza, dalla violenza di tutti quegli insulti gridati contro la sua amica.
Fino a quel momento era rimasta immobile, paralizzata dalla tensione palpabile, dal pericolo che annusava nell'aria, ma ora la scarica di adrenalina l'aveva colpita sul posto sbloccandola dal freeze.

Non si era mai trovata in una situazione del genere, nemmeno lontanamente simile. Il disagio si era trasformato in paura, la paura si era trasformata in urgenza, e l'urgenza stava bollendo dentro di lei un sentimento che non conosceva, che passava il tempo a sopprimere, a deglutire, a incidere sulla pelle pur di non dire ad alta voce.
Quell'uomo avrebbe fatto del male a Lilith, quell'uomo gliene aveva già fatto. E per un breve istante Crystal immaginò cosa potesse voler dire essere figlia di un essere del genere. Sentì come sua la violenza che Lily aveva dovuto subire e vivere dalla propria nascita. Ebbe un terribile presentimento che non volle rendere pensiero a parole.
E senza che potesse ingoiarlo, o sopprimerlo prima, la rabbia le diede la nausea e il voltastomaco.

Diede un'occhiata a Lily e rimase scioccata dalla sua calma, dalla sua sicurezza, dalle sua schiena dritta, fiera che le faceva da schermo, che non tremava davanti a quello spettacolo penoso, davanti a quel patetico uomo che si agitava urlando su tutte le furie come un bambino.
Il cuore le batté nel petto per la paura. Lo sapevano entrambe, lo potevano sentire. Lui l'avrebbe colpita. Che lo facesse prima o dopo di Lily, non importava, lui l'avrebbe colpita e un suo solo colpo sarebbe bastato per mandare Lilith a terra.
Crystal sbiancò iniziando a tremare. Doveva fare qualcosa. Doveva reagire, per una volta in vita sua doveva fare qualcosa, ma i suoi piedi si sciolsero sul parquet.

Sei debole. Sei inutile.

La aggredivano i suoi pensieri. Il suo respiro accelerò in crisi. Aveva passato tutta la propria vita a non reagire, aveva passato ogni giorno in silenzio a subire. Era vittima della propria codardia, vittima della proprio anima di cartapesta, vittima del proprio spirito di sopravvivenza, dei propri disturbi mentali, del proprio bisogno di tranquillità.
Era vittima di sé stessa, della propria terrificante paura di vivere, di rischiare, di farsi del male. Non era forte, non era forte abbastanza per tutto quello, e si odiava immensamente perché la sarebbe voluta essere, perché lo desiderava, perché ne aveva bisogno.

«DEVI DARMI I MIEI SOLDI»
«COME? SE NON NE HO!» sbraitó Lily urlandogli altrettanto forte in faccia.

Crystal fece un passo verso di lei d'istinto, le gambe pesanti la schiacciavano verso terra, il cuore le martellava in petto togliendole il respiro, lo stomaco contratto le stava facendo risalire la colazione e le tempie le bruciavano.

Farà del male a Lilith... le farà del male...
Cazzo! Cazzo! Crystal cazzo devi fare qualcosa!

Aveva passato tutta la propria vita così, ad odiarsi per quel devastante terribile senso di staticità, di gravità che la teneva bloccata, paralizzata sul proprio letto. Vuota e sola, ad assorbire qualsiasi ingiustizia senza mai tirare niente fuori, nemmeno una sola parola, nemmeno uno sguardo di sfida. Aveva il potere di essere così tanto, l'occasione di poter fare qualcosa, eppure non era mai abbastanza per avere la forza di fare quel passo in più. Perché? Perché non poteva essere più forte di così e fare qualcosa?

«SEI COME TUA MADRE, DEVI STARE AL TUO POSTO!» sbraitó l'uomo afferrando propria figlia per la canottiera e strattonandola a sé. Lilith si divincolò spingendolo, tentando in tutti i modi di liberarsi. Con tutta la propria forza gli tiró un colpo sull'orecchio con il palmo della mano aperta, come le avevano insegnato a difesa personale. L'uomo la lasciò, il colpo rimbombò nei suoi timpani facendolo appoggiare alla porta per non perdere l'equilibrio.

Qualche secondo di quiete inquietante eccheggió nello spazio tenendo tutti col fiato sospeso, paralizzati.
Lily non aveva mai colpito proprio padre.

«BRUTTA TROIA!»
Lo schiaffo colpì Lilith in piena faccia, lo sentì bruciare sulla carne e colpirla tanto forte da farle girare il volto, da farle sentire tutto il proprio corpo vibrare, da spingerla indietro e farle perdere l'equilibrio. Provò ad aggrapparsi a qualcosa invano sgambettando e precipitando all'indietro. Il pavimento le colpì dolorosamente la spina dorsale, la testa le ciondolò sul collo come se non fosse salda, in bocca il sapore del sangue.
Ciò che le fece più male però furono i propri occhi traditori, ripieni di lacrime e furono quelli di Crystal spaventati nei suoi.

Il filo che tendeva tutti i nervi di Crystal improvvisamente si ruppe liberandola dalle proprie catene. Noncurante di nulla si gettò a terra per controllare Lily. La aiutò ad alzare la schiena appoggiandola a sé e quando vide le lacrime nei suoi occhi e il sangue sul suo labbro spaccato allora qualcosa dentro di lei esplose,
facendo enorme baccano tra i suoi pensieri, nel silenzio glaciale di quella situazione.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma non di paura, di odio. Li puntó in quelli dell'uomo.

«Devi andartene»

She Tastes So GoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora