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Caro diario,
Tom mi ha chiamato poco fa.
Ha detto che starà via qualche giorno, andrà a New York per visitare gli alloggi e mettere apposto le ultime cose.
Ha tentato di convincermi ad andare con lui, ma gli ho detto che non stavo bene, che avevo la febbre e che non sarei nemmeno uscito per andare a scuola.
Ha detto che mi verrà a trovare stasera per salutarmi, ci rivedremo fra quattro giorni.
Non gli ho parlato di mia nonna, non gli ho detto cosa mi sta accadendo.
È così felice e pieno di vita, ci tengo a lui e non gli accollerò preoccupazioni.
Mi sento molto strano, come se stesse succedendo qualcosa dentro di me.
Mia nonna è stata operata d'urgenza, ha superato l'operazione, ma non sembra stare meglio.
Peggiora, ed è strano.
Quella donna mi ha cresciuto, ha creduto in me, mi ha insegnato ogni cosa.
Perderla non so cosa mi provocherebbe, e sembra preoccuparsene anche mia madre.
Ha ancora più paura adesso, teme che le mie sedute non finiranno mai.
Cerca di non farmi andare all'ospedale, e io nemmeno voglio poi tanto andarci.
Mi mette angoscia, una strana paura, ansia addosso.
Quasi era meglio non provare nulla.
L'unico reparto che mi piace è quello dei neonati.
Le poche volte che ci sono stato mi sono messo lì, a fissare il vetro, e a fissare i bambini.
Sono tutti così piccoli, con quelle dita che sembrano dei chicchi di riso.
E vedo i loro genitori sorridenti e orgogliosi.
E mi immagino già quei bambini, che vogliono diventare grandi in fretta, che inizieranno a ribellarsi, a litigare, magari qualcuno di loro si drogherà, scapperà di casa, e vorranno tornare piccoli, con le dita come chicchi di riso.
Che un ginocchio sbucciato è meglio di un cuore infranto, ma lo sapranno solo con il passare degli anni.

Gerard's diaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora