16. Fuggitiva-parte 11

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Passeggiavo per i corridoi del Palazzo in cerca della camera di James che rimuginavo a quei numeri che avevo trovato nell'appartamento del conte.

Non sapevo cosa pensare. Sicuramente un codice. Ma di cosa? Credo della biglia. Ma da dove avrei dovuto cominciare?

Le coordinate erano quattro, quale stanza aveva bisogno di quattro coordinate? Nessuna che io conoscessi. Perfetto! Sarebbe stata la cosa più semplice del mondo!

3... 14... 7... 22...

Cosa potevano significare?

Magari una libreria! Tre la fila, quattordici il ripiano e sette il libro, ma il ventidue?

Mi misi le mani tra i capelli disperata. Stavo per mettermi a piangere!

-Beka!- esclamò qualcuno dietro di me. James. Mi irrigidii. Mi voltai con sguardo indifferente.

-Eri tu dietro la porta?- chiese andando dritto verso al punto. Silenzio. James sospirò rammaricato.

-Sono disgustata per quello che farete- dissi decisa. -Bella non se lo sarebbe meritato. Non si sarebbe meritata questa vita e questa fine- continuai cercando di non alzare la voce.

Abbassai lo sguardo.

-Fammi vedere la tua stanza, devo pulire.- dissi sospirando tristemente sempre con lo sguardo rivolto verso il terreno.

Lui annuì e iniziò a camminare davanti a me a passo svelto portandomi davanti ad una porta nera. Lo ringraziai con un leggero inchino e aprii la porta.

Non era molto diversa dalle altre, cambiavano solo i colori. Blu e nero. Non mi disturbai nemmeno a vedere sela biglia era lì, perché ero aicura che mio padre o il conte non avrebbero mai dato quella biglia a un ragazzo che non aveva giurato fedeltà e neppure voleva essere re.

Mi limitai a pulire come avrebbe fatto una normale serva per non destare sospetti ai plotoni di guardie che provenivano da... dalla biblioteca.

La biblioteca! Ma certo! Come ho fatto a non pensarci! Mi dissi.

Chiusi la porta della stanza e pronunciai la formula che mi permettesse di pulirla. Alla fine mi accasciai al suolo, con poche risorse.

Non mi era mai capitato di stancarmi così velocemente, e sapevo anche perché lo facevo in quel momento.

Una sola parola: sangue. Non lo bevevo da giorni e questo mi stava facendo rallentare. Dovevo berne almeno una goccia... solo una!

Presi tutto e mi diressi allo sgabuzzino più vicino. Dopo aver depositato gli oggeti mi fiondai in cucina.

Marin era intenta a lavare i piatti, Glorienne puliva il pavimento e alcune stavano cucinando.

Mancava solo Rebecca. Andai da Drahira e le chiesi:- Dov'è Rebecca?- lei mi guardò sospettosa per un attimo, poi rispose:-Nella dispensa, perc...-

Non fece in tempo a finire la frase perché mi ero già fiondata su per le scalette tortuose e cigolanti della cucina.

Rebecca camminava a passo svelto per i corridoi, ma in un attimo la raggiunsi.

-Richiedono la tua presenza in cucina! Dai il compito a me!- dissi con troppa eccitazione. Per questo motivo mi ritrovai lo sguardo stranito di Rebecca addosso.

-Arriverà un camion con dentro molte cose, carne, sangue, verdure... E tu dovrai sistemarle. Ci sono delle etichette, per favore non scombinare niente perchè sennò è un delirio!- esclamò, poi se ne andò senza farmi aggiungere niente.

Quando finalmente girò l'angolo potei esultare. C'erano bottiglie di sangue ad aspettarmi! Corsi felice verso la dispensa e non appena ci fui dentro la chiusi dietro di me, ma non molto bene...

Avevo sentito l'odore inebriante del sangue fresco da corridoi di distanza. Mi voltai famelica verso le bottiglie. Ero consapevole che mi erano spuntati gli artigli e le vene sotto gli occhi. Non riuscivo a trattenermi più di tanto. Mi catapultai lì e con uno schiocco degli artigli il tappo volò via. Bevvi l'intera bottiglia avidamente. Non ne restò nemmeno un goccio al suo interno. Ma avevo ancora sete. Presi un'altra bottiglia e la bevvi tutta. Quando finii anche quella respirai profondamente pulendomi la bocca.

-Molto meglio...- mormorai. Mi girai lentamente con l'intendo di andare a prendere le cose del camion, ma quello che vidi mi fece fermare e sbiancare di colpo. Yuki era davanti a me con la bocca spalancata e le mani che si muovevano cercando di spiegarsi. Alla fine cercò di ricomporsi e disse:-Chi sei?-

La sua voce tremava lo sentivo a distanza.

-Yuki, ti prego... mi hanno abituata al sangue, non potevo farne a meno...- dissi cercando una scappatoia. Lei sembrò vacillare.

-Perchè non ce l'hai detto?- chiese avvicinandosi. Io socchiusi la bocca, poi risposi:-Pensavo non potessi... pensavo mi avreste cacciata...- dissi con l'aria più innocente che avessi mai fatto. Yuki sembrava ancora sospettosa, sarebbe stato difficile dissuaderla da qualche idea folle.

Maledizione! Perché non sono stata attenta! Mi dissi. La ragazza annuì.

-Ogni giorno ti daremo mezzo litro di sangue, nulla di più- disse con voce decisa. Mezzo litro?! Era pochissimo! Cercai di non ribattere e annuii, poi mi fionda fuori e mi diressi...

-Dove cavolo devo andare...?- mi dissi scocciata. Camminai per un tempo indefinito. Non avevo la più pallida idea di dove avrei potuto trovare il camion, poi un ricordo mi balenò in mente, vivido come se lo stessi vivendo in quel momento.

Avevo otto anni, ancora poco e avrei visto mia sorella morire, era un giorno di gelido inverno, gli alberi erano sottili e secchi, le foglie poggiate delicatamente sul terreno con una leggera coltre di brina a ricoprirli e la neve sparsa intorno a loro come un immenso velo bianco.

Ero appoggiata alla balconata della mia finestra e guardavo i fiocchi di neve cadere. I miei boccoli bruni mi ricadevano sulle spalle, alcune volte facevano i birichini e mi ricoprivano l'occhio, così io dovevo soffiare per farli tornare al loro posto.

Le mie mani bianche come il latte s'intonavano perfettamente con la stagione, bianca e buia. Una contraddizione che nessuno si potrebbe spiegare. Ad un tratto vidi, nella piccola stradina che serpeggiava dal Palazzo fino ad una cittadella lì vicino, un carro che veniva sballottato qua e là. Era raro ricevere visite dai Popolani del villaggio, quindi, non appena arrivava un carro io e mia sorella ci precipitavamo giù per accogliere il cocchiere e i cavalli stanchi e affamati.

Anche quella volta corsi in camera di Halley e bussai con quanta forza avevo in corpo. Mia sorella venne ad aprirmi con delle profonde occhiaie a formargli delle mezzalune viola sotto gli occhi. Nonostante ciò sembrava felice. Ci intendemmo in un attimo.

-Un carro!- esclamammo all'unisono.

Mi prese la mano e ci fondammo giù a capofitto, svoltammo un paio di volte i corridoi, prima a destra, poi a sinistra...

Senza accorgermene, nella realtà, stavo percorrendo la stessa strada.

Io e mia sorella ci infilammo in un vicolo largo ma poco illuminato, poi aprimmo un grande portone di legno con dei cardini di ferro e vedemmo arrivare da lontano il carro. Subito arrivarono dei servitori e presero le provviste che il carro aveva portato, mentre io e Halley ne avevamo approfittato per farci una passeggiata sotto la neve. Halley... quanto mi mancava...

Mi svegliai da quello stato di trans e notai che ero davanti ad un portone di legno ben fatto, quello sì che sembrava moderno! Aprii e un forte odore di sangue mi travolse. Il carro era aperto davanti a me e dentro c'era di tutto. Vedendo che ero da sola il camionista mi aiutò a trasportare tutto nella dispensa, il lavoro fu estenuante, ma quando finii non pensavo che ci sarebbe stata una chiacchierata ancora più faticosa da sostenere...

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SPAZIO AUTRICE
Scusate! Volevo solo avvertirvi del fatto che molto probabilmente pubblicherò due capitoli a settimana. A parte a Natale che ne pubblicherò tre.

Angelo Degli InferiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora