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"Non ti ho più visto a scuola."
"Ho avuto dei problemi."
"Raccontameli questi problemi."
Non mi sono chiesto del perché di quella conversazione, né perché, tutto ad un tratto, si stesse preoccupando per me.
Non ho pensato a nulla, mi sentivo libero di parlargli.
"Mia nonna sta male, l'hanno anche operata, ma non fa che peggiorare.Mi ha praticamente cresciuto e si stanno preoccupando per il trauma che potrei avere se morisse."
Mi ha guardato e si è tolto la sigaretta di bocca.
"E perché sei qui solo?"
Mi ha chiesto, sorpreso che attaccato a me non ci fosse Tom.
"Tom è a visitare la scuola a New York, lui si è già iscritto.Ci sto pensando anche io, vorrei partire, ma non so se ci riuscirò dopo quello che sta accadendo."
Ha spalancato gli occhi ma ha tentato di riprendersi subito.
Poi gli ho chiesto di Alex.
Dove fosse.
"Non so di preciso, sarà uscita con le sue amiche.Non fa altro che parlarmi di vestiti e di smalti."
Ho riso, perché già immaginavo la scena.
Ha riso leggermente anche lui, guardandomi.
"Si sistemerà tutto, vedrai."
Mi ha messo la sua piccola e sottile mano sulla guancia e mi ha sussurrato "non piangere."
Ha la capacità di tranquillizzarmi in un secondo.
Credevo di essere andato avanti, invece mi controlla ancora.
"Vuoi che ti accompagni a casa?"
"Se vuoi, cioè non sei obbligato..."
Si è alzato e mi ha guardato.
"Andiamo?"
Mi sono messo accanto a lui, con la coda dell'occhio ogni tanto l'ho guardato.
Fissava la strada con le mani nelle tasche della felpona.
Siamo stati in silenzio tutto il tempo.
Poi siamo arrivati davanti la porta di casa.
"Vuoi entrare?"
"Se non disturbo.."
Gli ho fatto cenno di entrare, siamo saliti qui, nella mia camera.
Mi ha chiesto dei disegni, dei dipinti, sembrava così interessato a me.
Ha iniziato a guardarli con attenzione, a chiedermi cosa raffigurassero.
Poi ha preso un disegno.
Gli avevo fatto un ritratto.
Ho pensato "sei nella merda Gerard."
"È bellissimo, chi è?"
Non si era riconosciuto, mi ha fatto sorridere per quanto fosse piccolo e ingenuo in quel momento.
"Sei tu."
Ha sorriso guardando il disegno.
"Sono proprio un figo."
Ha riso.
Oh, dovevi vederlo mentre rideva, ti saresti innamorato anche tu.
Quelle piccole rughe formatesi sul suo volto erano così dolci.
"Hai delle bellissime linee, mi piace disegnarti mentre stai facendo altre cose, sei naturale, e nella tua naturalezza sei meraviglioso."
Mi sono pentito di cosa ho detto nello stesso momento in cui le parole uscivano dalla mia bocca.
Mi ha guardato, mi ha guardato e mi ha sorriso.
Poi l'ho visto arrossire, facendo risaltare ancora di più il verde dei suoi occhi.
Era così bello che mi sono emozionato.
Ho staccato gli occhi, lo avrei baciato se lo avessi guardato ancora.
Ho sentito il suo sguardo su di me farsi più intenso, si stava avvicinando.
Mi ha preso il viso fra le mani.
"Perdonami, perdonami."
Ha poggiato la fronte contro la mia, mentre le guance gli venivano rigate dalle lacrime.
Aveva lo sguardo basso, e vedevo l'acqua solcargli le labbra.
"Sono così stupido, amore mio, così stupido."
Amore mio.
Lo ha detto sul serio.
Ho sentito un brivido, una vampata, il caldo, il freddo.
Poi si è annullato tutto.
La stanza è scomparsa.
Eravamo solo io e Frank.
Lui con le mani sulle mie guance, e le lacrime sulle labbra, con quella voce dolce e spezzata.
E io, li, immobile, tentando di non svenire per il carico di emozioni che stavo subendo.
Forse stavo per avere un infarto, ma sarei morto mille volte per sentirlo ancora dire quelle parole.
Ho sentito le sue dita accarezzarmi dolcemente.
"Alex non significa nulla, non è nulla.E so che con Tom è lo stesso.Non lo ami, dimmelo che non lo ami.Ti prego."
"Non lo amo."
"Dimmelo ancora."
"Non lo amo, Frank.Non lo amo."
"Dimmi che ami me, ti prego."
"Amo te, amo solo te."
"Perdonami, ti prego, perdonami.Non partire con lui, non andartene.Non lo ami, non partire."
"Resta." E come posso andarmene adesso.
Dopo quello che ha detto.
Che se la persona che ami incondizionatamente ti chiede di restare sei come in una gabbia invisibile, ma non cerchi di fare nulla per evadere.
Sei quasi felice di essere in quella gabbia, perché ti ci ha messo quella persona.
Ed è quel tipo di felicità che non tutti provano, perché a pochi si chiede di restare, perché pochi hanno il coraggio di chiederlo.
"Resto.
Resterò sempre."

Gerard's diaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora