Pagina 38 (dal diario di Frank)

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Caro Larry,
Non ho dormito, ho ripensato tutta la notte a Gerard, al suo dondolarsi, al suo gridare.
Avrà tenuto svegli i genitori tutta la notte, e loro ignari della tragedia che era il nostro amore, avranno cercato di calmarlo, di dirgli che sarei tornato.
Penso che il mondo debba sapere del nostro grande amore, del nostro amore tragico.
Penso che debba sapere della nostra lotta per stare insieme, penso che debba essere un esempio per tutte le persone.
Tutti dovrebbero sapere che la forza di un amore è più forte del destino.
O almeno, so che siamo più forti di esso.
Che quando sto con Gerard, il buio fa meno paura.
Già, il buio in due fa meno paura.
Che quando sono con lui, scopare tutto, scompaiono le preoccupazioni, le pestate, i dolori fisici, e quelli mentali li combattiamo insieme.
Che siamo in quella camera, e le nostre ombre iniziano a picchiarsi, come quel giorno, quel giorno del nostro primo bacio.
Le nostre anime iniziano a divorarci.
Ma cosa importa, non possiamo salvarci, allora abbiamo deciso di morire assieme.
E sono così felice, già, felice, felice di aver scelto lui, sono felice di lottare per lui, di farmi picchiare per lui.
E adesso lo so che si sente in colpa, che pensa che morirò per mano di quei bastardi, ma io sarò ancora qui, non smetterò di vivere, io devo stare con lui.
Voglio invecchiare con lui, voglio avere dei bambini.
Voglio chiedergli di sposarlo, finita la scuola.
E non mi importa se siamo giovani.

Frank bagnò quella pagina con una semplice lacrima, era lì, sul letto della sua vecchia stanza.
Era andato a trovare i suoi genitori, non li vedeva da tanto.
Avevano mantenuto la sua stanza tutta uguale, perché nonostante si fosse trasferito da ormai un anno, erano legati al loro bambino.
Ed era seduto lì, dove tutto era iniziato.
Aveva riletto quelle pagine tutto d'un fiato.
In un'ora? Forse due.
Non prendeva quei diari da troppo tempo.
Aveva vissuto in due ore un intero amore, aveva letto dei loro mesi tragici.
Un'anno si era trasferito, e un anno era passato.
Era passato da quel giorno, anzi, quella notte.
In cui voleva dire a Gerard che loro erano invincibili.
Voleva proprio gridarglielo in faccia, con un grande sorriso.
"Siamo invincibili, ce la faremo, e tu lo sai."
Voleva dirgli, e poi baciarlo, perché da quando Gerard era sceso nel baratro le loro labbra non si erano mai toccate.
Ed era corso ancora, erano le 2:40, cinque minuti prima di qualche sera passata.
E aveva corso, eccome se aveva corso, e intanto pensava già al loro matrimonio, voleva svegliare l'intero quartiere.
E aveva bussato, e il campanello faceva un rumore più bello, più armonioso.
E Donna Way non era rimasta sorpresa.
"Sposerò suo figlio."
Le aveva detto, lei aveva solo sorriso, forse ancora confusa dal sonno.
"È la cosa giusta."
E lo aveva ancora guardato con quella solita occhiata da "prenditi cura di lui."
Era corso su per le scale, e bussato alla porta più volte.
"Sono qui amore mio." Aveva gridato, e aveva pensato.
Ma non si era accorto che la porta era già aperta.
E forse era l'unico che doveva notarlo.
Perché era l'unico che doveva entrare nella sua prigione con lui.
Stranito, entro in quella stanza.
La finestra era aperta, lasciando che tutti i mobili fossero illuminati dal bianco di una luna brillante, troppo grande.
Quei pezzetti di vetro erano ancora sul pavimento, e su quel letto ancora sfatto c'era un diario, rilegato con un filo rosso, è accanto una lettera chiusa.
Dov'era Gerard?
Preoccupato inizio a guardarsi intorno, e lasciò per un attimo il pensiero di quella lettera chiuso da qualche parte, lui voleva Gerard, non un foglio di carta.
E corse alla finestra, a quella finestra che conosceva bene, da dove Gerard lo aspettava, immerso nell'oscurità, e aspettava solo lui, era la loro finestra.
Si affacciò, investito da quella luce lunare, si affacciò e fra il roseto riuscì a vedere i suoi capelli corvini, e le sue mani, che sembravano tenere una rosa rossa.
Sconvolto da quella visione, indietreggiò.
Era solo un pugno.
E lui stava solo raccogliendo una rosa.
E mentre si stava convincendo di questo corse giù, corse giù fra le lacrime.
In un attimo si ritrovò nel roseto, e guardò Gerard, disteso sull'erba, con la sua rosa.
Era steso a pancia in giù, e le mani bianche rese ancora più candide dalla luna,erano segnate di rosso.
Forse, prima dell'impatto era riuscito a stringere una rosa?
Forse, era il suo ultimo regalo?
Si inginocchiò fra l'erba è sporco i suoi jeans di terra.
Lo guardò.
Gli levò quella rosa dalle mani, e lo strinse a se, con gli occhi fissi su quel prato, non era sicuro di quello che stava accadendo.
Gerard non era morto, nella sua testa.
E lo stringeva, lo stringeva come sempre, e aveva intrecciato la mano con la sua.
"Ti ho detto solo che dovevo andare, sarei tornato, perché non mi hai aspettato?"
E dicendolo lo aveva guardato in viso, e i suoi occhi erano chiusi, proprio come se stesse dormendo.
"Perché non mi hai aspettato?"
Continuò a ripetere per un numero interminabile di volte, mentre le lacrime sgorgavano e quel corpo pesante non respirava più.
Gli accarezzò i capelli, i capelli più belli che aveva mai visto, si era ripetuto la prima volta, quando erano seduti vicini, in classe.
"Perché non mi hai aspettato?"
I suoi occhi verdi, quando li avrebbe più rivisti? Lui doveva aspettarlo.
"Perché non mi hai aspettato?"
Lui doveva baciarlo, l'ultima volta risaliva a quella sera, quella sera in cui avevano fatto l'amore, quella sera in cui con il corpo si erano detti addio.
Forse Gerard sapeva già, sapeva già come sarebbe andata a finire.
E il loro ultimo bacio voleva che fosse speciale, e quella sera era stata davvero speciale, forse le sue labbra doveva ricordarsele così.
"Perché non mi hai aspettato?"
Ma il fatto è che lo aveva aspettato per così tanto, così tanto che gli aveva consumato il cuore.
Era troppo fragile per il loro amore tragico?
Aveva poggiato la fronte contro la sua.
E si era abbandonato ad un lungo pianto, e sperava che quegli occhi si sarebbero aperti.
Si aspettava di sentirsi dire "non piangere, che ti si arrugginiscono le guance."
Ma sapeva che quel momento non sarebbe mai arrivato.
Lo prese in braccio e lo portò dentro.
I genitori, alla vista dei due rimasero con gli occhi spalancati.
"Non mi ha aspettato."
Gli aveva detto, guardandoli negli occhi.
Non si ricorda più niente di quella notte.
Forse preferisce dire di aver dimenticato, perché farebbe troppo male ricordare.
Una settimana dopo, si trovò nella buca delle lettere, il diario diario e il foglio.
E adesso li aveva tra le mani, e ormai i diari li aveva già letti, ma quella lettera, quella lettera non aveva mai avuto il coraggio di aprirla.
L'aveva messa in un cassetto, chiusa lì, ma mai dimenticata.
Ma forse era arrivato il momento, dopo un anno.
Sentiva il bisogno di sapere cosa aveva pensato, prima di fare quel gesto..tragico.
E aprì quella lettera ed era come aprire un'ultima volta i pensieri del suo grande amore.
Era arrivato il momento.

"Caro Frank,
Oh.. Non so davvero da dove iniziare, non scrivevo da così tanto.
Ti avevo scritto così tante cose, nella mia mente, e in quel diario, e adesso, mi sembra quasi una cosa sbagliata rivelartele, così, in queste circostanze.
Ti ho lasciato il mio diario, ti ho lasciato un pezzo di me, di noi, affinché tu non mi dimentichi.
È così strano che ti lascerò così.
Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere quella parte marcia, malata di me.
Mi dispiace che tu abbia dovuto vedermi vivere e morire, che tu ti sia legato ad una persona che sapevi dall'inizio che ti avrebbe fatto del male.
Lo sapevamo entrambi, come sarebbe finita.
Te lo ricordi quel giorno?
Quel primo giorno.
Ti avevo visto nel corridoio della scuola, i tuoi occhi sembravano pezzi di cielo, mi avevi rapito.
Avevo bisogno di perdermi ancora nei tuoi cieli, e il caso ha voluto che tu fossi accanto a me.
E ti ricordi quel giorno in bagno? Te lo ricordi?
Eri disperato, e i tuoi cieli erano diventati grigi.
E quel "non dire a nessuno che ho pianto." Mi risuonava in testa, eri così fragile, lo eravamo entrambi.
E te lo ricordi il nostro primo bacio?
Mi spingesti a quel muro, e mi stringevi il lembo della maglia, e intanto mi dicevi di odiarmi.
Ma forse le mie parole erano troppo dolci, tanto da farti dimenticare tutto.
E fra il sangue e il cemento, noi eravamo li, a baciarci.
E te lo ricordi il nostro ultimo addio?
Che addio non è mai stato, perché noi nei discorsi seri non siamo mai stati bravi, e gli addii sono discorsi seri.
Avevamo preferito dircelo a gesti, le tue dita sulla mia schiena, le nocche viola, il tuo petto, il mio petto.
E le lacrime versate, e i tuoi cieli in tempesta.
Ed era stato un momento, magico.
Lo hai sentito anche tu vero?
Lo hai sentito che io ti avrei aspettato per sempre?
E l'ho fatto davvero, e continuerò a farlo.
Lo sai, vero?
Solo, lo farò in un altro modo.
Aspetterò che tu ritorni felice, che ti rifai una vita, che trovi qualcuno, qualcuno meno tragico.
Perché un ragazzo triste con un altro ragazzo triste non può fare una storia d'amore.
Può essere solo triste, tragica.
Aspetterò fino alla fine la tua felicità, e tranquillo, l'avvertirò.
Quando ho capito che quei bastardi avevano abusato di te, mi sono reso conto che la tua vita andava a rotoli per colpa mia, che se continuavo ad esserci avremmo continuato a ricorrerci senza mai arrivare.
E ti prego, adesso non darti colpe inutili, io l'ho fatto per noi.
Sono stati i mesi più intensi della mia vita.
Devi essere felice, lo sai?
Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, ecco tutto.
E tu sei stato in grado di farmi uscire da quello stato di pura esistenza, e portarmi alla vita.
Per un momento, ho pensato che saremmo stati invincibili.
E stavo davvero basando tutta la mia vita su di te, lo sai?
Perché tu per me eri la misura di tutte le cose.
Eri il profumo di ogni fiore, eri il colore di ogni mio dipinto.
Oh Frank.. Eri tutto, sei tutto.
E continuerai ad essere tutto per qualcun altro, lo so, lo sai.
La nostra relazione era un dolore troppo grande, da dover essere spezzato.
E adesso che è spezzato, guarisci i tuoi dolori, e sorridi.
Sorridi amore mio, che lo sai cosa succede alle tue guance se piangi."

E chiuse la lettera fra le mani, e sorrise fra le lacrime.
E con un sorriso disse

"Sapevo di sbagliarmi, mi aveva aspettato."

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