Capitolo 6

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<<Scusa, non dovevo>> dice Zac facendo un passo all'indietro timoroso della mia futura reazione.

<<LO SO. Ma cosa ti prende? Non hai nessun diritto di piombare in casa mia dopo quello che mi ha fatto passare l'anno scorso e per giunta tenti di baciarmi! Vattene immediatamente!>> grido sbattendogli la porta in faccia. Subito dopo prego che mio padre non mi abbia sentito, gli dà fa studio che io urli, non posso permettermi una cosa del genere, non posso permettermi di sgarrare, devo sempre comportarmi in modo garbato e gentile. Cercando di farmi essere in questo modo non ha fatto altro che ottenere il risultato opposto.

Abbassando la guardia dò la  buonanotte a tutti e vado in camera mia.

Nick ormai è sveglio, ha ancora gli occhi assonnati. Mi saluta con un bacio ed esce dalla stanza lasciandomi spazio nel letto.

Sono così stanca, oggi è andato tutto male; vorrei rivedere David... anche solo per urlargli in faccia che è uno stronzo.
Ho bisogno di sentire la sua voce. Anche se non si merita un bel niente, non doveva baciarsi quella ragazza, mi sento tradita, anche se non ne ho il diritto. Infondo può fare quello che vuole, non stiamo insieme e la vita è sua. Sono consapevole di aver sbagliato anch'io, ma in quel momento non ero in me, non me la sentirei mai da sobria di baciare un ragazzo solo per ripicca. DEVO TORNARE IN ME, NON POSSO AFFEZIONARMI AL PRIMO CHE PASSA.

*****

<<Katy, è tardi, sono già le sette meno venti, svegliati su!>> mi "sussurra" con la delicatezza di un elefante mamma all'orecchio.

<<Oggi non vado a scuola, mamma, lasciami dormire>> dico prendendo il cuscino alla mia destra, per poi poggiarlo sul viso.

<<Fai come vuoi, ora vado a lavoro. Ti lascio una lista in cucina, compra quello che c'è scritto. I soldi li appoggio sul tavolo>> esce dalla stanza e riprendo a dormire. Sinceramente non me la sento di tornare a scuola dopo quello che è successo al mio povero nonnino, scoppierei a piangere con poco o niente e non ho voglia di mostrare la mia fragilità a nessuno.

*****
<<Nonno! Nonno>> continuavo ad urlare cercandolo invano. La camminata si era verificata più lunga di quanto credevo sarebbe stata, non mi ci volle molto a capire dove si fosse nascosto. Attraversando la navata mi guardai intorno ed era tutto deserto, la vera pace dei sensi. Quando i miei piedi attrezzati di scarpe arrivarono a toccare la sabbia iniziai a sprofondare quasi come se mi trovassi su delle montagne russe. Mi calai per levarmele e le appoggiai con non curanza su un muretto non troppo lontano da dove mi trovavo. Sentivo solo lo sbattere delle onde contro la sabbia, era un rumore così intenso. Di solito il suo suono veniva sovrastato dalle voci dei bagnanti, ma quando mi trovai lì, in silenzio, era tutta un'altra cosa. La sabbia bagnò i miei piedini ormai nudi, intanto io velocemente percorsi la spiaggia. Quando arrivai sulla riva mi accorsi di un piccolo ferro in verticale, una canna da pesca. Ne ero sicura, solo dopo mi resi conto che il mio caro nonnino stava lì, con i piedi nell'acqua a pescare gioiosamente. Non si accorse della mia presenza, rimase a fissare l'orizzonte godendosi ogni singolo istante di quel momento. Io mi avvicinai a passo lento e delicato e lo affiancai.

<<Sei venuta qui>> disse continuando a fissare quel mondo parallelo.

<<Certo, ho pensato che non avevo mai pescato. Ti va di insegnarmelo?>> Ne avevo veramente voglia, condividere quel momento con me, per lui non era una cosa facile. Decise di accettare mostrandomi quel che tanto lo incantava. Eravamo tanto vicini, entrambi con i piedi nell'acqua, liberi di essere liberi. Lo guardavo di sottecchi, amavo il suo modo di fare, la passione che metteva in ogni sua gesta, quella sì che era la vera pace per me.

BEYOND- #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora