Capitolo 3

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«Buongiorno», dico entrando in cucina. Stamattina sono di buon umore, stranamente, ho già finito di prepararmi e sono ancora le sette e mezza.

Ah, l'amor, l'amor.

Tu sei malata, fatti curare. Che amore e amore!

«'giorno», dice mio padre seduto su una sedia vicino al tavolo mentre beve a sorsi il suo caffè.

Apatico, un sorriso no?

Adesso capisco da chi hai preso.

Ma se io sono un angelo!

Con le corna.

Senti, stai un po' zitta.

Solo perché dico la verità?

No, solo perché esisti.

Beh, in realtà non esisto concretamente, sono semplicemente il riflesso del tuo pensiero, quello più vero.

Bla bla bla...tutte stronzate.

Mio padre è un uomo molto autoritario e soprattutto possessivo; non abbiamo un rapporto molto unito, almeno ora, prima non era così: passavamo ogni pomeriggio insieme, era l'unica persona che mi faceva sentire protetta per davvero. Lui è un avvocato, qui a Brooklyn uno dei più importanti. Mi ha sempre crescita nell'ovatta, non mi è mai mancato niente. In terza elementare, quando avevo otto anni, lui stava passando un periodo fiacco, senza soldi, senza amore, senza niente... Così il suo carattere cambiò ed io non riuscivo più a riconoscerlo. Poi, dopo aver superato questa brutta fase buia, ha iniziato a impormi regole di ogni genere e man mano che cresco esse lo fanno con me.

«Vai a svegliare Nick, oggi inizia la scuola anche per lui», dice mio padre con un tono scostante. Alcune volte penso che odi noi che siamo la sua famiglia, non cerca di capirci e non si sforza di passare mai del tempo in nostra compagnia, anzi, la maggior parte delle volte è fuori per "lavoro".

«Okay», rispondo seccata. Odio che le persone mi dicano cosa fare, ma non ho intenzione di tirare fuori la belva che è in lui.

Mi reco in camera di Nick e naturalmente, data la sua pigrizia, dorme ancora. In questo momento lo invidio incredibilmente, anche io vorrei trovarmi nel mio bel lettuccio caldo e accogliente. Non capisco proprio perché mi sveglio così presto.

«Ehi, svegliati... », gli tolgo le coperte e inizio con il solletico.

Lancia un gemito e spalanca gli occhi, pronto ad attaccare il suo stupratore, ossia io.

«Non potevi lasciarmi dormire ancora un po'?», dice dopo aver sbadigliato.

«Il capo ha detto che ti dovevo venire a svegliare», dico con un tono scherzoso.

Si avvicina e mi da un bacio sulla fronte. Nick mi ama più di quanto ami se stesso, è uno di quei fratelli su cui puoi contare sempre, uno di quelli non così diffusi.

Si, tu invece sei una rozza antipatica e scorbutica sorella, pronta a mettere sempre i puntini sulle i, anche quando non ce ne vogliono.

«Questo fine settimana vado a trovare Jessie», dice dopo essersi stiracchiato.

Jessie è nostra sorella maggiore è molto diversa da noi: occhi marroni e capelli rossi, alcune volte penso che possa essere stata adottata. Si è trasferita a Chicago prima dell'estate. Per me è una seconda mamma, è sempre stata presente durante ogni fase della mia vita, pronta ad aiutarmi. Mi manca molto.

«Voglio venire con te».

«Sei troppo piccola e poi ho già comprato il biglietto aereo. Quindi niente da fare».

BEYOND- #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora